TRIS DI STUDI SULL’ATMOSFERA DEL GIGANTE GASSOSO

Fulmini su Giove, e grandine d’ammoniaca

La sonda Juno ha osservato per la prima volta i fulmini a bassa quota nell’atmosfera di Giove. La presenza di grandine di acqua e ammoniaca spiegherebbe il fenomeno anche grazie a un nuovo modello di atmosfera gioviana. Tre studi pubblicati nei giorni scorsi aprono scenari completamente nuovi nella comprensione dei meccanismi fisici delle atmosfere dei pianeti gassosi giganti

     11/08/2020

L’illustrazione utilizza i dati ottenuti dalla sonda Juno per rappresentare le tempeste di alta quota su Giove. La camera Stellar Reference Unit di Juno ha rilevato la presenza di insoliti flash luminosi durante un flyby ravvicinato del Pianeta. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Swri/Msss/Gerald Eichstädt/Heidi N. Becker/Koji Kuramura

Novità in vista dall’atmosfera di Giove. Il grande puzzle dei fulmini sul gigante gassoso si arricchisce di nuovi tasselli grazie alle recenti osservazioni effettuate con gli strumenti a bordo di Juno, la sonda spaziale della Nasa lanciata nel 2011, da quattro anni in orbita intorno a Giove, con all’attivo già quasi 500 milioni di chilometri percorsi nel Sistema solare.

Lo Stellar Reference Unit (Sru), uno degli strumenti a bordo di Juno, ha immortalato in modo del tutto inaspettato alcuni bagliori luminosi superficiali nell’atmosfera di Giove: veri e propri fulmini durante le frequenti violente tempeste che perturbano il gigante gassoso, caratterizzando la superficie gioviana con grandi macchie rossastre. Sru, uno strumento molto sensibile progettato per lo star tracking e in grado di funzionare in condizione di luce estremamente debole, ha osservato i fulmini superficiali proprio durante un flybe notturno di Giove. Questa scoperta cambia drasticamente l’interpretazione del fenomeno dei fulmini nell’atmosfera gioviana, osservati già con le missioni Nasa Voyager nel 1979.

Le osservazioni dei fulmini gioviani superficiali effettuate da Juno sono illustrate nel dettaglio nello studio appena uscito su Nature “Small lightning flashes indicating shallow electrical storms”, uno dei tre articoli pubblicati nei giorni scorsi sui nuovi scenari nella comprensione dei meccanismi fisici delle atmosfere dei pianeti gassosi giganti.

I bagliori luminosi osservati dalla missione spaziale Juno della Nasa raccontano una storia molto diversa da quelle suggerite finora dalle altre osservazioni.

L’acqua è una sostanza cruciale nella meteorologia dei pianeti, e si ritiene giochi un ruolo chiave nel loro processo di formazione. Le tempeste terrestri sono generate dalla dinamica di masse acquose in grado di generare fenomeni elettrici in regioni in cui l’acqua coesiste nei diversi stati (liquida, solida e gassosa). Questo capita su Giove alla quota compresa tra 45 e 65 chilometri al di sotto dello strato visibile di nubi, con temperature intorno allo zero. Le sue nubi dense sono immerse in un’atmosfera costituita approssimativamente da idrogeno (88 per cento), elio (11 per cento) e in piccola parte da metano, ammoniaca, acqua e altre sostanze.

Gli scienziati infatti davano finora per assodato che il fenomeno dei fulmini nell’atmosfera alta di Giove fosse analogo a quello terrestre, originandosi all’interno di nubi acquose nell’atmosfera del pianeta a causa della presenza di acqua nelle sue tre fasi: liquida, solida e gassosa. A essere osservati questa volta sono invece flash luminosi molto più deboli, provenienti dalla parte bassa dell’atmosfera gioviana – regioni in cui in cui la temperatura è inferiore a -66 °C e in cui l’acqua non può certo trovarsi allo stato liquido.

Ma com’è possibile che si formino fulmini nella parte superiore dell’atmosfera di Giove, contrariamente a quanto previsto dai modelli precedenti?  In breve, in caso di tempeste sufficientemente potenti, i droplet – termine per indicare le “goccioline”, portato alla ribalta dal coronavirus – di acqua e ammoniaca rimasti in sospensione nell’atmosfera di Giove vengono trasportati nella parte superiore dell’atmosfera e la loro collisione dà origine a fenomeni elettrici, ovvero i fulmini.

Infografica che illustra il fenomeno dei fulmini superficiali e della grandine di ammoniaca su Giove. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Swri/Cnrs

La risposta sta proprio nell’ammoniaca. Lo suggerisce lo studio “Storms and the Depletion of Ammonia in Jupiter: I. Microphysics of “Mushballs”, pubblicato nei giorni scorsi su Journal of Geophysical Research: Planets da un team di ricercatori francesi del Laboratoire Lagrange in collaborazione con alcuni colleghi statunitensi. Secondo gli autori, i cristalli d’acqua interagiscano con i gas di ammoniaca, che a sua volta si comporta come un antigelo, trasformando il ghiaccio d’acqua in acqua liquida. Così come sulla Terra, una miscela composta da due terzi di acqua e un terzo di ammoniaca, sotto i cento gradi centigradi permane allo stato liquido. I cristalli di ghiaccio che sono spinti nella parte alta dell’atmosfera di Giove si fondono con i gas di ammoniaca formando una soluzione e trasformandosi in chicchi di grandine di ammoniaca esotica, soprannominati dagli scienziati mushballs (varietà di palle da softball molto morbide). I chicchi di grandine più pesanti precipitano fino a evaporare, facendo sì che acqua e ammoniaca raggiungano anche gli strati più bassi dell’atmosfera di Giove.

Le misure effettuate dal Microwave Radiometer (Mwr) a bordo di Juno – uno strumento in grado di penetrare nelle nuvole di Giove per raccogliere dati in merito alle sue tempeste – hanno messo in evidenza un gradiente nella concentrazione di ammoniaca in funzione della latitudine, concentrazione che nei pressi dell’equatore di Giove appare fortemente variabile e in generale molto più scarsa nelle zone di alta pressione. Prima di Juno gli scienziati sapevano che alcune parti dell’atmosfera di Giove erano povere di ammoniaca a profondità relativamente basse, ma il fenomeno non era mai stato interpretato nel dettaglio. Ora, per spiegare questa grande variazione della concentrazione di ammoniaca su Giove, i ricercatori hanno sviluppato un modello di mixing (ovvero di miscelazione dei gas) – presentato nello studio “Storms and the Depletion of Ammonia in Jupiter: II. Explaining the Juno observations” e pubblicato anch’esso su Journal of Geophysical Research: Planets – in grado di spiegare come la presenza di fenomeni temporaleschi e la formazione delle mushballs di grandine siano correlate con le variazioni nella concentrazione di ammoniaca nell’atmosfera di Giove.

La comprensione della meteorologia di Giove e di altri pianeti giganti come Urano e Nettuno è fondamentale per aiutarci a capire meglio anche il comportamento di pianeti gassosi giganti che si trovano al di fuori del Sistema solare, a cui rivolge l’occhio la ricerca astronomica e spaziale del futuro.

Guarda l’animazione del sorvolo nell’alta atmosfera di Giove, dove si formano le tempeste:

 

Per saperne di più: