Negli ultimi 14 anni sono stati scoperti oltre 4000 pianeti extrasolari. La maggior parte di essi sono mondi simili a Nettuno, quattro volte la dimensione della Terra, che orbitano relativamente vicino alla propria stella ospite. Ce ne sono poi una manciata le cui dimensioni sono simili a quelle della Terra e che potrebbero essere rocciosi. Di questi, solo un piccolo numero è alla giusta distanza dalla propria stella ospite affinché le temperature superficiali siano tali da consentirne la presenza di acqua liquida – l’ingrediente essenziale per la vita così come la conosciamo. Tuttavia, perché un pianeta possa essere considerato potenzialmente abitabile va anche tenuta in conto il tipo di luce che la stella ospite emette. La maggior parte degli esopianeti simili alla Terra conosciuti finora sono in orbita attorno a nane rosse – stelle che emetteno luce per lo più infrarossa, piuttosto che luce visibile.
In un nuovo studio pubblicato su Astronomy & Astrophysics, un team di ricercatori guidati dal Max Planck Institute for Solar System Research (Mps) di Göttingen, in Germania, riporta ora la scoperta di un candidato pianeta grande meno del doppio delle dimensioni della Terra, roccioso, che orbita alla giusta distanza da una stella la cui luce è simile a quella emessa dal Sole.
La stella in questione, distante poco più di 3000 anni luce dal Sistema solare e costantemente osservata – dal 2009 al 2013 – dalla missione della Nasa Kepler, è Kepler-160. Il suo raggio, 1.1 volte quello del Sole, la sua temperatura superficiale, 5.200 gradi Celsius – solo 300 gradi in meno di quella del Sole – e la sua luminosità, simile a quella della nostra stella, ne fanno un ritratto del Sole.
Il corpo celeste è noto per ospitare due pianeti: Kepler-160b e Kepler-160c, due mondi sostanzialmente più grandi della Terra in orbita molto vicino alla stella madre. Le loro temperature superficiali sono infatti troppo alte affinché possano ospitare la vita come la conosciamo.
Piccole variazioni nel periodo orbitale di Kepler-160c hanno dato però agli scienziati indicazioni della presenza di un terzo pianeta che non era stato ancora confermato. I ricercatori sono così tornati ad analizzare i dati fotometrici in archivio di Kepler-160, alla ricerca di un addizionale pianeta intorno alla stella che potesse dar conto della perturbazione dell’orbita di Kepler-160c. L’utilizzo di un nuovo algoritmo di ricerca, basato su un modello fisico dettagliato delle variazioni delle luminosità stellari, è stato fondamentale per la scoperta di due nuovi candidati pianeti. «Le nostre analisi suggeriscono che attorno a Kepler-160 orbitino non due ma un totale di quattro pianeti», dice René Heller, scienziato del Max Planck Institute for Solar System Research e primo autore del nuovo studio.
Uno dei pianeti trovati da Heller e i suoi colleghi è Kepler-160d, il pianeta sospettato di essere il responsabile della distorsione dell’orbita di Kepler-160c. Un pianeta con una massa stimata tra 1 e 100 masse terrestri e un periodo orbitale compreso tra circa 7 e 50 giorni.
Ma quello più interessante è l’altro candidato pianeta, Koi-456.04: grande circa il doppio della Terra, compie una rivoluzione attorno alla stella Kepler-160 in 378.42 giorni. Un periodo orbitale paragonabile a quello della Terra che, vista anche la somiglianza della sua stella ospite con il nostro Sole, si traduce in un’insolazione molto simile a quella che riceve il nostro pianeta, sia in termini di quantità che in termini di lunghezze d’onda della luce ricevuta. La luce emessa da Kepler-160 è infatti luce visibile, molto simile alla luce solare. Koi-456.04 si troverebbe dunque a una distanza dalla sua stella che ammette la presenza di acqua liquida superficiale – nella cosiddetta zona di abitabilità stellare – e che non si discista molto da quella della Terra dal Sole.
«Koi-456.04 è relativamente grande rispetto a molti altri pianeti che sono considerati potenzialmente abitabili. Ma la combinazione della sua taglia, meno del doppio della Terra, e della sua stella ospite di tipo solare lo rendono così speciale e familiare», sottolinea Heller.
Le condizioni superficiali su Koi-456.04 potrebbero essere quindi simili a quelle presenti sulla Terra. La quantità di luce ricevuta dal pianeta dalla sua stella è circa il 93 per cento della luce solare ricevuta dal nostro pianeta: se Koi-456.04 avesse un’atmosfera per lo più inerte e con un lieve effetto serra, simile a quella della Terra, la sua temperatura superficiale media sarebbe attorno ai cinque gradi Celsius, vale a dire circa dieci gradi in meno della temperatura globale media della Terra.
Al momento, precisano i ricercatori, non si può escludere che Koi-456.04 sia in realtà un errore statistico o di misurazione. Il team ha stimato che la possibilità di una natura planetaria è di circa l’85 per cento, 14 punti percentuali sotto il valore per definirlo formalmente un pianeta. Alcuni dei più potenti telescopi terrestri potranno confermarlo come tale attraverso le osservazioni di uno dei suoi prossimi transiti, così come potrà convalidarlo la futura missione spaziale Plato dell’Esa, tra i cui obiettivi scientifici c’è proprio la scoperta di pianeti delle dimensioni della Terra attorno a stelle simili al Sole.
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Transit least-squares survey. III. A 1.9 R⊕ transit candidate in the habitable zone of Kepler-160 and a nontransiting planet characterized by transit-timing variations” di René Heller, Michael Hippke, Jantje Freudenthal, Kai Rodenbeck, Natalie M. Batalha e Steve Bryson