Quanti accordatori di pianoforte ci sono a New York? Quante baguette si vendono ogni giorno in Francia? O ancora, quali sono le dimensioni di un corpo celeste dal quale potreste “saltare via”? No, non avete sbagliato pagina. Si tratta semplicemente di alcuni fantasiosi esempi delle cosiddette domande di Fermi, e la leggenda – probabilmente vera – vuole che Enrico Fermi le utilizzasse per verificare quanto fossero svegli coloro che intendevano lavorare nel suo gruppo. Se ne possono inventare di ogni tipologia e argomento, e il loro scopo è quello di imparare a ragionare per ordini di grandezza, per dare stime sensate a grandezze che, se volessimo calcolare in modo preciso, richiederebbero lunghe ricerche.
Qualcosa di molto simile – ma molto più preciso e accurato – l’hanno fatto due ricercatori dell’Università di Nottingham, per rispondere alla domanda: quante civiltà Ceti (acronimo di communicating extra-terrestrial intelligent, ossia civiltà extraterrestri intelligenti e in grado di comunicare) potrebbero esistere attualmente nella Via Lattea? È questa una delle domande più grandi e più antiche nella storia del pensiero umano.
Lo studio in questione – pubblicato il 15 giugno su The Astrophysical Journal – ha adottato un nuovo approccio a questo problema. Partendo dal presupposto che forme di vita intelligenti su altri pianeti nascano in modo simile a quanto avviene sulla Terra, i ricercatori hanno ottenuto una stima del numero di civiltà intelligenti comunicanti all’interno della nostra galassia. Secondo i calcoli, potrebbero esserci più di 30 civiltà intelligenti comunicanti attive.
«Il metodo classico per stimare il numero delle civiltà intelligenti si basa sul fare supposizioni di valori relativi alla vita, per cui le opinioni su tali questioni variano in modo sostanziale» spiega il primo autore Tom Westby. «Il nostro nuovo studio semplifica questi presupposti utilizzando nuovi dati, fornendoci una stima solida del numero di civiltà nella nostra Galassia».
Il metodo classico di cui parla Westby si basa sulla cosiddetta equazione di Drake, una formula probabilistica attualmente impossibile da risolvere. Il numero di civiltà Ceti attualmente esistenti viene calcolato come prodotto di numerosi termini: il tasso di formazione stellare della nostra galassia, la frazione di stelle ospitanti sistemi planetari, il numero medio di pianeti orbitanti attorno a queste nella zona abitabile, la frazione di questi pianeti che riesce a sviluppare forme di vita, la frazione di quest’ultimi che sviluppa vita intelligente, il grado di avanzamento nella comunicazione di tale vita intelligente, e infine il tempo di sopravvivenza di una civiltà intelligente e comunicante.
Solo alcuni di questi termini possono essere semplificati e stimati in modo preciso utilizzando nuovi dati e nuove scoperte, come ad esempio il tasso di formazione stellare della Via Lattea – il cui picco è stato raggiunto circa 10 miliardi di anni fa – oppure, grazie alla missione Kepler, il numero di stelle in grado di ospitare pianeti. L’approccio dei due autori dello studio è proprio quello di trovare una nuova versione semplificata dell’equazione di Drake.
Christopher Conselice, professore di astrofisica dell’Università di Nottingham e secondo autore della ricerca, spiega: «Dovrebbero esserci almeno alcune decine di civiltà attive nella nostra Galassia, partendo dal presupposto che ci vogliono 5 miliardi di anni perché la vita intelligente si formi su altri pianeti, come sulla Terra». Nello studio inoltre si ammettono stelle con proprietà e masse diverse dal Sole. Conselice spiega anche che «L’idea è di guardare all’evoluzione, ma su scala cosmica. Chiamiamo questo calcolo il limite copernicano astrobiologico».
Considerando un primo insieme rigoroso di ipotesi definito “versione ultradebole del sistema astrobiologico copernicano”, la nascita di una vita primitiva può verificarsi in condizioni ambientali stabili, nelle zone abitabili di pianeti orbitanti attorno a stelle con adeguate età e metallicità. La stima risultante arriva a decine di miliardi di possibilità nella Via Lattea.
Dal momento però che lo scopo principale dello studio è la ricerca di civiltà avanzate, sono state considerate due diverse formulazioni del limite copernicano. Il cosiddetto “scenario astrobiologico copernicano debole” presuppone che la vita intelligente possa formarsi solo su un pianeta simile alla Terra, nella zona abitabile di una stella vecchia almeno 5 miliardi di anni, imitando la quantità di tempo impiegata per formare vita intelligente e comunicante sulla Terra. Nella pratica, la vita intelligente può formarsi in qualsiasi momento successivo all’età minima imposta, rendendo queste condizioni poco vincolanti: la maggior parte delle stelle nella nostra galassia infatti soddisfa il criterio. La seconda condizione, lo “scenario astrobiologico copernicano forte”, impone che le forme di vita intelligenti intorno alle stelle si trovino esattamente nella stessa fase evolutiva della Terra: tra 4.5 e 5.5 miliardi di anni dopo la formazione del sistema.
«Secondo questo criterio, per cui è necessario un contenuto di metalli pari a quello del Sole – che è relativamente ricco di metalli» continua Conselice, «calcoliamo che ci dovrebbero essere circa 36 civiltà attive nella nostra galassia».
La ricerca mostra che il numero di civiltà dipende fortemente da quanto a lungo esse inviano attivamente segnali della loro esistenza nello spazio, attraverso ad esempio trasmissioni radio dai satelliti. Se le altre civiltà tecnologiche hanno circa età pari alla nostra, che ha attualmente 100 anni, allora il numero di civiltà tecnologiche intelligenti in tutta la nostra galassia sarà quello sopramenzionato. Tuttavia, la distanza media da queste civiltà sarebbe di 17mila anni luce, rendendo impossibile il rilevamento e la comunicazione con la nostra attuale tecnologia.
Secondo le ipotesi più stringenti, si prevede che la vita intelligente produca un’osservazione positiva solo se il suo tempo medio di sopravvivenza all’interno della nostra Galassia fosse circa 3060 anni (corrispondente alla minima distanza di una stella adatta), tempo che deve essere duplicato per poter avere una comunicazione bidirezionale.
Nella migliore delle ipotesi invece, considerando vincoli meno stringenti, gli autori calcolano un minimo di 928 civiltà comunicanti nella nostra galassia oggi, la più vicina a una distanza di 1030 anni luce. Secondo questi presupposti, la sopravvivenza media della civiltà dovrebbe essere di poco più di duemila anni.
«La nostra nuova ricerca suggerisce che la ricerca di civiltà intelligenti extraterrestri non solo rivela la possibile esistenza di forme di vita, ma fornisce indizi su quanto durerà la nostra stessa civiltà». Conclude il professor Conselice. «Se scopriamo che la vita intelligente è comune, allora la nostra civiltà potrebbe esistere per molto più di qualche centinaio d’anni, se al contrario scopriamo che non ci sono civiltà attive nella nostra Galassia, è un cattivo segno per la nostra stessa esistenza a lungo termine. Cercando la vita intelligente extraterrestre – anche se non troviamo nulla – stiamo scoprendo il nostro futuro e il nostro destino».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “The Astrobiological Copernican Weak and Strong Limits for Intelligent Life” di Tom Westby and Christopher J. Conselice