In base a un nuovo studio presentato alla Goldschmidt Global Virtual Conference (una famosa conferenza internazionale di geochimica) sembra che gli esopianeti rocciosi che si sono formati all’inizio della vita della Galassia abbiano avuto maggiori probabilità di sviluppare un campo magnetico e una tettonica a zolle, rispetto ai pianeti che si sono formati in seguito. E dato che entrambe queste condizioni sono considerate favorevoli allo sviluppo della vita, ciò significa che se nella Galassia c’è vita, è più probabile che si sia sviluppata prima che dopo, e che i pianeti formati più di recente potrebbero avere meno chance di svilupparla.
A oggi, la Nasa ha confermato il rilevamento di 4164 esopianeti nella nostra galassia, i più vicini dei quali orbitano attorno alla stella Proxima Centuri, che si trova a circa 4 anni luce dalla Terra. Molto vicini. Inutile dire che gli esopianeti stanno attirando un grande interesse per via della possibilità che alcuni di loro riescano a ospitare la vita.
«La tettonica a zolle è importante per l’abitabilità, e sembra che le condizioni ottimali per svilupparla si siano verificate nei pianeti formati nelle prime fasi della vita della galassia, e che è improbabile che si ripresentino facilmente. Per la vita, forse questo è il massimo a cui si può aspirare», ha commentato Craig O’Neill, direttore del Macquarie Planetary Research Centre della Macquarie University, che ha presentato i risultati del nuovo studio alla conferenza. «A causa delle grandi distanze coinvolte, disponiamo di una quantità limitata di informazioni su questi esopianeti, ma possiamo comprenderne alcuni fattori, come la posizione, la temperatura e qualche idea della loro geochimica. Questo ci consente di modellare il modo in cui si sviluppano».
Grazie a enormi simulazioni effettuate dalla Australian Computing Infrastructure, che coinvolgono centinaia di processori, il team ha testato i parametri attraverso il codice geodinamico Aspect, che simula lo sviluppo delle strutture interne dei pianeti. Il gruppo di O’Neill è stato in grado di dimostrare che molti dei primi pianeti avrebbero avuto la tendenza a innescare la tettonica a zolle, che è favorevole allo sviluppo della vita. «La tettonica a zolle agisce come una sorta di termostato per la Terra, creando le condizioni che consentono alla vita di evolversi. La Terra ha molto ferro nel suo nucleo, e avevamo ipotizzato che questo sarebbe stato necessario per lo sviluppo tettonico. Purtuttavia abbiamo scoperto che anche i pianeti con poco ferro possono sviluppare la tettonica a zolle, se i tempi sono giusti. Questo risultato è stato del tutto inaspettato».
Lo sviluppo della tettonica a zolle presenta un notevole effetto a catena. «I pianeti che si sono formati in seguito potrebbero non aver sviluppato la tettonica a zolle, il che significa che non hanno questo termostato incorporato. Questo non influisce solo sulla temperatura della superficie, ma comporta anche che il nucleo rimanga caldo, inibendo lo sviluppo del campo magnetico, senza il quale il pianeta non è protetto dalle radiazioni solari e tenderà a perdere la sua atmosfera. Quindi la vita diventa difficile da sostenere. Un pianeta deve essere fortunato per riuscire a sostenere la vita: deve essere nel posto giusto, al momento giusto e con la giusta geochimica», spiega il professor O’Neill.
I ricercatori sanno che l’equilibrio chimico generale della Galassia è cambiato nel tempo per diversi motivi, come il materiale che si fonde in stelle e corpi planetari o che viene espulso attraverso le supernove. Ciò significa che il materiale interstellare disponibile ora per formare i pianeti è significativamente diverso da quello presente nella galassia primordiale. «Quindi, i pianeti che si sono formati all’inizio lo hanno fatto in condizioni favorevoli per consentire lo sviluppo della vita», conclude Craig O’Neill. «Queste condizioni stanno diventando sempre più rare nella nostra galassia».
La professoressa Sara Russell, membro del comitato scientifico della Geochemical Society, ha commentato così questo risultato: «Nel corso degli ultimi anni, alcuni progetti sorprendenti come la missione Kepler della Nasa hanno localizzato migliaia di pianeti in orbita attorno ad altre stelle. Tuttavia, queste osservazioni di esopianeti forniscono solo informazioni di base. È importante combinare campagne osservative con grandi progetti di simulazione come questo, che ci dicono qualcosa sull’evoluzione geologica dei pianeti formati nelle diverse fasi dell’evoluzione galattica. Questo ci consente di costruire un quadro di come potrebbero apparire questi strani mondi e quanto possano essere abitabili».
Per saperne di più:
- Leggi sul sito della Goldschmidt Global Virtual Conference l’abstract della presentazione “How has Galactic Chemical Evolution Affected Terrestrial Planet Composition and Tectonics?” di Craig O’Neill