La prima edizione del libro L’universo oscuro è uscita nel 2017. L’ho portata nello zaino per molto tempo, andando nelle classi a fare lezioni di fisica e astronomia. Ne rileggevo alcune parti, prima di entrare in aula, perché la chiarezza e il rigore con cui tratta temi difficili hanno aiutato anche me, a non dimenticare le cose essenziali da raccontare e il modo in cui farlo, per essere compresi anche dai più giovani. Un piccolo libro, che rappresenta una grande porta per affacciarsi all’universo oscuro, offrendo una guida consapevole del cosmo, di cui oggi si conosce ancora ben poco. L’autore, il bravissimo Andrea Cimatti dell’Università di Bologna, ne ha pubblicata ora una nuova versione, rivista e ampliata, e Media Inaf lo ha raggiunto per intervistarlo.
Perché ha scritto questo libro?
«Me lo hanno chiesto in tanti. La risposta è molteplice. Prima di tutto, sono convinto che la divulgazione sia un elemento essenziale da affiancare alle attività professionali di ricerca e didattica di uno scienziato. Inoltre, sono stato motivato dal fortissimo interesse verso l’astrofisica e la cosmologia che si accende nel pubblico generico ogni volta che queste tematiche vengono illustrate in maniera divulgativa. Infine, facendo il mestiere più bello del mondo (almeno secondo me), ho sempre avuto un leggero senso di colpa verso chi è stato meno fortunato di me. Ho quindi avvertito la necessità di uscire dalla mia privilegiata turris eburnea per spiegare quello che conosciamo dell’universo e il tanto che resta ancora da comprendere. Tutto ciò, unito al fatto che mi è sempre piaciuto scrivere, ha acceso la scintilla grazie alla quale il libro è stato scritto nell’estate del 2016, pubblicato nel 2017 da Carocci editore e poi riproposto con una nuova edizione molto rinnovata nel 2020».
Nella nuova edizione, sono state riportate nuove scoperte oppure ci sono approfondimenti dei temi già affrontati?
«Entrambe le cose. Uno dei nuovi argomenti inclusi nella nuova edizione non è proprio una scoperta che fornisce una risposta, ma è un insieme di risultati che apre nuove domande inaspettate. Mi sto riferendo alla cosiddetta “tensione della costante di Hubble“, cioè il disaccordo sul tasso con cui l’universo attuale si sta espandendo. Ci eravamo illusi di conoscere il suo valore con un’altissima precisione, migliore dell’1 percento (67.4 ± 0.5 km s-1 Mpc-1), ma recenti risultati ottenuti con metodi indipendenti indicano un valore discrepante di 74 ± 1.4 km s-1 Mpc-1. Sembra una piccola differenza, ma è in realtà un disaccordo molto stonato che potrebbe nascondere ripercussioni profonde e che ha fatto sorgere il dubbio (inquietante) se la fisica che conosciamo sia davvero in grado di descrivere l’evoluzione del cosmo in modo coerente. Questo nuovo mistero si aggiunge a quelli ancora del tutto irrisolti della materia oscura e dell’energia oscura, ingombranti protagonisti che costituiscono il 95 per cento dell’universo e che continuano a rappresentare il tema centrale intorno al quale il libro è stato sviluppato. Sono passati tre anni dalla prima edizione, ma della materia e dell’energia oscure ne sappiamo quanto prima, ovvero nulla o quasi. Questo le rende i più profondi misteri della fisica e della cosmologia, ma anche uno degli argomenti più appassionanti per i lettori curiosi di capire da dove è nata l’esigenza di introdurre queste componenti oscure, le loro indirette evidenze e gli esperimenti con cui gli scienziati cercano di svelare la loro natura».
«Ma la nuova edizione è stata arricchita anche da approfondimenti di argomenti che erano stati solo accennati nell’edizione precedente. Ad esempio, gli elusivi aloni di materia oscura, la struttura a grande scala dell’universo (la cosiddetta ragnatela cosmica che rappresenta una sorta di Dna in grado di aiutarci a decifrare il cosmo), l’origine e la natura dei buchi neri, le onde gravitazionali come nuovo mezzo d’indagine, la caccia “a tutto tondo” alla materia oscura e infine la gravità modificata come “ultima spiaggia” alternativa alla materia oscura. La struttura della prima edizione è stata conservata mantenendo alla fine di ogni capitolo un breve sommario (Ricapitolando) che aiuta a riassumere le informazioni più importanti. Inoltre, sono sempre presenti alcuni Interludi in cui vengono spiegati in modo semplice gli argomenti di fisica che sono essenziali per la comprensione delle problematiche trattate. Sono poi state aggiunte anche 15 figure a colori per meglio illustrare i nuovi argomenti trattati nel testo. Il tutto in un formato sempre tascabile e comodo da leggere».
Rimane, come la prima edizione, accessibile a un pubblico generico?
«Questo piccolo libro continua a rappresentare una mia sfida personale rivolta a descrivere l’universo cercando di spiegare (e non semplicemente raccontare) ciò che abbiamo compreso e quanto invece resta ancora avvolto nel mistero. Quindi è certamente ideato e scritto per essere del tutto accessibile a un pubblico generico e non esperto. Questa nuova edizione è stata concepita anche grazie alla motivazione che mi ha dato il Premio nazionale di divulgazione scientifica “Giancarlo Dosi” vinto nel 2017 nella categoria Scienze matematiche, fisiche e naturali. E un ruolo molto importante lo hanno rivestito i riscontri positivi che ho ricevuto dai tanti lettori della prima edizione e dal pubblico così numeroso che ha partecipato alle mie conferenze divulgative. Esistono tante persone che desiderano conoscere, esplorare, capire, stupirsi e sognare. Questo libro è pensato per loro».
Cosa ci possiamo aspettare dal prossimo decennio, in termini di scoperte scientifiche?
«Siamo all’inizio di un decennio che molto probabilmente rivoluzionerà le nostre conoscenze, e in cui nuove ricerche faranno luce sui grandi enigmi del cosmo. Noi “addetti ai lavori” siamo consapevoli di tutto ciò. Ma, per tornare alla prima domanda di questa intervista, dovremmo fare di tutto per rendere partecipe e aggiornata anche la società. Che cosa ci aspettiamo di scoprire? La lista delle aspettative è lunga, ma in cima ci sono sicuramente materia oscura ed energia oscura. Riguardo alla prima, in caso sia composta da particelle pesanti chiamate Wimp, è probabile che nuovi esperimenti registreranno finalmente le collisioni attese con i nuclei atomici di materia ordinaria sfruttati come bersagli. Una seconda possibilità è che vengano osservate le interazioni con i campi magnetici che alcune teorie prevedono nel caso di materia oscura composta da particelle molto più leggere chiamate assioni. Inoltre, si tenterà di rivelare la radiazione gamma o X, oppure le particelle di antimateria che potrebbero essere emesse dalla materia oscura in alcuni processi fisici ipotizzati teoricamente. Invece, per fare luce sull’energia oscura, una nuova generazione di telescopi spaziali (Euclid in primis) e terrestri ricostruiranno l’evoluzione della “ragnatela cosmica” per sfruttarla come un immenso laboratorio di cosmologia adatto anche a verificare la validità della Relatività generale sulle più grandi scale spazio-temporali dell’universo».
È disorientante, per chi studia l’universo come lei, la consapevolezza che, nonostante tutto quello che si sta facendo per conoscerlo, l’universo sia in gran parte oscuro?
«Come dicevo, la nostra attuale conoscenza (o ignoranza?) del cosmo ha dei tratti paradossali. Da un lato, il modello cosmologico “Big Bang + ΛCdm” sembra funzionare piuttosto bene e riesce a descrivere correttamente la maggior parte dei risultati ottenuti con le osservazioni. Dall’altra, tutto questo funziona se si invoca la presenza di materia ed energia oscure che contribuiscono al budget totale di materia-energia cosmica rispettivamente con circa il 26 per cento e il 69 per cento. Questo significa che il 95 per cento del cosmo è costituito da componenti oscure che pensiamo che esistano, ma non sappiamo che cosa siano. È quindi molto disorientante realizzare che ciò che possiamo studiare direttamente sia limitato a quel piccolo 5 per cento che corrisponde alla materia ordinaria in grado di emettere o assorbire la luce, e che consente quindi le osservazioni con i telescopi. Posso fare un esempio di quello che chiamiamo “disorientamento”. La materia oscura è stata scoperta circa novant’anni fa. Da allora, l’avanzamento della nostra conoscenza al riguardo è stato molto ridotto, e ad oggi non abbiamo idea di che cosa essa sia, pur essendo costretti ad ammettere la sua esistenza sulla base di numerose prove indirette. Attenzione però: costretti da chi? Costretti dalle leggi della fisica di Newton e Einstein che studiamo a scuola e all’università. Se applichiamo queste leggi, allora l’esistenza della materia oscura diventa inevitabile per spiegare tanti fenomeni astrofisici e cosmologici. Ma se queste leggi fossero incomplete e non valessero sulle scale delle galassie e della ragnatela cosmica? La natura della materia oscura, ancora così elusiva dopo novant’anni, ha spinto quindi la comunità scientifica a ipotizzare forme di gravità modificate rispetto a quella di Newton e di Einstein. In alcuni di questi scenari, la materia oscura non esisterebbe affatto e sarebbe solo un’illusione creata dall’uso di leggi fisiche inappropriate sulle grandi scale spazio-temporali del cosmo. Insomma, direi che tutto questo è davvero molto disorientante! C’è ancora tantissimo da scoprire e comprendere, e questo è il bello della ricerca scientifica».
Lei è uno dei fondatori di Euclid che, nel giugno di quest’anno, ha visto i due strumenti Vis e Nisp completati e consegnati per essere integrati con il telescopio e successivamente, con il resto del satellite. La partenza è prevista nel 2022, giusto? Il problema del grism di Nisp è stato risolto?
«In effetti sono uno dei fondatori della missione spaziale Esa Euclid le cui fondamenta sono state concepite nel lontano 2007 e che sarà lanciata nel 2022. Sono passati 13 anni di “croce e delizia” (forse più croce che delizia…), ma l’appagamento di vedere l’avvicinarsi del lancio supera abbondantemente le difficoltà affrontate dalla gestazione ad oggi. L’altra soddisfazione, forse ancora maggiore, è mettere a fuoco tutto ciò che è cresciuto intorno a questa missione in Italia, dalla scienza, alla tecnologia e all’informatica. E soprattutto quanto Euclid sia stata importante per la formazione e lo sviluppo professionale di molti giovani scienziati lungo l’intera “filiera” che parte dai laureandi e arriva ai professionisti. Tutto questo, lo dico senza retorica, è avvenuto grazie a un gioco di squadra a tutti i livelli. Un gioco talvolta estenuante e anche molto duro, ma che alla fine ha posto l’Italia in una condizione di altissima competitività internazionale, pronta a sfruttare al meglio i dati che Euclid produrrà. Assistere alla consegna di Vis e Nisp, essere testimone della loro trasformazione da disegni a strumenti concreti, è stata una immensa soddisfazione. E, ancora una volta, bisogna complimentarsi con i gruppi che questi strumenti li hanno effettivamente sviluppati, completati e portati alla consegna finale. Da quanto ho detto, si può quindi dedurre che il problema del grism di Nisp sia stato risolto, non tanto dal punto di vista tecnologico (aprire e smontare lo strumento sarebbe stato troppo rischioso), ma quanto dal punto di vista di una nuova strategia delle osservazioni che permetterà di compensare il problema in modo soddisfacente consentendo così agli scienziati di misurare i redshift spettroscopici di decine di milioni di galassie per la ricostruzione tridimensionale della ragnatela cosmica».
Ci possiamo aspettare una nuova edizione del libro quando Euclid rivelerà altri segreti dell’universo oscuro?
«Lo spero proprio. Euclid effettuerà la sua campagna osservativa per almeno 6 anni, ma ci sarà sicuramente occasione di ottenere risultati parziali di grande impatto ben prima del termine nominale della missione. Quindi mi aspetto non una, ma più edizioni del mio piccolo libro. Sempre mantenendo il suo taglio rigoroso, ma rivolto ai lettori curiosi e non necessariamente esperti di astrofisica e cosmologia».