Il legame tra il più famoso marketplace online e lo spazio non è una novità. Era il 2000, appena cinque anni dopo la nascita di Amazon, quando il suo fondatore Jeff Bezos creò la società di sviluppo di tecnologie spaziali Blue Origin. Negli anni Blue Origin si è occupata di diversi aspetti, dalla produzione di lanciatori spaziali, ai voli suborbitali. Questa volta però l’obiettivo di Bezos è un altro: si chiama Project Kuiper e somiglia molto a quello del suo primo concorrente in campo spaziale, Elon Musk.
Negli ultimi mesi si è parlato molto delle costellazioni di satelliti Starlink della SpaceX e della rete OneWeb, soprattutto in relazione alla loro possibile interferenza con le osservazioni radioastronomiche e quelle degli amanti del cielo notturno. Anche l’Unione astronomica internazionale (Iau) si è scomodata pubblicando una nota dai toni piuttosto forti: «La Iau è preoccupata per queste costellazioni satellitari. L’organizzazione, in generale, abbraccia il principio di un cielo oscuro e radio-silenzioso, non solo essenziale per far progredire la nostra comprensione dell’universo di cui facciamo parte, ma anche come risorsa dell’umanità intera e per la protezione della fauna notturna.»
SpaceX ha già lanciato alcune centinaia di Starlink, con obiettivo finale di 42mila. OneWeb per ora è ferma a soli 74 satelliti, a causa anche di problemi economici. Lo scorso mese, la Federal Communications Commission (Fcc) ha approvato la richiesta di Bezos per il lancio dei 3236 satelliti che andranno a comporre la costellazione Kuiper. Insomma, nel prossimo futuro il cielo sarà decisamente più popolato di quanto è adesso.
Va detto che l’obiettivo di queste megacostellazioni di satelliti va a beneficio di tutti. Fornire connettività a banda larga, bassa latenza e alta velocità in tutto il mondo, anche nei luoghi in cui finora internet non è mai arrivato, non può che essere un progresso desiderabile, soprattutto per ridurre il cosiddetto digital divide, l’insieme di differenze di opportunità tra i luoghi e i contesti più o meno digitalizzati.
Fin dal primo lancio degli Starlink, nel maggio 2019, ci si è però resi conto della loro interferenza con l’oscurità del cielo, soprattutto nelle albe e nei tramonti dei giorni successivi al lancio. In quel momento, infatti, si trovano in un’orbita “di parcheggio” –prima di raggiungere la loro orbita finale – e riflettono maggiormente la luce solare. Non sarebbe un problema transitorio, perché gli Starlink vivono poco, devono essere sostituiti di continuo, per cui l’orbita di parcheggio sarebbe popolata molto spesso.
Inoltre, le costellazioni satellitari potrebbero causare problemi agli osservatori radioastronomici e a quei telescopi ottici che puntano a osservare ampie porzioni di cielo – come il Vera C. Rubin Observatory (Lsst), che dal 2023 scandaglierà l’intero cielo una volta ogni tre notti – e che avrebbero grosse difficoltà a evitare le interferenze di tali satelliti.
La costellazione Kuiper di Amazon avrà un numero di satelliti molto più contenuto rispetto a quelli previsti per Starlink, ma le loro orbite saranno tutte più alte, determinando un problema in più: un’orbita più alta significa anche che ci vuole più tempo affinché il satellite scompaia dietro l’orizzonte, riducendo quindi la finestra temporale in cui si può osservare il cielo senza la sua presenza.
SpaceX ha iniziato a sperimentare già a inizio giugno alcuni compromessi e alcune modifiche ai satelliti per ridurre il loro impatto sul cielo. Anche Amazon ha dichiarato di voler collaborare con gli astronomi, anche se i dettagli per ora non si conoscono, visto che la fase di progettazione è ancora lunga.
La Fcc, nel suo documento di autorizzazione, non trascura la problematica legata alla radioastronomia. I satelliti di Amazon non lavoreranno alle frequenze che sono previste per le osservazioni radioastronomiche né alle frequenze immediatamente adiacenti, ma le esigenze scientifiche – sottolinea il documento della Fcc – possono richiedere di osservare frequentemente al di fuori delle bande protette, e in particolare negli intervalli 17.7-18.6 GHz e 18.8-20.2 GHz. La Fcc raccomanda che Amazon tenga conto di questo fatto e contatti la National Science Foundation Spectrum Management Unit per coordinarsi con i siti radioastronomici, ma aggiunge che questa “non è una condizione per l’autorizzazione”.
Per saperne di più:
- Leggi l’Order and Authorization 20-102 dell’Fcc