Più di dieci anni fa, il Fermi Gamma Ray Space Telescope – satellite Nasa a forte partecipazione italiana con Asi, Infn e Inaf – ha rilevato un eccesso di fotoni gamma provenienti dal centro della Via Lattea rispetto a quanto atteso da precedenti modelli matematici. Il loro studio ha condotto molti fisici a credere che potesse trattarsi della possibile prova dell’annichilazione di particelle di materia oscura. Ora un nuovo lavoro condotto da un team guidato da ricercatori dell’Università della California, Irvine (Usa), i cui risultati sono riportati in un articolo pubblicato sulla rivista Physical Review D, esclude questa interpretazione.
Secondo gli scienziati, il surplus di raggi gamma rilevati non sarebbe il prodotto della distruzione – o annichilazione, in “fisichese” – di ‘particelle massive debolmente interagenti’, le cosiddette Weakly Interacting Massive Particle (Wimp), uno dei tipi di particelle che si ipotizza costituiscano la materia oscura, componente insieme all’energia oscura del 95 per cento dell’universo invisibile.
Per giungere a tale conclusione i ricercatori hanno rianalizzato i dati ottenuti dal Large Area Telescope (Lat) – lo strumento a bordo del satellite Fermi che ha rilevato i raggi gamma provenienti dal Centro Galattico – e successivamente eseguito una serie esaustiva di esercizi di modellazione delle emissioni dal centro galattico, grazie ai quali hanno potuto porre vincoli ancora più forti sulle proprietà della materia oscura.
«Abbiamo esaminato tutti i modelli delle emissioni che si verificano nel centro galattico, quelli che riguardano i gas molecolari, le emissioni stellari e di elettroni ad alta energia che disperdono fotoni a bassa energia», dice Oscar Macias, post-doc in fisica e astronomia presso l’Istituto Kavli per la Fisica e la Matematica dell’Universo dell’Università di Tokyo e co-autore della pubblicazione. «Ci sono voluti più di tre anni per mettere insieme tutti questi nuovi e migliori modelli ed esaminare le emissioni, ma abbiamo trovato che c’è poco spazio per la materia oscura».
«Per circa 40 anni , i fisici hanno ritenuto che il candidato principale per la materia oscura fosse una particella termica, debolmente interagente» aggiunge Kevork Abazajian, professore di fisica e astronomia all’Uci e primo autore dello studio. «Questo risultato per la prima volta esclude che tale candidato sia una particella di massa molto alta».
Manoj Kaplinghat, anch’egli professore di fisica e astronomia all’Uci e co-autore della pubblicazione, osserva: «In molti modelli, l’intervallo di masse di queste particelle varia da 10 a 1.000 volte quella di un protone, con le più massicce che in teoria hanno una probabilità minore di essere effettivamente particelle di materia oscura. In questo articolo, stiamo eliminando le particelle candidate la cui massa è al di sopra dell’intervallo, il che è un enorme miglioramento dei vincoli che poniamo alle possibilità che queste siano rappresentative della materia oscura».
A togliere ai raggi gamma il ruolo di “testimoni” della presenza di materia oscura nel centro galattico, oltre ai modelli di emissione ottenuti, c’è anche la morfologia del segnale. Secondo gli addetti ai lavori, le radiazioni provenienti dall’annichilazione della materia oscura dovrebbero produrre un segnale con una forma ordinata, sferica o ellittica, ma l’eccesso di raggi gamma rilevato dal telescopio spaziale Fermi si presenta invece come una struttura triassiale, simile a una barra.
«Se si osserva il centro galattico, si nota che le stelle sono distribuite in modo squadrato», dice Kaplinghat. «C’è un disco di stelle, e proprio al centro un rigonfiamento di circa 10 gradi nel cielo con una forma molto specifica, una specie di scatola asimmetrica: questa forma lascia pochissimo spazio alla presenza di ulteriore materia oscura».
A che cosa attribuire dunque l’eccesso di raggi gamma rilevati dal telescopio spaziale Fermi? Secondo gli scienziati potrebbe essere il prodotto di altri fenomeni astrofisici – come la formazione di stelle, la deflessione dei raggi cosmici dal gas molecolare, stelle di neutroni e le pulsar al millisecondo. «Ci sono molti candidati alternativi per la materia oscura là fuori» sottolinea Kaplinghat. «La loro ricerca sarà simile a una battuta di pesca in cui non sai dove si trovano i pesci».
Questo lavoro, concludono i ricercatori, non esclude l’esistenza di materia oscura nella Galassia. «Il nostro studio pone dei vincoli sul tipo di particella che potrebbe costituirla. Le numerose evidenze della presenza di materia oscura nella Galassia sono solide e non sono messe in discussione dal nostro lavoro».
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review D l’articolo “Strong constraints on thermal relic dark matter from Fermi-LAT observations of the Galactic Center” di Kevork N. Abazajian, Shunsaku Horiuchi, Manoj Kaplinghat, Ryan E. Keeley e Oscar Macias
- Leggi su Media Inaf l’articolo “I raggi gamma testimoni della materia oscura?”