Un team di ricercatori guidati dall’Università della California – Berkeley ha messo a punto un modello per catalogare i diversi tipi di nubi che si accumulano nelle atmosfere dei gioviani caldi, esopianeti giganti e gassosi simili (nelle dimensioni) a Giove ma che orbitano molto vicino alla loro stella madre e che hanno, quindi, temperature superficiali davvero torride, fino a migliaia di gradi Kelvin.
L’atlante – pubblicato su Nature Astronomy – sarà utile per studiare più facilmente le atmosfere di questi mondi, poiché le nuvole e gli aerosol in esse contenuti interferiscono con le misurazioni della composizione atmosferica, che tanto può dire agli astronomi su come si formano gli esopianeti e se i mattoni della vita come la conosciamo siano o meno presenti attorno ad altre stelle. Queste infinitesimali sospensioni di goccioline nei gas hanno un forte impatto sulle osservazioni della luce riflessa ed emessa dai giganti gassosi, e impediscono un’osservazione esaustiva della loro struttura e della loro composizione termica. Anche le atmosfere di oggetti giganti più freddi nel Sistema solare, come Giove e la luna Titano di Saturno, potrebbero però essere osservati “sotto una nuova luce”, con questo modello.
Peter Gao, primo autore dello studio, ha sfruttato un modello computerizzato già utilizzato per studiare le nuvole terrestri (fatte di acqua) ampliandolo per meglio adattarsi alle atmosfere di oggetti simili a Giove. Il giovane ricercatore è andato anche oltre, ampliando il range delle temperature fino a 2500 gradi Celsius. La tecnica elaborata dai ricercatori potrebbe essere valida anche per le nane brune – “pianeti” giganti gassosi talmente massicci da essere quasi stelle.
Una grande quantità di gioviani caldi con temperature molto elevate presenta nubi composte da goccioline liquide o solide di silicio e ossigeno (pensate al quarzo liquefatto, o alla sabbia fusa). Su gioviani caldi più “freddi” (parliamo comunque di temperature al di sotto di circa 950 kelvin, 0 676 gradi Celsius), i cieli sono dominati da una foschia di idrocarburi, come lo smog. Tra gli altri elementi trovati vengono annoverano ossidi, solfuri metallici, ferro, cromo, zolfo. Insomma nuvole che sulla Terra non vorremmo vedere mai in una giornata di pioggia!
Il team di ricercatori ha elaborato delle previsioni tramite il modello computerizzato per poi confrontarle con i dati atmosfrici disponibili su 30 dei circa 70 esopianeti transienti osservati fino a oggi con la tecnica della spettroscopia di trasmissione. Cosa hanno scoperto? Nelle atmosfere più calde, gli ossidi di alluminio e gli ossidi di titanio si condensano in nuvole ad altitudini elevate. Negli esopianeti con atmosfere più fredde, le stesse nuvole si formano più in basso e sono oscurate da nuvole composte principalmente da silicati. A temperature ancora più fredde, la luce ultravioletta proveniente dalla stella dell’esopianeta converte molecole organiche, come il metano, in catene di idrocarburi estremamente lunghe che formano una foschia simile allo smog ad altitudini elevate.
Il lavoro di Gao è utile alla comunità scientifica per chiarire quali sono gli obiettivi celesti più semplici da studiare: agli astronomi che cercano un pianeta privo di nuvole per osservare più facilmente i gas presenti nell’atmosfera, Gao suggerisce di concentrarsi su pianeti tra i 900 e 1400 kelvin, oppure di andare oltre i 2200 kelvin.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Aerosol Composition of Hot Giant Exoplanets Dominated by Silicates and Hydrocarbon Hazes“, di Peter Gao, Daniel P. Thorngren, Graham K. H. Lee, Jonathan J. Fortney, Caroline V. Morley, Hannah R. Wakeford, Diana K. Powell, Kevin B. Stevenson e Xi Zhang