Il problema di fondo è sempre quello del principio di indeterminazione di Heisenberg: più cala l’incertezza su un parametro, più aumenta su un altro. Indeterminazione che, nel caso particolare degli interferometri Ligo e Virgo per le onde gravitazionali, ha come attori ampiezza e fase dei raggi laser da 200 kW che costituiscono il cuore del sistema di misura: maggiore è la precisione con la quale si vuole misurare l’una, maggiore sarà l’incertezza sull’altra, e viceversa. È un’indeterminazione che emerge a livello macroscopico, in modo sorprendentemente concreto, nell’interazione fra i laser e gli specchi: uno studio firmato dagli scienziati di Ligo, pubblicato oggi su Nature, mostra come impercettibili effetti quantistici riescano a muovere gli specchi da circa 40 kg dell’interferometro statunitense. E misura l’entità dell’effetto: circa 10-20 metri, vale a dire un miliardesimo di miliardesimo di centimetro.
«Un atomo di idrogeno è grande di 10-10 metri, quindi questo spostamento degli specchi è per un atomo di idrogeno quello che un atomo di idrogeno è per noi – e l’abbiamo misurato», osserva uno degli autori dello studio, Lee McCuller, ricercatore al Kavli Institute for Astrophysics and Space Research del Mit.
Un problema da un miliardesimo di miliardesimo di centimetro può sembrare trascurabile, ma così non è, considerando l’elevatissima precisione richiesta a questi interferometri. Il suo effetto sulle misure – il cosiddetto standard quantum limit – costituisce un limite intrinseco fondamentale alla precisione che si può raggiungere nell’osservazione delle onde gravitazionali. Lo studio pubblicato su Nature, però, oltre a stimare l’entità di questa incertezza quantistica, conferma anche come sia possibile – usando lo stratagemma della cosiddetta luce squeezed – ridurne la portata, portando la precisione degli interferometri oltre il loro limite intrinseco.
Per capire come, conviene fare un passo indietro. Gli interferometri come Ligo e Virgo funzionano misurando impercettibili variazioni di fase – sfasamenti, appunto – nelle onde dei raggi laser che attraversano i loro bracci chilometrici. Nella fattispecie, sfasamenti fra onde di luce introdotti dalla dilatazione e contrazione dello spaziotempo a seguito del “passaggio” di un’onda gravitazionale. Le onde gravitazionali, però, non sono l’unica sorgente di sfasamenti: le fonti di rumore sono innumerevoli, dal semplice passaggio di un mezzo pesante nei dintorni dell’esperimento a microscosse sismiche, tutto ciò che vibra introduce rumore. Ed è anche per riconoscere e annullare questo tipo di rumori che si usano più interferometri posti a grande distanza fra loro, dunque insensibili allo stesso Tir di passaggio o a un terremoto – perlomeno non contemporaneamente e non allo stesso modo.
C’è però un ulteriore fonte di “rumore” che invece, anche usando più rivelatori, non c’è modo di eliminare: le fluttuazioni quantistiche che si susseguono incessantemente nel vuoto – spinto all’estremo, ma non assoluto – dei lunghi bracci degli interferometri. «Questa fluttuazione quantistica nella luce laser può causare una pressione di radiazione che può effettivamente “calciare” un oggetto», spiega McCuller. «L’oggetto, nel nostro caso, è uno specchio da 40 kg: vale a dire, un miliardo di volte più pesante degli oggetti in nanoscala in cui altri gruppi hanno misurato questo effetto quantistico».
Ed è così che lo stesso esperimento che per primo ha rivelato un fenomeno della relatività generale – le onde gravitazionali, appunto – permette oggi di rivelare anche un fenomeno della meccanica quantistica.
Ma oltre a rivelarlo, gli scienziati di Ligo volevano misurarlo. Per riuscirci, hanno fatto ricorso a un dispositivo aggiunto di recentemente agli interferometri – lo squeezer, appunto: uno “spremitore di luce” che consente di “modulare le incertezze”, pur sempre entro i limiti consentiti dall’indeterminazione di Heisenberg. Per esempio, sacrificando un po’ di precisione sull’ampiezza, permette di ridurre l’incertezza sulla fase .
Il team si è chiesto se, modificando l’angolo di questa “spremitura” della luce, si sarebbero potute osservare correlazioni quantistiche misurabili tra i laser di Ligo e i suoi specchi. Per mettere alla prova la loro idea, hanno impostato lo squeezer su 12 diversi sfasamenti e hanno verificato che, in effetti, potevano misurare le correlazioni tra le varie distribuzioni del rumore quantistico nel laser e il movimento degli specchi.
Risultato: una volta sottratto dai dati il rumore classico (non quantistico), le incertezze residue nelle fasi del raggio laser e nelle posizioni degli specchi producono un rumore quantistico combinato inferiore (fino al 70 per cento) allo standard quantum limit. Ciò fa sperare che, in un futuro prossimo, la tecnica della luce squeezed potrà consentire di registrare onde gravitazionali oggi non rilevabili.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Quantum correlations between light and the kilogram-mass mirrors of LIGO”, di Haocun Yu, L. McCuller, M. Tse, N. Kijbunchoo, L. Barsotti, N. Mavalvala e altri membri della LIGO Scientific Collaboration