ASTRONOMIA E STATISTICA

Processi gaussiani per studiare i blazar periodici

Per analizzare questa particolare sottoclasse dei cosiddetti nuclei galattici attivi, i ricercatori dell'Inaf e dell'Università dell'Insubria hanno sfruttato i processi statistici gaussiani perché ritenuti degli strumenti utili per valutare la periodicità delle curve luminose. Lo studio, guidato da Stefano Covino dell’Inaf di Brera, è stato accettato per la pubblicazione su The Astronomical Journal

     21/05/2020

Rappresentazione artistica di un blazar. Crediti: Desy Science Communication Lab

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dell’Università degli studi dell’Insubria ha messo a punto una tecnica statistica innovativa per evidenziare possibili comportamenti periodici o quasi periodici dei blazar attraverso strumenti matematici noti come “processi gaussiani”. Tecnicamente definiti blazing quasi-stellar object, i blazar sono fra le sorgenti del cielo più intensamente variabili, nonché una particolare sottoclasse dei cosiddetti nuclei galattici attivi (in inglese active galactic nuclei o Agn). Con lo studio, accettato per la pubblicazione su Astronomical Journal, i ricercatori hanno provato a sfruttare i processi statistici gaussiani perché ritenuti dei validi strumenti per valutare la periodicità delle curve luminose di questi oggetti.

Al centro di ogni galassia, inclusa la Via Lattea, si trova un buco nero con una massa che può andare da milioni a diversi miliardi di volte quella del Sole. Il buco nero è quasi sempre quiescente, ma in alcune fasi della vita di queste galassie può essere in accrescimento (quindi in piena attività): della materia cade nella buca di potenziale del buco nero generando fenomeni di grande interesse astrofisico capaci di convertire energia potenziale gravitazionale in radiazione. Le galassie in cui il buco nero centrale è in intenso accrescimento, viste al telescopio, mostrano una zona centrale enormemente più brillante rispetto a quanto accade nelle galassie “normali”. Da qui appunto l’espressione di nuclei galattici attivi. 

«Per la gran parte degli oggetti celesti quello che noi osserviamo, e misuriamo, è solo la luce da loro emessa o riflessa: dai più energetici raggi gamma alle onde radio. Ed è sempre suggestivo scoprire la grande mole di informazioni che gli astrofisici da questi, spesso flebili, flussi di fotoni sono in grado di ottenere», spiega Stefano Covino, primo autore del paper e ricercatore presso l’Inaf di Brera. Tuttavia il cielo è in continua evoluzione e molte delle sorgenti astrofisiche mostrano fenomeni di variabilità. Ciò sta a significare che la loro luminosità varia con il tempo in modo più o meno regolare, spesso in maniera caotica. E qui entrano in gioco i processi gaussiani descritti nel paper

«Attraverso l’analisi dell’emissione ottica e di alte energie per due blazar, che coprono un intervallo temporale di più di dieci anni», continua Covino, «si è potuto appurare che in almeno un caso le evidenze di comportamento periodico sono piuttosto solide. E questo in accordo con risultati di altri gruppi di ricerca che sono giunti a simili conclusioni con tecniche alquanto diversificate». 

L’emissione di due potenti getti contrapposti, dove si ha accelerazione di materia a velocità vicinissime a quella della luce, è uno dei tanti fenomeni che vengono osservati nel cielo notturno. I nuclei galattici attivi che popolano il cielo sono innumerevoli, ma alcuni avranno uno dei loro getti che punta in direzione della Terra: ecco a voi un blazar. L’emissione di radiazione da questi getti altamente energetici e con accelerazioni relativistiche fa sì che siano così brillanti da praticamente “cancellare” all’osservazione le galassie da cui si generano. E in aggiunta mostrano variabilità estreme, sia rapida (pochi secondi) che di lungo termine (anni). Lo studio di questi fenomeni di variabilità è uno degli argomenti più dibattuti per l’enorme potenziale di diagnostica delle condizioni fisiche in cui si formano questi getti.

«In particolare in questi ultimi anni la ricerca di possibili periodicità nell’emissione di queste sorgenti», dice Covino, «ha ottenuto l’attenzione di molti ricercatori. Si tratta però di una ricerca molto complessa in quanto parliamo di fenomeni con variabilità su diverse scale temporali, spesso caotica. E infatti in letteratura abbiamo risultati contrastanti».

«La possibilità di comportamenti periodici apre grandi prospettive di modellizzazione, potendo essere associata a forme di regolarità nell’accrescimento di materia o anche alla suggestiva possibilità che si tratti in realtà di un fenomeno di binarietà, ossia che al centro di queste galassie possano albergare non uno ma due buchi neri che in orbita reciproca generano la fluttuazione periodica delle emissioni che si osservano. Si tratta comunque di fenomenologie di grande complessità, e poiché necessitano di serie temporali di lunga durata è assolutamente plausibile che nei prossimi anni, al migliorare delle capacità osservative e di raccolta dati, avremo uno scenario più chiaro della natura intima di questi oggetti», conclude Covino.

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