Usando l’Atacama Pathfinder Experiment (Apex), un telescopio da 12 metri di diametro sensibile alle microonde, situato in Cile, nella regione di Atacama, a oltre cinquemila metri d’altezza, un team d’astrofisici guidato da Enrico Di Teodoro della Johns Hopkins University ha scoperto una misteriosa “perdita” di gas – gas denso e freddo – proveniente dal centro della Via Lattea. Il risultato è stato pubblicato questa settimana su Nature, e potrebbe avere, scrivono gli autori dell’articolo, “importanti conseguenze per il futuro della nostra galassia”.
Addirittura! Per una perdita di gas? Che conseguenze, dottor Di Teodoro?
«Le perdite di gas sono sempre pericolose, anche per una galassia come la Via Lattea. Questo gas freddo e denso che abbiamo visto è il tipo di materiale che le galassie utilizzano per formare le stelle. Se c’è una perdita importante di questo tipo gas, come abbiamo in effetti osservato, a un certo punto la nostra galassia potrebbe esaurire il carburante che le serve per far nascere nuove stelle. Questo potrebbe radicalmente cambiare le sue prospettive future, poiché la vita di una galassia che forma stelle è molto diversa dalla vita di una galassia che non ne forma più. Comunque, possiamo stare tranquilli: tutto questo non avverrà prima di qualche centinaia di milioni di anni, nel peggiore dei casi».
Ma di che gas stiamo parlando? Non metano, immagino…
«Quello che abbiamo osservato non è metano, ma quasi. Si tratta di un altro gas che tutti conosciamo e che temiamo in caso di “perdite”: il monossido di carbonio. Questo tipo di gas è particolarmente abbondante nelle regioni più gelide dell’Universo, dove le temperature sono intorno ai -200 gradi centigradi, ed è osservabile dalla Terra con moderni telescopi come Apex e il suo fratello maggiore, Alma. Il monossido di carbonio è in buona compagnia, nelle regioni fredde: altri gas comuni sono l’idrogeno molecolare, l’ammoniaca e probabilmente il metano stesso. Abbiamo in programma di andare a caccia di queste altre molecule per avere una visione completa della composizione chimica di questo gas freddo e delle sue proprietà fisiche».
Avete identificato l’origine della “perdita”? Da dove viene?
«Pensiamo che questo gas provenga dalle regioni centrali della Via Lattea e che venga spinto verso l’esterno da quello che è a tutti gli effetti un potentissimo “vento”. Il centro della nostra galassia è un posto estremamente interessante, con diversi processi che producono grandi quantità di energia: il buco nero supermassiccio di quattro milioni di masse solari al centro della galassia accresce materia e nel frattempo rilascia energia. Inoltre, in quelle regioni si formano molte stelle, e quelle più massicce esplodono in supernove in tempi relativamente brevi. Tutta la materia che si trova nelle regioni centrali viene quindi investita da questa enorme quantità di energia e il gas, essendo particolarmente “leggero”, è facile da spazzare via. È come se delle potenti bombe esplodessero di continuo, e il gas che noi stiamo osservando rappresenta frammenti della nostra stessa galassia che schizzano via come proiettili».
Non è la prima volta che viene scoperta una forte emissione dal centro della nostra galassia. Ci sono anche le bolle di Fermi, per esempio. Sono fenomeni collegati?
«Le “bolle di Fermi” sono due enormi lobi che si estendono per decine di migliaia di anni luce dal centro della nostra galassia, e che sono riempiti di gas estremamente caldo, con temperature di milioni di gradi centigradi. Come il nostro gas freddo, anche questo gas caldo sta scappando dalla nostra galassia, quindi è molto probabile che rappresentino due facce della stessa medaglia, ovvero che abbiano un’origine comune. Inoltre riteniamo, sebbene non ne abbiamo ancora la certezza, che il gas freddo e denso che abbiamo osservato viva addirittura all’interno delle bolle di Fermi [ndr: vedi il riquadro in basso nell’immagine qui a fianco]: questo è davvero sorprendente, tanto sorprendente quanto sarebbe il vedere dei cubetti di ghiaccio galleggiare nella lava di un vulcano!»
A proposito grandi spostamenti… com’è arrivato fare ricerca negli Stati Uniti, alla Johns Hopkins University?
«Il mio percorso è simile a quello di molti giovani scienziati italiani che si ritrovano a vagabondare per il mondo dopo gli studi in Italia. Subito dopo il mio dottorato, conseguito presso l’Università di Bologna, sono emigrato in Australia, dove ho lavorato per tre anni – un’esperienza che mi ha davvero arricchito come astrofisico e come essere umano. Da un anno a questa parte mi sono trasferito negli Stati Uniti, a Baltimora».
E ora?
«La mia speranza è di ritornare nel vecchio continente, prima o poi, portando con me il bagaglio delle esperienze acquisite all’estero, e di poter continuare il mio lavoro in qualche istituto di ricerca in Europa e, perché no, magari in Italia. Nel frattempo, i miei studi sul centro galattico continuano: abbiamo nuovi dati che arriveranno entro il prossimo anno e che ci aiuteranno a mettere insieme tutte le tessere del puzzle e a capire che cosa sta davvero accadendo nel centro della nostra galassia. Quindi, rimanete sintonizzati!»
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Cold gas in the Milky Way’s nuclear wind”, di Enrico M. Di Teodoro, N. M. McClure-Griffiths, Felix J. Lockman e Lucia Armillotta