UN TRANSIENTE PIÙ VELOCE E PIÙ MASSICCIO DI “THE COW”

C’è una nuova bestia là fuori

In una piccola galassia a 500 milioni di anni luce è stato individuato un nuovo “fast and blue optical transient” da record. Si tratta del più veloce, più pesante e più luminoso transiente astronomico di questa famiglia alle lunghezze d'onda radio e X, dietro il quale probabilmente si cela la presenza di una stella di neutroni o un buco nero. Media Inaf ha intervistato una delle autrici della scoperta, Raffaella Margutti, astrofisica alla Northwestern University (Usa)

     01/06/2020

L’astrofisica italiana Raffaella Margutti, della Northwestern University

The Cow si può fare da parte: c’è un nuovo transiente astronomico nell’universo. Ed è più veloce, più pesante e più luminoso alle lunghezze d’onda radio e X di quanto lo siano stati i suoi predecessori. È stato individuato nel 2016, in una piccola galassia a 500 milioni di anni luce dalla Terra, e ora un team guidato da Deanne Coppejans della Northwestern University (Usa) ha capito che si tratta di un evento davvero speciale.

Fa parte della famiglia dei fast and blue optical transient (Fbot), luminosissimi eventi cosmici che hanno sorpreso gli astronomi con esplosioni di energia veloci, energiche e potenti. Come suggerisce il nome, questi fenomeni transitori sbiadiscono quasi con la stessa velocità con cui appaiono. Fino a oggi il più famoso era At2018cow (The Cow, la Mucca) – un evento raro presumibilmente associato alla nascita di un buco nero o di una stella di neutroni. Ma l’Fbot appena identificato, chiamato Crts-Css161010 J045834-081803, o Css161010, ha ampiamente oscurato (o forse sarebbe meglio dire, accecato) la Mucca, per velocità e pesantezza del materiale espulso. Css161010, ha infatti prodotto alcuni dei deflussi più veloci in natura, lanciando gas e particelle a oltre il 55 per cento della velocità della luce. Tali deflussi, oltre a essere i più veloci, sono anche i più pesanti documentati per la sua classe: l’oggetto espelle un quantitativo di materia dall’1 al 10 per cento della massa del Sole.

Media Inaf ha raggiunto e intervistato Raffaella Margutti, brillante astrofisica italiana della statunitense Northwestern University, dove insegna e porta avanti con tenacia la sua attività di ricerca sulle più grandi esplosioni che si verificano nell’universo, dalle supernove ai lampi gamma, indagando la fisica di questi eventi combinando osservazioni in tutto lo spettro elettromagnetico: raggi X, ultravioletto, ottico, infrarosso e radio. L’obiettivo principale della sua ricerca è comprendere la natura dei processi fisici che regolano questi drammatici e spettacolari eventi.

Rappresentazione artistica di un fast and blue optical transient. Crediti: Bill Saxton, Nrao/Aui/Nsf

Si dice che ci sia una nuova bestia là fuori: di cosa si tratta?

«Si tratta di un nuovo tipo di transiente astronomico – e per adesso non voglio spingermi a dire cos’è – che può lanciare dei getti relativistici. Dal 1997 sappiamo che esistono due modi per lanciare getti relativistici con buchi neri stellari – i gamma ray burst. A volte sono collisioni di stelle di neutroni, a volte sono collassi di stelle molto massicce. In entrambi i casi, sappiamo che questi oggetti lanciano getti relativistici che viaggiano praticamente alla velocità della luce. Pensavamo di conoscere tutti i modi in cui l’universo è in grado di produrre questi getti relativistici a partire da oggetti compatti stellari. In questo caso, la grande sorpresa è stata che abbiamo trovato quello che pensiamo essere un nuovo tipo di esplosione stellare che è anche lei in grado di produrre getti relativistici. La cosa interessante è che questo nuovo oggetto fa parte di una classe di transienti che, in modo molto creativo, abbiamo chiamato fast and blue optical transient, un modo molto accurato per descrivere come appaiono questi oggetti: sono oggetti che vanno a picco molto velocemente – su tempi scala di due giorni, invece dei soliti 15 giorni di una supernova – sono blu, quindi sono molto caldi, e sono dei transienti ottici – fino al 2016 li avevamo visti solo nell’ottico. Nel 2016 non c’era nessuna previsione sull’emissione nella parte radio e X dello spettro elettromagnetico, mentre adesso, quando finalmente siamo riusciti a convincere le agenzie a ripuntare questo tipo di oggetti, abbiamo avuto la sorpresa che sono estremamente brillanti sia in radio che in X, e questa brillantezza è il risultato di un getto relativistico».

Lo stavate cercando o l’avete visto per caso?

«Di fatto, nel mondo nei transienti, lo spazio di scoperta è o a tempi scala molto corti (quindi roba che va su e giù molto velocemente) o a tempi scala molto lunghi. La parte centrale più o meno l’abbiamo spazzata bene, quindi la parte dello spazio dei parametri che volevo sondare meglio era quella associata a tempi scala molto corti. Sapevo dal 2014, quando ero ancora ad Harvard come post doc, che questi fast and blue optical transient erano stati visti solo in ottico. Una cosa che facciamo con il mio team, con la quale tentiamo di distinguerci dagli altri, è di non limitarci al mondo ottico – che è il mondo tradizionale delle supernove – bensì mettere insieme ottico, radio, X, gamma e ultravioletto. Nel 2016, in particolare nell’ottobre di quell’anno, questo oggetto era il più vicino, mai visto, di questa classe, a 150 megaparsec (di solito li vedevamo a 500 – 600 megaparsec, quando eravamo fortunati). Era un oggetto estremamente vicino e rappresentava un’opportunità. Allora ho cominciato a insistere affinché vari satelliti e radiotelescopi lo puntassero. Molto chiaramente ho detto loro che non avevo una previsione del motivo per cui avrebbero potuto vedere qualcosa ma che era talmente strano quello che stavamo vedendo nell’ottico che era plausibilissimo che ci fosse un qualcosa in più rispetto a un’esplosione stellare normale. Dopo circa 70 giorni di tentativi di convincimento mi hanno detto: “guarda, va bene: basta che la pianti”. Abbiamo ripuntato e mi ricordo ancora la mia post doc – Deanne Coppejans, prima autrice del lavoro – quando dopo aver ridotto i dati radio, correva nel corridoio con il print-out dell’immagine e continuava a dire “detection detection detection”. È stato allora che abbiamo capito che avevamo le prove dell’esistenza di un oggetto estremamente brillante, talmente fuori dagli schemi che di fatto ci sono voluti quattro anni per capire esattamente cosa stavamo guardando. Onestamente, ci ha aiutato tantissimo lo studio che abbiamo fatto due anni fa su At2018cow, un altro transiente dove avevamo un set di dati più completo».

Supernova, Grb e Fbot a confronto. Crediti: Bill Saxton, Nrao/Aui/Nsf

Sono oggetti simili, da un punto di vista fisico?

«Si, chiaramente il messaggio è che questo tipo di oggetti sicuramente richiede la presenza di un oggetto compatto – una stella di neutroni o un buco nero – e in qualche modo stiamo estraendo energia da loro. Nel caso della cow abbiamo visto un bellissimo bump nella parte hard X, che è molto simile a ciò che accade nel disco di accrescimento attorno ai nuclei galattici attivi. Qui vediamo un oggetto che è chiaramente associato ai meccanismi dei buchi neri e delle stelle di neutroni. Abbiamo un oggetto compatto che in qualche modo riesce a manifestarsi in modo che riusciamo a vederlo direttamente».

Quanti ce ne sono di oggetti così?

«L’altro dramma che avevamo era non riuscire a calcolare la frequenza di questi oggetti, perché vanno su e giù talmente velocemente in ottico che di fatto le survey a nostra disposizione non erano vincolanti. Le survey di qualche anno fa avevano una cadenza di tre o quattro giorni: questi oggetti in tre giorni sono già a picco, quindi le perdiamo. Con uno studio di Deanne, oltre a un altro studio comparso nello stesso periodo, siamo riusciti per la prima volta a mettere dei vincoli e a dire che questi oggetti sono intrinsecamente molto rari: meno dello 0.4% delle supernove a collasso nucleare, le supernove “normali”. Il messaggio è chiaro: si tratta di un modo di morire strano della stella, che richiede un’evoluzione stellare particolare».

Immagine del Keck Telescope che mostra dove è stata vista l’esplosione (cerchio rosso) avvenuta in una galassia nana. Crediti: Keck Telescope, Giacomo Terreran/Northwestern University

Dove si trovano?

«L’altro elemento chiave è che le galassie in cui questi oggetti si manifestano sono piccoline: sono tutte nane. La galassia di Css161010 è addirittura una nana con 10milioni di masse solari. Queste galassie piccolissime hanno una probabilità per unità di massa di produrre queste bestie altissima. Adesso dobbiamo scoprire il meccanismo che li produce».

Cosa avete in programma?

«Ieri notte abbiamo trovato un altro candidato, quindi il programma della giornata è ripuntare questa nuova bestiolina. Di fatto abbiamo messo in piedi una macchinetta, basata sul machine learning, che ci aiuta tremendamente a filtrare il marasma di roba che non è un fast and blue optical transient e ci aiuta a trovare l’elemento di interesse dentro uno flusso di migliaia migliaia migliaia di dati che vanno su e giù durante la notte. Di fatto, il progresso nel capire cosa sono questi oggetti avverrà accrescendo la statistica. Abbiamo tre eventi osservati al di fuori dell’ottico: dobbiamo andare da tre a un numero che ha più cifre. Il mondo di questi eventi, molto veloci, è tutto da esplorare».


Per saperne di più:

  • Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “A Mildly Relativistic Outflow from the Energetic, Fast-rising Blue Optical Transient CSS161010 in a Dwarf Galaxy” di D. L. Coppejans, R. Margutti, G. Terreran, A. J. Nayana, E. R. Coughlin, T. Laskar, K. D. Alexander, M. Bietenholz, D. Caprioli, P. Chandra, M. R. Drout, D. Frederiks, C. Frohmaier, K. H Hurley, C. S. Kochanek, M. MacLeod, A. Meisner, P. E. Nugent, A. Ridnaia, D. J. Sand, D. Svinkin, C. Ward, S. Yang, A. Baldeschi, I. V. Chilingarian, Y. Dong, C. Esquivia, W. Fong, C. Guidorzi, P. Lundqvist, D. Milisavljevic, K. Paterson, D. E. Reichart, B. Shappee, M. C. Stroh, S. Valenti, B. A. Zauderer, and B. Zhang