Prima il lancio, il 3 dicembre del 2014. Poi il lungo viaggio e l’arrivo a destinazione, il 27 giugno del 2018. Infine, dopo mesi di osservazioni in orbita per selezionare il sito target, le discese verso l’obiettivo per raccoglierne dei campioni. Due tuffi: il primo il 21 febbraio del 2019, il secondo l’11 luglio del 2019, prima dell’addio e il ritorno verso la Terra con il suo prezioso carico.
Stiamo parlando del “falco pellegrino” Hayabusa2 e della sua preda, l’asteroide carbonaceo primitivo Ruygu. In attesa dell’analisi dei campioni raccolti dal veicolo spaziale – il cui arrivo è previsto a dicembre di quest’anno – un nuovo studio pubblicato oggi su Science riporta i risultati delle osservazioni spettroscopiche e morfologiche che “il falco” ha effettuato durante il suo primo touchdown.
Durante la prima discesa in picchiata, Hayabusa2 non ha raccolto soltanto il suo primo campione dalla superficie dell’asteroide, ma ha fatto anche altro. Oltre a realizzare video e scattare immagini dettagliate ad alta definizione (circa 1 mm per pixel), ha condotto analisi spettroscopiche del materiale roccioso vicino al sito del touchdown. Analisi con risoluzioni spaziali che raggiungono 0,01 m per pixel, che hanno evidenziato la presenza di piccoli grani scuri organizzati a formare una sorta di rivestimento rossastro sopra le sottostanti rocce bluastre. Un team di astronomi guidati da Tomokatsu Morota ha usato queste immagini spettroscopiche per investigare la geologia e l’evoluzione dell’asteroide.
In particolare, mettendo in relazione queste osservazioni con la stratigrafia dei piccoli crateri presenti su Ryugu, i ricercatori sono riusciti a dare una spiegazione alla differente colorazione che mostra la trottola spaziale. Precedenti osservazioni di Hayabusa2 hanno infatti rilevato la presenza su Ryugu di rocce con colorazioni diverse a differenti latitudini. Rocce leggermente rossastre, distribuite all’equatore e nelle regioni polari, e rocce leggermente bluastre – la colorazione originale dell’asteroide – alle medie latitudini.
La loro conclusione è che la colorazione rossastra osservata sia stata causata da un breve periodo di intenso riscaldamento termico dovuto ad un temporaneo avvicinamento di Ryugu al Sole. Per spiegare come dalla colorazione originale bluastra Ryugu sia diventato a strisce rosse e blu, gli autori propongono inoltre un modello secondo il quale il processo di “arrossamento”, che ha interessato l’intera superficie dell’asteroide eccetto i poli, sarebbe avvenuto 9 milioni di anni dopo la sua formazione. Successivamente, queste rocce rossastre sarebbero state ridistribuite da impatti e per rotolamento dall’equatore alle regioni a media latitudine, formando in queste aree strati a colorazione mista in cui sotto le rocce bluastre originarie è presente la copertura di rocce rossastre osservate da Hayabusa2.
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Sample collection from asteroid (162173) Ryugu by Hayabusa2: Implications for surface evolution” di T. Morota et al.