Il 2019 è stato l’anno internazionale della tavola periodica. Si è festeggiato il 150mo anno da quando il chimico russo Dmitrij Mendeleev presentò alla Società chimica russa la sua personale classificazione degli elementi chimici allora conosciuti. Il 2020 potrebbe essere l’anno zero di una nuova tavola periodica degli elementi. Un team di fisici della Kyoto University, in un articolo pubblicato di recente su Foundations of Chemistry, ha infatti presentato una tavola periodica che fornisce una classificazione diversa dei mattoni dell’universo: l’hanno chiamata Nucletouch, e piuttosto che organizzare gli elementi in base agli elettroni attorno ai nuclei, questa nuova tavola lo fa guardando ai protoni nel nucleo.
Nella tavola periodica classica, quella che vedete qui sopra, l’ordine con il quale gli elementi chimici sono disposti rispecchia non solo l’ordine crescente del loro numero atomico ma anche la sequenza di riempimento degli orbitali: spostandosi da sinistra verso destra si aggiunge man mano un elettrone, e quando il livello energetico è completo si va a capo e si passa alla riga successiva. In tal modo, gli elementi che si trovano nelle stessa colonna, o gruppo, hanno uguale configurazione elettronica esterna e presentano un comportamento chimico simile. Comportamento che risulta diverso, invece, tra gli elementi della stessa riga, o periodo. L’ultima colonna della tavola periodica è costituita dai gas nobili, elementi con gli orbitali elettronici esterni completi.
Ebbene, lo stesso principio di sistematizzazione utilizzato per gli elettroni può essere applicato anche ai protoni, che all’interno del nucleo occupano orbitali proprio come fanno gli elettroni attorno al nucleo – una scoperta, questa della struttura del nucleo a gusci, per la quale Maria Goeppert Mayer e J. Hans D. Jensen sono stati insigniti del premio Nobel per la fisica nel 1963. Kouichi Hagino e Yoshiteru Maeno della Kyoto University hanno fatto esattamente questo: hanno creato una tavola periodica nucleare basata sulla struttura a guscio dei nuclei atomici, nella quale gli elementi sono classificati seguendo l’ordine di riempimento dei protoni.
«Fondamentalmente», dice Maeno riferendosi alla tavola periodica classica, «tutto si riduce agli elettroni in ogni atomo. Gli atomi sono considerati stabili quando gli elettroni riempiono completamente l’orbitale esterno attorno al nucleo, i cosiddetti ‘gas nobili’: elementi inerti come elio, neon e argon, che raramente reagiscono con altri elementi. Il loro numero di elettroni è 2, 10, 18, 36 e così via». Una sequenza che Maeno chiama “numeri magici atomici”. Sottolineando come lo stesso principio possa essere applicato ai protoni nel nucleo, anche se nel loro caso la sequenza dei numeri magici cambia: 2, 8, 20, 28 e così via. E cambiano con essa anche gli elementi che vanno a occupare l’ultima colonna, quella con i nuclei più stabili. «Similmente a quanto avviene con gli elettroni», spiega a questo proposito l’altro creatore di Nucletouch, Hagino, «quando le orbite nucleari sono riempite dai protoni formano nuclei stabili, in modo analogo a quanto avviene per i gas nobili». Nuclei di elementi familiari come l’elio, l’ossigeno e il calcio.
«Nella nostra tavola periodica nucleare», aggiunge lo scienziato, «vediamo anche che i nuclei tendono ad avere una forma sferica quando si avvicino a raggiungere i numeri magici, deformata quando sono lontani da questa configurazione».
«L’idea di una tavola periodica dei protoni non è male», dice a Media Inaf Sergio Cristallo, ricercatore all’Osservatorio astronomico d’Abruzzo dell’Inaf ed esperto di nucleosintesi, «perché invece che concentrarsi sugli elettroni si concentra sui protoni. Dal punto di vista della fisica, un astrofisico la dovrebbe apprezzare decisamente di più, perché insiste sulle proprietà dei nuclei. Questo perché negli interni stellari i nuclei sono privati del tutto degli elettroni, dunque la classificazione che si dà agli elementi sulla Terra verrebbe a cadere».
Per saperne di più:
- Leggi su Foundations of Chemistry l’articolo “A nuclear periodic table” di K. Hagino e Y. Maeno