L’intensità dell’attività magnetica del Sole e di tutti i fenomeni a essa connessi (come le macchie solari e i brillamenti) si manifesta con un ciclo dal periodo medio di 11 anni. Per comprendere se tale ciclicità sia comune anche nelle altre stelle, dal 1966 l’Osservatorio di Monte Wilson, in California, porta avanti un progetto di monitoraggio dell’attività stellare attraverso osservazioni spettroscopiche di righe legate all’attività cromosferica (in particolare, la riga H+K del calcio ionizzato, CaII). Da questo progetto, è emerso che circa il 60 per cento delle stelle osservate mostra un ciclo di attività cromosferica con periodi che vanno da 2 a 20 anni.
Nel Sole, durante il ciclo varia sia l’intensità dei fenomeni cromosferici che di quelli coronali. È così anche per le altre stelle? Rispondere a questa domanda è complicato, data la rarità di osservazioni di stelle ai raggi X (la radiazione emessa dal plasma in corona), lunghe un periodo di tempo adeguato per rivelare un eventuale ciclo. Fino a oggi, gli astronomi hanno scoperto cicli di emissione di raggi X, grazie ad osservazioni del satellite Esa Xmm-Newton, in cinque stelle: 61 Cyg A, α Cen A e α Cen B, Hd 81809 (con una serie di studi realizzati, tra gli altri, dagli astrofisici dell’Inaf di Palermo Salvatore Orlando e Giusi Micela), e ι Horologii (studio condotto dall’astrofisica dell’Inaf di Palermo Beate Stelzer).
La scoperta, avvenuta nel 2013, di un ciclo di attività coronale in quest’ultima stella ha suscitato particolare interesse, essendo infatti l’unica tra queste stelle a essere relativamente giovane (600 milioni di anni) e con il ciclo dal periodo più breve rispetto le altre quattro (1.6 anni). Questa scoperta ha sollevato quindi la seguente domanda: a che età nelle stelle di tipo solare comincia a manifestarsi un ciclo di attività coronale, e quando diventa stabile? Data la stretta connessione tra l’attività coronale stellare, la produzione e le proprietà del campo magnetico, e la struttura interna delle stelle, questa domanda ha importanti conseguenze sulla nostra conoscenza dell’evoluzione stellare.
Per rispondere, l’astrofisica Martina Coffaro (oggi all’Institut für Astronomie und Astrophysik Tübingen), in collaborazione con Beate Stelzer e Salvatore Orlando (Inaf Palermo), ha analizzato una lunga serie temporale di osservazioni della riga CaII H+K, realizzate dall’Osservatorio di Mount Wilson, e ai raggi X, ottenute da Xmm-Newton, di ɛ Eridani, una stella K2V a circa 6.6 anni luce di distanza dal Sole e con un’età di 440 milioni di anni (più giovane, dunque, di ι Horologii), scoprendo un ciclo di attività coronale con un periodo di 2.92 anni, consistente con il ciclo di attività cromosferica. Dall’analisi spettrale dell’emissione X di ɛ Eridani, usando come riferimento il modello di emissione coronale solare che tiene conto delle proprietà delle regioni attive (le regioni della corona brillanti ai raggi X, dove si manifestano maggiormente i fenomeni magnetici) e dei brillamenti, è risultato che la copertura della corona di ɛ Eridani da parte delle regioni attive varia da circa il 60 per cento a circa il 90 per cento durante il ciclo.
«Lo studio di ɛ Eridani, la cui campagna osservativa nella banda X è iniziata nel 2015, ha portato a interessanti risultati: primo tra tutti, la presenza di un ciclo magnetico breve (circa tre anni) in una
stella così giovane», dice Coffaro a Media Inaf. «Cinque delle stelle che mostrano attività nella banda X sono stelle con età maggiore di qualche Gyr e, quindi, si era inclini a pensare che cicli coronali potevano essere presenti in stelle vecchie (2-6 miliardi di anni). Inoltre, applicando diversi modelli di emissione coronale del Sole, siamo stati in grado di capire in che percentuale le regioni superficiali di origine magnetica (come regioni attive e brillamenti) contribuiscono al ciclo X della stella. Monitorare e risolvere visivamente queste regioni non è ovviamente possibile tranne che nel Sole, vista la sua vicinanza. Quindi, riuscire a “osservare” in modo indiretto queste regioni, trovando un riscontro dei nostri modelli con le osservazioni X di Epsilon Eridani, è a mio avviso l’aspetto più affascinante e interessante di questo progetto».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “An X-ray activity cycle on the young solar-like star ɛ Eridani”, di M. Coffaro, B. Stelzer, S. Orlando, J. Hall, T.S. Metcalfe, U. Wolter, M. Mittag, J. Sanz-Forcada, P.C. Schneider e L. Ducci