Chiudi gli occhi e pensa alla Terra. Ora immagina di riempire il cielo di fitte nuvole di acido solforico che oscurano il Sole. Fai bollire gli oceani, aumentando la temperatura fino a quasi 500 gradi Celsius e aumenta la pressione atmosferica tanto da appiattirti sulla superficie come un pancake. Ecco, se riesci a immaginare tutto questo, hai davanti a te Venere: un pianeta roccioso di dimensioni simili alla Terra ma completamente diverso per ogni altro aspetto.
Come questi due “pianeti gemelli” si siano evoluti in modo così diverso è una bruciante questione scientifica ormai da decenni e la missione Veritas – ancora in fase di proposta – vorrebbe cercare di trovare la risposta, rivoluzionando la nostra comprensione della geodinamica interna che ha modellato il pianeta. La missione potrebbe inoltre fornire approfondimenti sull’evoluzione del nostro pianeta e persino aiutarci a comprendere meglio i pianeti rocciosi in orbita attorno ad altre stelle.
Abbreviazione di Venus Emissivity, Radio Science, InSAR, Topography & Spectroscopy, Veritas rientra nella selezione del Discovery Program della Nasa e sarà gestita dal Jet Propulsion Laboratory (Jpl). Tra i partner del progetto figurano Lockheed Martin, l’Agenzia spaziale italiana, l’Agenzia spaziale tedesca e l’Agenzia spaziale francese.
«Venere è come un dono cosmico di un incidente», ha detto Suzanne Smrekar, principal investigator di Veritas presso il Jpl. «Abbiamo questi due corpi planetari – Terra e Venere – il cui inizio è stato pressoché lo stesso, con due percorsi evolutivi completamente diversi, ma non sappiamo perché».
L’ultima missione dedicata allo studio della superficie del pianeta – la sonda Magellano della Nasa – terminò nel 1994. Ha fornito indizi stuzzicanti sulla geologia di Venere, ma la sua strumentazione non è stata in grado di darci la certezza sull’origine di molte delle caratteristiche della superficie del pianeta.
Veritas, il cui lancio è proposto per il 2026, orbiterebbe attorno al pianeta e scruterebbe attraverso le fitte nubi con un potente sistema radar all’avanguardia, per creare mappe globali 3D, e uno spettrometro a infrarossi vicini per capire di cosa è fatta la superficie. Inoltre, misurerebbe il campo gravitazionale del pianeta, per determinare la struttura del suo interno. Insieme, gli strumenti offrirebbero indizi sul processi geologici del pianeta, passati e presenti, dal suo nucleo fino alla sua superficie.
Qui sulla Terra, la rigida crosta che avvolge il pianeta è frammentata in un puzzle di placche tettoniche adagiate sul mantello, la cui convezione guida il movimento delle placche sulla superficie. Mentre alcune placche scendono verso l’interno – un processo noto come subduzione – si sciolgono, e il degassamento vulcanico rilascia sostanze volatili (come acqua, azoto, anidride carbonica e metano) nell’atmosfera. Imparare di più sui processi geologici che avvengono su Venere – dove la crosta calda presenta delle analogie con la Terra primordiale, quando le placche stavano appena iniziando a formarsi – potrebbe offrire un prezioso spaccato di come questi processi iniziarono sul nostro pianeta.
«Il più grande mistero per me è l’estensione delle strutture di deformazione su Venere» – aree di roccia sulla superficie che hanno ceduto sotto l’immensa pressione geologica – «che potrebbero essere studiate per comprendere la natura dell’attività tettonica sul pianeta», spiega Joann Stock, professore di geologia e geofisica presso il laboratorio sismologico del Caltech, a Pasadena.
La produzione di mappe topografiche 3D ad alta risoluzione di Veritas metterebbe a fuoco strutture che erano troppo piccole per essere risolte in precedenza. Queste strutture potrebbero includere una topografia in rilievo su entrambi i lati delle faglie – come la faglia di San Andrea – che è un indicatore delle principali attività tettoniche. Veritas sarebbe anche in grado di cercare faglie attive sulla superficie usando tecniche di analisi interferometriche, per la prima volta al di fuori della Terra.
Inoltre, Veritas studierebbe vaste strutture di deformazione chiamate tessere. Queste caratteristiche simili a un plateau possono essere analoghe ai continenti della Terra. Una delle teorie più autorevoli prevede che i continenti della Terra si siano formati quando la crosta oceanica ricca di ferro venne subdotta e si sciolse in presenza di acqua, producendo enormi volumi di nuova crosta continentale meno ricca di ferro, che si sollevò sopra l’oceano.
Per determinare se questi altipiani di Venere si siano formati in un modo simile ai continenti della Terra, Veritas intende costruire le prime mappe multispettrali globali della composizione superficiale di Venere. Se la loro composizione assomigliasse a quella della crosta continentale, otterremmo informazioni su un passato un po’ più umido di Venere.
Sulla Terra, la tettonica delle placche e il vulcanismo vanno di pari passo. E su Venere?
«Determinare se Venere sta attivamente subendo attività vulcanica e capire quale processo la stia guidando è una delle domande davvero interessanti a cui mi piacerebbe trovare una risposta», riporta Jennifer Whitten, membro del team scientifico Veritas presso la Tulane University di New Orleans.
Usando il suo spettrometro, Veritas è in grado di determinare quali rocce si sono formate recentemente in seguito all’eruzione del magma, prima che le interazioni con l’atmosfera abbiano avuto il tempo di cambiarne la composizione chimica. Inoltre, lo spettrometro cercherebbe hotspot da eruzioni attive, mentre lo strumento radar cercherebbe faglie attive, un’indicazione dell’attività tettonica.
Nel conoscere i vulcani di Venere e i processi geofisici che li causano, gli scienziati potrebbero anche misurare il loro impatto sul clima del pianeta e, forse, rispondere a un’altra domanda fondamentale: l’interno del pianeta contiene ancora grandi quantità di acqua, come la Terra?
La tettonica a placche e il vulcanismo non influenzano solo il modo in cui un pianeta prende forma; sono intimamente legati anche all’abitabilità del pianeta stesso. La tettonica a placche influenza fortemente il clima della Terra a lungo termine, influenzando i processi che mantengono l’equilibrio dell’atmosfera: il vulcanismo, che rilascia sostanze volatili nell’atmosfera, e la subduzione, che ricicla le sostanze volatili all’interno. Inoltre, la formazione e l’erosione dei continenti terrestri hanno una grande influenza sulla composizione degli oceani e dell’atmosfera. Insieme, questi processi forniscono i “nutrienti” e un clima abitabile affinché la vita possa prosperare.
Ma qual è il delicato equilibrio geodinamico che alla fine rende un pianeta abitabile? Considerando la scoperta di migliaia di esopianeti in orbita attorno a stelle diverse dal nostro Sole, la risposta potrebbe esserci di grande d’aiuto per comprensione la loro natura.
«Per scoprire i misteri di Venere dobbiamo guardare sotto il cofano all’interno di Venere: è il motore dell’evoluzione geologica e atmosferica globale», conclude Smrekar. «Venere e Terra sono mondi fondamentalmente unici? O le differenze tra questi pianeti gemelli sono solo a livello estetico? Rispondere a questa domanda è la chiave per capire cosa rende gli altri pianeti rocciosi abitabili e, in ultima analisi, se la vita può emergere».
Sempre dedicata a Venere, esiste anche una proposta in corsa per la selezione M5 dell’Agenzia spaziale europea (Esa), EnVision, con obiettivi analoghi. Ricordiamo che a tal proposito Media Inaf ha intervistato Lorenzo Bruzzone dell’Università di Trento, membro del core team di EnVision e responsabile di uno degli strumenti della missione, il SubSurface Radar Sounder.