Nei dintorni della protostella L1551 Irs5 – in direzione della costellazione del Toro, a circa 460 anni luce da noi – le antenne del radioelescopio Alma hanno individuato tracce di materiale prebiotico, sotto forma di molecole ancora più complesse del metanolo – già precedentemente scoperto (ne avevamo parlato su Media Inaf) in questa protostella.
Lo studio nel quale è descritta la scoperta, pubblicato martedì scorso su Mnras da un team internazionale guidato da Eleonora Bianchi, in passato dottoranda di ricerca Inaf e ora ricercatrice in Francia all’Université Grenoble Alpes, mostra i primi risultati del programma Faust (Fifty AU Study of the chemistry in the disk/envelope system of Solar-like protostars): il primo e finora unico Large Program sull’astrochimica di regioni protostellari approvato per il telescopio Alma dell’Eso, dedicato a osservare l’universo nelle lunghezze d’onda il millimetriche e submillimetriche. Faust è una collaborazione tra Unione europea, Stati Uniti e Giappone focalizzata sullo studio della composizione chimica nelle regioni destinate a formare un sistema planetario analogo al Sistema solare. L’Italia, con l’Istituto nazionale di astrofisica, è uno fra i paesi leader del programma osservativo.
Le molecole individuate sono il formiato di metile (HCOOCH3) e l’etanolo (CH3CH2OH): in entrambi i casi si tratta di precursori di una chimica prettamente pre-biotica. La radiazione emessa dalle molecole (nella figura a fianco, nel pannello in basso a destra) viene rilevata da Terra spostata nel blu e nel rosso come conseguenza dell’effetto Doppler, lo stesso che fa cambiare la nostra percezione delle sirene delle ambulanze a seconda che si avvicinino o si allontanino da noi. In pratica, dall’analisi di questo effetto è stato possibile ricostruire il disco di rotazione tracciato dalle molecole prebiotiche attorno al sistema protostellare.
Un secondo risultato inedito è l’osservazione, per la prima volta, di una regione hot-corino di classe I in rotazione che, probabilmente, contiene al suo interno un disco di accrescimento. Con hot corino in generale si intende la regione vicina alla protostella delle dimensioni nell’ordine di circa cento unità astronomiche – quindi paragonabili al Sistema solare – e in cui la temperature del gas è di circa cento gradi kelvin. In queste regioni si osserva un fenomeno di emissione di molecole perché, a causa delle alte temperature, i mantelli ghiacciati dei granelli di polvere si sciolgono e rilasciano nel gas le molecole innescando una chimica complessa. Di solito, gli hot corinos si osservano intorno a protostelle giovani di classe 0 (di circa diecimila anni di età), mentre recentemente si è cominciato a osservare queste regioni anche in protostelle più evolute, di classe I appunto (dunque di circa centomila anni). Gli hot corinos di classe I sono particolarmente interessanti, perché si pensa che lì comincino a formarsi i pianeti. Ancora se ne conoscono pochi, questo è il terzo hot corino di classe I scoperto, ed è la prima volta in cui viene osservata la rotazione delle molecole, che suggerisce abbiano avuto origine in un disco di accrescimento.
«Questa scoperta», spiega Bianchi a Media Inaf, «ci permette di cominciare a studiare la composizione chimica del gas in cui si stanno formando i pianeti, le molecole complesse che sono già presenti e che successivamente daranno origine alla chimica prebiotica nei planetesimi in formazione. In pratica, il sacro graal che stiamo cercando è capire in che misura la complessità chimica dai pianeti in formazione viene ereditata dalle fasi evolutive precedenti»
«Uno degli scopi principali di Faust», aggiunge Claudio Codella dell’Inaf di Arcetri, uno dei cinque principal investigator del programma, nonché coautore dell’articolo, «è quello di investigare la composizione chimica del gas dei dischi attorno a protostelle con un’età inferiore al milione di anni. In questa fase i pianeti cominciano il loro lungo processo di formazione».
Questo primo studio rappresenta un assaggio delle potenzialità del progetto Faust, destinato a fornire informazioni sulla composizione chimica di molti altri sistemi in formazione su scale spaziali simili a quelle del Sistema solare. In particolare, aiuterà a capire in che misura la chimica è diversa in questi giovani dischi e in che modo questa diversità si riflette sulla composizione chimica del futuro sistema planetario. Questi primi risultati di Faust possono essere inoltre considerati come una sorta di lavoro preparatorio ialla missione europea Ariel, che si concentrerà, con altre metodologie, sullo studio della composizione chimica degli esopianeti già formati.
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society “FAUST I. The hot corino at the heart of the prototypical Class I protostar L1551 IRS5”, di E. Bianchi, C.J. Chandler, C. Ceccarelli, C. Codella, N. Sakai, A. López-Sepulcre, L.T. Maud, G. Moellenbrock, B. Svoboda, Y. Watanabe, T. Sakai, F. Ménard, Y. Aikawa, F. Alves, N. Balucani, M. Bouvier, P. Caselli, E. Caux, S. Charnley, S. Choudhury, M. De Simone, F. Dulieu, A. Durán, L. Evans, C. Favre, D. Fedele, S. Feng, F. Fontani, L. Francis, T. Hama, T. Hanawa, E. Herbst, T. Hirota, M. Imai, A Isella, I. Jiménez-Serra, D. Johnstone, C. Kahane, B. Lefloch, L. Loinard, M. J. Maureira, S. Mercimek, A. Miotello, S. Mori, R. Nakatani, H. Nomura, Y. Oba, S. Ohashi, Y. Okoda, J. Ospina-Zamudio, Y. Oya, J. Pineda, L. Podio, A. Rimola, D. Segura Cox, Y. Shirley, V. Taquet, L. Testi, C. Vastel, S. Viti, N. Watanabe, A. Witzel, C. Xue, Y. Zhang, B. Zhao e S. Yamamoto.