Un team di ricercatori che include un folto gruppo di italiani, tra i quali Crescenzo Tortora, ricercatore all’Inaf di Napoli, ha intrapreso negli ultimi anni una ricerca sistematica delle galassie con tanta massa (maggiore di quella della Via Lattea), ma al contempo estremamente compatte (anche 5 volte più piccole della nostra galassia): le cosiddette galassie massive ultra-compatte, che possono svelare l’origine delle galassie nell’universo primordiale. Il loro ultimo lavoro, che va a studiare l’abbondanza di queste galassie negli ammassi di galassie o in campi liberi da altre galassie, è stato pubblicato come lettera sulla rivista Astronomy & Astrophysics.
Le conoscenze attuali ci spingono a pensare che le galassie più massive, e che quindi contengono tante stelle, abbiano accumulato tale quantità di massa attraverso un processo gerarchico, partendo da galassie più piccole, per poi diventare le galassie giganti che osserviamo attorno a noi. Questo avviene attraverso l’unione di più galassie piccole attorno ad una galassia centrale; gli astronomi si riferiscono a questi fenomeni come merging di galassie. Alcuni risultati più recenti sono ancora più specifici. Questi tenderebbero a suggerire che la formazione di tali galassie sia avvenuta attraverso due fasi distinte (si parla appunto di scenario a due fasi). Dopo pochi miliardi di anni dalla nascita del cosmo, galassie blu molto piccole, dette blue nugget (letteralmente pepite blu), avrebbero interrotto la propria formazione stellare, formando le cosiddette red nugget (letteralmente pepite rosse): queste sarebbero quindi galassie molto piccole e prive di formazione stellare attiva, ma già con tanta massa, che diventeranno i cuori delle mastodontiche galassie ellittiche che osserviamo attorno a noi. Infatti, nella seconda fase, le red nugget avrebbero accresciuto le loro dimensioni attraverso merging. Ma i merging di galassie sono intrinsecamente casuali, e quindi si potranno verificare delle eccezioni, e cioè potrà accadere che alcune red nugget non si fondano con altre galassie, restando piccole, ma con tante stelle. Queste galassie sono chiamate relic: relitti dell’evoluzione galattica.
«Alcuni anni fa abbiamo iniziato la ricerca di queste galassie massive ma ultra-compatte all’interno della survey Kids (Kilo Degree Survey), utilizzando il telescopio Vst (Vlt Survey Telescope), situato in Cile e ideato e realizzato all’Inaf – Osservatorio astronomico di Capodimonte, e ne abbiamo proseguito l’analisi con ulteriori osservazioni effettuate con altri telescopi», dice Tortora, primo autore dell’articolo. «Nell’articolo pubblicato su Astronomy & Astrophysics abbiamo contato queste galassie all’interno di ammassi di galassie e di campi privi di altre galassie, per capire se vi fosse una preferenza per un tipo di ambiente o di un altro, come indicato da alcuni lavori indipendenti. Invece, noi abbiamo trovato che queste galassie si possano trovare indistintamente in tutti gli ambienti, e che sembrano più comuni negli ammassi semplicemente perché tutte le galassie preferiscono, banalmente, ambienti più densi».
Questo studio è stato possibile grazie alle potenzialità del Vst. «Il telescopio Vst è un’idea napoletana, che ha coinvolto negli ultimi anni centinaia di ricercatori afferenti a molte istituzioni internazionali. Rappresenta uno strumento unico per la scoperta di galassie così elusive e piccole, come le galassie ultra-compatte studiate nel nostro studio», spiega Nicola R. Napolitano, che lavora presso l’Università Sun Yat-sen di Zhuhai, in Cina, dopo essere stato anch’egli ricercatore all’Inaf di Napoli.
«Le grandi aree di cielo osservate dal telescopio Vst e la qualità delle immagini ottenute», aggiunge Mario Radovich, dell’Inaf di Padova, «ci hanno permesso di individuare tanti ammassi di galassie, molti finora sconosciuti, fondamentali per confrontare il destino di queste galassie ultra-compatte sia dentro sia fuori gli ammassi e dimostrare che questi oggetti sembrano disinteressarsi dell’ambiente in cui vivono.». Per la ricerca degli ammassi è stato utilizzato Amico, un codice molto efficiente, sviluppato da Lauro Moscardini, Fabio Bellagamba, Mauro Roncarelli (Università di Bologna) e Matteo Maturi (Università di Heidelberg).
Le attività che questi ricercatori stanno portando avanti potranno permettere di studiare le popolazioni di stelle formatesi nelle red nugget, separandole da quelle che si sono accumulate attraverso i merging per formare le galassie giganti. «Grazie a un vasto programma osservativo che stiamo portando avanti con uno dei telescopi più ambiti al mondo, il Very Large Telescope (Vlt)», dice Chiara Spiniello dell’Università di Oxford, precedentemente postodoc AstroFit a Napoli, «riusciremo molto presto a selezionare un piccolo campione di queste galassie, che caratterizzeremo completamente, determinando la loro età, il loro contenuto di metalli e la dinamica stellare al loro interno, fornendo così nuovi e decisivi tasselli per vincolare lo scenario evolutivo delle galassie con più alta massa».
Il gruppo di ricercatori continua nella ricerca e nella caratterizzazione di queste galassie piccole ma piene di stelle: eccezioni che confermano la regola, ovvero delle eccezioni tra le galassie più massive, perché rimaste piccole, ma che possono confermare la regola, e cioè dirci molto sulla formazione e l’evoluzione delle galassie.
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Nature versus Nurture: relic nature and environment of the most massive passive galaxies at z < 0.5” di C. Tortora, N. R. Napolitano, M. Radovich, C. Spiniello, L. Hunt, N. Roy, L. Moscardini, D. Scognamiglio, M. Spavone, M. Brescia, S. Cavuoti, G. D’Ago, G. Longo, F. Bellagamba, M. Maturi e M. Roncarelli