Il primo satellite della neonata Agenzia spaziale europea (Esa, istituita formalmente il 30 maggio 1975 come fusione di due agenzie spaziali europee indipendenti, Esro ed Eldo – ne abbiamo parlato qui) fu Cos-B, lanciato il 9 agosto 1975 dalla Western Test Range (California) della Nasa con un lanciatore Thor Delta (a quei tempi purtroppo l’Esa non disponeva di un lanciatore indipendente). Lo scopo principale della missione era lo studio del cielo ai raggi gamma con energie maggiori di 30 MeV. Fondamentali i contributi italiani al progetto con, in primo piano, la figura di Giuseppe “Beppo” Occhialini dell’Università degli Studi di Milano: pesarese di origine, Occhialini può essere considerato uno dei padri di Cos-B. Ma altri italiani, come vedremo sotto, contribuirono in maniera fondamentale al successo della missione che, per certi versi, fece da apripista ai grandi successi del nostro Paese nell’astrofisica delle alte energie.
La missione Cos-B fu concepita intorno alla metà degli anni ‘60 in ambiente Esro dal gruppo di lavoro su Cosmic Rays and Trapped Radiation (denominato Cos), che aveva appunto come coordinatore e responsabile Beppo Occhialini.
Lo studio di fattibilità della missione (completato nell’estate del 1967) fu portato a termine da alcuni scienziati europei guidati da Livio Scarsi, studente e collaboratore storico di Occhialini e segretario del Cos. I proponenti presentarono nello specifico due possibili alternative. La prima, Cos-A, consisteva di un satellite da posizionare in orbita bassa (intorno a 500 km) con a bordo un esperimento di astronomia in banda X e uno di astronomia nei raggi gamma a energie maggiori di 30 MeV. La seconda alternativa, Cos-B, praticamente una versione ridotta di Cos-A, prevedeva solo l’esperimento a energie gamma; l’orbita prescelta in quest’ultimo caso era altamente eccentrica, con un perigeo di 350 km e un apogeo di 100mila km, in modo da uscire dalle fasce di radiazione di Van Allen per una grande parte del tempo di rivoluzione del satellite intorno alla Terra, ottimizzando in questo modo sia la durata che la qualità del tempo di osservazione. Cos-B aveva a bordo anche un piccolo rivelatore di raggi X, chiamato pulsar synchronizer, che avrebbe dovuto aiutare lo studio della sorgente gamma attraverso la rivelazione della pulsazione X in contemporanea; lo strumento, non molto utile per lo scopo per cui era stato ideato, si rivelò invece utilissimo per lo studio di alcune binarie X brillanti.
A seguito delle usuali valutazioni sullo studio di fattibilità (e.g. peso del satellite, costo complessivo della missione, fattibilità in termini di avanzamento tecnologico richiesto, tempistica, etc..), il 2 luglio 1969 il Council dell’Esa, organo supremo dell’Agenzia, scelse e approvò Cos-B come soluzione ottimale: 9 voti favorevoli e un astenuto (il Belgio). Insieme a Cos-B, il Council approvò anche il satellite Geos per lo studio del plasma circum-terrestre.
È interessante notare il punto 4 della risoluzione del 2 luglio 1969 con cui viene approvata la missione: il package scientifico (quello che in gergo viene ora chiamato payload) doveva essere fornito all’Esa dalla stessa comunità scientifica europea organizzata in un “consorzio” con i costi a carico dei relativi stati interessati; questo modo di procedere era stato fortemente voluto e sostenuto dallo stesso Occhialini, in modo da avere un controllo ottimale sulla strumentazione scientifica da volare. Cos-B può quindi essere considerato come il primo esempio di collaborazione scientifica europea in ambito spaziale su un progetto di big science. Il consorzio in questione – conosciuto come The Caravane Collaboration – era costituito da sei istituti di ricerca sparsi per l’Europa. In una prima formulazione della collaborazione era presente anche il Regno Unito (l’università di Southampton, nello specifico), che poi si ritirò per motivi di budget. Ci fu addirittura il tentativo del Regno Unito di “affossare” la missione e poi, non essendoci riusciti, di fare pagare la collaborazione di Southampton agli altri stati interessati o all’Esa. Il tentativo non riuscì e le responsabilità al progetto di Southampton furono prese in carico direttamente dall’Esa tramite lo Space Science Department di Estec.
Cos-B fornì dati in maniera continua dall’agosto 1975, quando rivelò il suo primo fotone gamma, all’aprile 1982, quando gli strumenti a bordo smisero di funzionare in maniera adeguata a causa dell’esaurimento di gas nella spark chamber (camera a scintille) e furono spenti dopo l’ultimo simbolico evento. Tanto il primo che l’ultimo evento registrati da Cos-B vennero firmati dai presenti. Alcune firme sono riconoscibili in entrambi; altre sono diverse perché nel corso della missione la squadra si arricchì di nuove leve.
Durante la sua vita operativa, Cos-B misurò circa 200mila eventi gamma nell’intervallo di energia tra circa 50 MeV e 5 GeV, migliorando la statistica di circa un fattore 25 rispetto a quanto conosciuto fino ad allora (circa 8000 eventi gamma, principalmente dalla missione Sas-2 della Nasa che, per inciso, fu messa in orbita dalla base di lancio italiana di Malindi, il 15 novembre 1972).
Tre i risultati principali di Cos-B dal punto di vista scientifico: a) la prima mappa completa in raggi gamma del piano della Via Lattea, con la rivelazione di emissione sia da sorgenti discrete che diffuse; b) il primo catalogo di sorgenti discrete in raggi gamma (25 in totale), con la prima sorgente extragalattica rivelata a queste energie (il quasar 3C273); e c) il primo studio di un qualche dettaglio delle proprietà gamma di pulsar rivelate nella banda radio (Crab, Vela).
In questa fase di acquisizione, analisi e interpretazione dei dati fu fondamentale il contributo di altre e altri italiani, in particolare Giovanni Fabrizio “Nanni” Bignami (anche lui studente e collaboratore di Occhialini nelle prime fasi della sua carriera) e Patrizia Caraveo.
«Ad accezione di Crab e Vela (che erano state viste pulsare in gamma allo stesso periodo radio), le sorgenti di Cos-B si rivelarono difficili da identificare», ricorda Caraveo. «I loro error box si misuravano in gradi quadrati e la collocazione lungo il piano della nostra galassia complicava moltissimo il lavoro di identificazione. L’unica sorgente a non avere avuto questo problema è stata 3C273, aiutata dal fatto che il quasar era l’unico oggetto degno di nota nell’error box. Io ho fatto la mia tesi sui tentativi di capire la natura della sorgente che domina l’anticentro insieme alla Crab che adesso chiamiamo Geminga. Un gioco di parole inventato da Nanni per indicare una sorgente GAmma nelle costellazione di GEMINi che aveva anche un secondo significato più recondito. Se letto con la G dura, Gheminga ricordava gh’e minga – il modo milanese per dire non c’è. Ci sarebbero voluti molti anni per dimostrare che si trattava di una stella di neutroni, in tutto e per tutto simile a Crab o Vela, ma radio quieta perché dirige altrove il suo cono di emissione radio. Il primo tassello del puzzle multilunghezza d’onda, che ci ha portato a identificare la sorgente, venne messo grazie ai dati del satellite Einstein, il primo a offrire un programma di guest observer che ci fece vedere la possibile controparte X. Pubblicammo i primi risultati dei dati Einstein nel 1983, giusto un anno dopo la fine delle missione Cos-B. I dati Einstein indicarono anche che la probabile controparte della sorgente nota come 2Cg 135+1 fosse la sorgente radio binaria Lsi 61°303. Molte sorgenti rimasero senza identificazione, ma per alcune il problema è stato risolto a posteriori: 2Cg 343-02 è Psr 1706-44, un pulsar scoperto dopo la fine della missione grazie agli sforzi che erano stati iniziati per mappare in radio gli error box Cos-B a opera del gruppo di Palermo dove lavorava Nichi D’Amico. Molte delle sorgenti che Cos-B vedeva come singole sono in effetti la fusione di diversi oggetti, come accade per l’area del Cigno adesso risolta da Fermi in una dozzina di sorgenti molti sono pulsar alcuni hanno emissione radio altri no, perché Geminga è stata la capostipite di una numerosa famiglia di sorgenti gamma pulsanti senza emissione radio, Geminga-like, appunto».
Dopo Cos-B, rimanendo nel campo dei raggi gamma con energie superiori di qualche decina di MeV, sono volati gli esperimenti Comptel e Egret a bordo del satellite Compton Gamma Ray Observatory (operativo dal 1991 al 2000), il satellite italiano Agile (in orbita da aprile 2007) e il satellite statunitense Fermi (in orbita da giugno 2008, con un rilevante contributo nazionale alla missione da parte di Asi, Infn e Inaf); sia Agile che Fermi sono ancora in fase operativa.
Sono più di cinquemila le sorgenti gamma al momento conosciute a queste energie, principalmente dalle osservazioni fatte con il satellite Fermi. Purtroppo la loro incertezza posizionale in cielo, legata alla tecnica di rivelazione che è possibile usare a queste energie, ne previene – per la maggior parte di loro – una facile e sicura identificazione con sorgenti visibili ad altre lunghezze d’onda. Delle circa cinquemila sorgenti presenti nell’ultimo catalogo di Fermi, solo il 7 per cento sono state successivamente indentificate in maniera certa e sicura, il 67 per cento sono associate posizionalmente con categorie di sorgenti “plausibili” (i.e. è altamente probabile, in base alle nostre conoscenze attuali, che siano la sorgente che emette i raggi gamma). Tra le sorgenti identificate/associate si contraddistinguono due classi specifiche: al di fuori della nostra galassia, il cielo gamma è dominato da una particolare classe di sorgenti, denominate blazars, con un totale di circa 1830 oggetti (di cui solo circa 70 sono identificazioni certe), mentre le sorgenti gamma della nostra galassia sono dominate dalle pulsars, che hanno superato quota 260 identificazioni certe. Per il rimanente 26 per cento delle sorgenti gamma tutto è incerto: sappiamo che una sorgente gamma esiste, ma non abbiamo la più pallida idea di chi possa essere e a quale categoria appartenga. E questo è il bello della ricerca…
Per saperne di più su Beppo Occhialini:
Guarda il video realizzato da MediaInaf Tv nel 2007: