Proprio come la Luna si sta allontanando dalla Terra (di 3.8 centimetri all’anno), anche altre lune stanno facendo lo stesso nei confronti dei rispettivi pianeti. Ovviamente viene da chiedersi il perché.
Mentre una luna orbita attorno al pianeta, la sua gravità attira il pianeta stesso provocandogli un “rigonfiamento” temporaneo. Nel caso della Terra, questo rigonfiamento è fondamentalmente costituito dalle masse d’acqua che si protendono verso il nostro satellite, generando le maree. Poiché la Terra ruota attorno al proprio asse molto più velocemente di quanto la Luna le ruoti attorno, il picco mareale sul pianeta non è diretto precisamente verso il suo satellite, ma lo precede ed esercita un’attrazione gravitazionale sulla Luna che tende a trascinarla, aumentandone la velocità. In questo modo la Luna riceve la spinta gravitazionale che la allontana dalla Terra. La stessa cosa vale per Titano, la luna di Saturno protagonista della scoperta appena pubblicata su Nature Astronomy.
Gli scienziati pensavano di conoscere la velocità con cui la gigantesca luna di Saturno – Titano – si sta allontanando dal pianeta, ma di recente hanno fatto una scoperta sorprendente. Usando i dati della sonda Cassini della Nasa, hanno trovato che Titano si sta allontanando cento volte più velocemente di quanto avevano stimato: 11 centimetri all’anno.
Mentre è piuttosto sicuro che Saturno si sia formato circa 4.6 miliardi di anni fa, quando l’intero Sistema solare si stava formando, c’è più incertezza su quando si siano formati i suoi anelli e il suo sistema di oltre 80 lune. Titano attualmente si trova a 1.2 milioni di chilometri da Saturno. La velocità con cui si sta allontanando suggerisce che la luna all’inizio fosse molto più vicina a Saturno, il che significherebbe che l’intero sistema di lune si sia espanso più rapidamente di quanto si è sempre creduto.
«Cassini è stata una missione straordinaria, che ha rivoluzionato la nostra conoscenza di Saturno e dell’intero Sistema Solare», dice Paolo Tortora, professore dell’Università di Bologna e responsabile del Laboratorio di radio scienza ed esplorazione planetaria, attivo presso il Campus di Forlì dell’Alma Mater. «Questa scoperta è un importante nuovo tassello per risolvere un problema a lungo dibattuto: quello dell’età del sistema delle lune di Saturno», aggiunge Valery Lainey, che ha portato avanti la ricerca mentre si trovava al Jet Propulsion Laboratory della Nasa e che oggi si trova all’Osservatorio di Parigi della Psl University.
I risultati sulla velocità di deriva di Titano forniscono anche un’importante conferma di una nuova teoria che spiega e predice il modo in cui i pianeti influenzano le orbite delle loro lune.
Negli ultimi 50 anni, gli scienziati hanno applicato le stesse formule – basate sulla teoria delle maree – per stimare la velocità con cui una luna si allontana dal suo pianeta, che può anche essere usata per determinare l’età della luna. Quelle formule e le teorie classiche su cui sono basate sono state applicate a lune grandi e piccole di tutto il Sistema solare. Le teorie presumevano che in sistemi come quello di Saturno, con dozzine di lune, le lune esterne come Titano emigrassero verso l’esterno più lentamente delle lune più vicine, perché erano più lontane dal loro pianeta e risentivano meno dell’attrazione gravitazionale.
Ma quattro anni fa, l’astrofisico teorico Jim Fuller, ora al Caltech, ha pubblicato una ricerca che ha ribaltato queste teorie, proponendone una nuova chiamata del resonance locking. La teoria di Fuller prevede che le lune esterne possano migrare verso l’esterno con una velocità simile a quella delle lune interne, per via di particolari risonanze tra le oscillazioni della struttura interna del pianeta e il moto orbitale delle lune. Queste risonanze possono catturare le lune durante l’evoluzione del pianeta e farle quindi migrare più velocemente rispetto a quanto avviene con il meccanismo classico delle maree.
«Le nuove misurazioni implicano che questo tipo di interazioni pianeta-luna possono essere più importanti di quanto si pensava e che possono applicarsi a molti sistemi, come altri sistemi di lune attorno a esopianeti – ossia pianeti al di fuori del nostro Sistema solare – e persino a sistemi binari di stelle, dove le stelle orbitano l’una attorno all’altra», spiega Fuller, coautore del lavoro.
Per ottenere i loro risultati, gli autori hanno mappato le stelle sullo sfondo delle immagini di Cassini e hanno seguito la posizione di Titano. Per confermare la scoperta, hanno confrontato i loro risultati con quelli ottenuti con un set di dati indipendente: i dati scientifici a radiofrequenza raccolti da Cassini. Durante dieci sorvoli ravvicinati effettuati tra il 2006 e il 2016, la sonda ha inviato onde radio sulla Terra. Gli scienziati hanno studiato come la frequenza del segnale è stata modificata dalle interazioni con l’ambiente circostante, per stimare l’evoluzione dell’orbita di Titano.
«Usando due set di dati completamente diversi, abbiamo ottenuto risultati in pieno accordo, e anche in accordo con la teoria di Jim Fuller, che prevede una migrazione molto più rapida di Titano», ha affermato il coautore Tortora. Per l’Università di Bologna, oltre a Tortora, hanno preso parte allo studio anche Luis Gomez Casajus, Marco Zannoni e Dario Modenini del Dipartimento di ingegneria industriale.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Resonance locking in giant planets indicated by the rapid orbital expansion of Titan” di Valéry Lainey, Luis Gomez Casajus, Jim Fuller, Marco Zannoni, Paolo Tortora, Nicholas Cooper, Carl Murray, Dario Modenini, Ryan S. Park, Vincent Robert e Qingfeng Zhang