Un team internazionale di scienziati, guidato da Stefan Kraus dell’Università di Exeter, ha effettuato la misurazione dell’allineamento fra la rotazione della stella madre e l’orbita planetaria (il cosiddetto allineamento spin-orbita) per l’esopianeta Beta Pictoris b, situato a 63 anni luce dalla Terra. Il pianeta, nella costellazione del Pittore (in latino, Pictor), ha una massa di circa 11 volte quella di Giove e orbita attorno a una giovane stella su un’orbita simile a quella di Saturno. Lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, segna la prima misura dell’allineamento spin-orbita di un sistema planetario di cui sia stato fatto un imaging diretto. I risultati forniscono una nuova visione per migliorare la nostra comprensione di come avvengano la formazione e l’evoluzione del sistema planetario.
«Il grado con cui una stella e un’orbita planetaria sono allineate tra loro ci dice molto su come si è formato un pianeta e se più pianeti nel sistema hanno interagito dinamicamente dopo la loro formazione», commenta Kraus.
Alcune tra le prime teorie sul processo di formazione dei pianeti furono proposte da due importanti astronomi del diciottesimo secolo, Kant e Laplace, i quali notarono che le orbite dei pianeti del Sistema solare sono allineate tra loro e con l’asse di rotazione del Sole, concludendo che il Sistema solare si è formato da un disco protoplanetario rotante e appiattito.
«È stata una grande sorpresa quando si è scoperto che oltre un terzo di tutti i pianeti extrasolari vicini orbitano attorno alla loro stella su orbite disallineate rispetto all’equatore stellare», dichiara Kraus. «Alcuni esopianeti sono stati persino trovati a orbitare nella direzione opposta rispetto alla direzione di rotazione della stella. Queste osservazioni sfidano la percezione della formazione del pianeta, intesa come un processo pulito e ben ordinato che si svolge in un disco geometricamente sottile e complanare».
Sono stati proposti diversi possibili meccanismi dinamici per spiegare i disallineamenti spin-orbita osservati nei pianeti vicini. Una spiegazione prevede che i pianeti si formino nel disco esterno e successivamente vengano “espulsi” dal piano del disco attraverso interazioni dinamiche con altri pianeti o stelle vicine. Queste interazioni potrebbero aumentare l’obliquità dell’orbita, facendo anche migrare il pianeta verso l’interno. In questo caso, ci si aspetterebbe di osservare orbite oblique prevalentemente per pianeti su orbite ravvicinate, come i cosiddetti gioviani caldi, che orbitano attorno alla loro stella ospite con periodi di pochi giorni o settimane.
In alternativa, i pianeti potrebbero formarsi già su orbite disallineate, ad esempio se il disco è deformato oppure la stella e il disco vengono disallineati nel processo di formazione stellare o nella prima parte della storia dell’evoluzione del disco. In questi scenari ci si aspetterebbe di osservare anche pianeti distanti su orbite disallineate.
Pertanto, un modo promettente per studiare l’origine dell’obliquità degli esopianeti è misurare l’angolo di disallineamento tra la rotazione stellare e l’orbita del pianeta su una vasta gamma di separazioni dell’orbita, ossia di distanze tra il pianeta e la stella attorno alla quale il pianeta ruota. Sfortunatamente, il metodo spettroscopico convenzionale per misurare gli allineamenti spin-orbita funziona solo per pianeti molto ravvicinati che transitano di fronte alla stella, ma non può essere applicato agli esopianeti osservati con imaging diretto, caratterizzati da una grande separazione dalla stella ospite.
Per lo studio in questione, i ricercatori hanno ideato un metodo innovativo che misura il minuscolo spostamento spaziale di meno di un miliardesimo di grado causato dalla rotazione di Beta Pictoris.
Il team ha utilizzato lo strumento Gravity presso il Vlti (Very Large Telescope Interferometer) – che combina la luce dei telescopi separati da 140 metri di distanza – scoprendo che l’asse di rotazione stellare è allineato con gli assi orbitali del pianeta Beta Pictoris b e del suo disco di detriti.
«L’assorbimento di gas nell’atmosfera stellare provoca un piccolo spostamento spaziale nelle linee spettrali che può essere utilizzato per determinare l’orientamento dell’asse di rotazione stellare», spiega Jean-Baptiste LeBouquin, astronomo dell’Università di Grenoble in Francia e membro del team. «La sfida sta nel fatto che questo spostamento spaziale è estremamente piccolo: circa un centesimo del diametro apparente della stella, o l’equivalente delle dimensioni di un passo umano sulla Luna visto dalla Terra».
I risultati mostrano che il sistema Beta Pictoris è ben allineato, come il nostro Sistema solare. Questa scoperta favorisce l’interazione tra i pianeti come causa per le obliquità delle orbite che si osservano in sistemi più esotici con gioviani caldi. Tuttavia, saranno necessarie osservazioni su un ampio campione di sistemi planetari per rispondere in modo conclusivo a questa questione.
A questo proposito, il team propone un nuovo strumento interferometrico che consentirà di ottenere queste misurazioni su molti altri sistemi planetari che stanno per essere scoperti. «Uno strumento ad alta risoluzione spettrale dedicato presso Vlti potrebbe misurare l’allineamento spin-orbita per centinaia di pianeti, compresi quelli su orbite di lungo periodo», conclude Kraus. «Questo ci aiuterà a rispondere alla domanda su quali processi dinamici formano l’architettura dei sistemi planetari».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Spin–Orbit Alignment of the β Pictoris Planetary System” di Stefan Kraus, Jean-Baptiste Le Bouquin, Alexander Kreplin, Claire L. Davies, Edward Hone, John D. Monnier, Tyler Gardner, Grant Kennedy e Sasha Hinkley