Il 14 settembre è uscita sui giornali di tutto il mondo la notizia che nelle acide nubi di Venere è stata scoperta la presenza di una rara molecola, la fosfina, la cui origine potrebbe essere dovuta a microbi extraterrestri. A distanza di una mese, il 15 ottobre 2020, BepiColombo – nel suo lungo viaggio verso Mercurio – si troverà a 10mila chilometri da quelle nubi. Ovviamente, farà tutto il possibile per andare a caccia della stessa sostanza che ci sta facendo sperare di non essere soli nel Sistema solare. Cosa potrà fare per trovarla? Quali strumenti userà? C’è qualche speranza che la riesca a rilevare? Media Inaf lo ha chiesto a Valeria Mangano, ricercatrice all’Inaf Iaps di Roma e chair del Working Group di Venere per BepiColombo.
Ci avviciniamo al momento in cui BebiColombo farà il suo primo flyby a Venere. Il suo è un viaggio molto lungo, sebbene la sua destinazione non sia così lontana, e ricco di flyby. Ci spiega di cosa di tratta?
«BepiColombo è una missione congiunta Esa – Jaxa costituita da due satelliti distinti che, giunti a Mercurio, orbiteranno poi su due diverse orbite per studiare superficie, interno ed esosfera del pianeta (il primo satellite), e la sua magnetosfera (il secondo). È stata lanciata lo scorso 20 Ottobre 2018 da Kourou, in Guyana Francese. La cruise di Bepi durerà più di 7 anni e include una serie di flyby – ossia una manovra di correzione orbitale per sfruttare la gravità del pianeta al fine di guadagnare o perdere velocità e ottimizzare la traiettoria a proprio vantaggio. In particolare, ce né stato uno lo scorso 10 aprile alla Terra, che ha inserito BepiColombo verso una traiettoria più interna. I prossimi flyby saranno i due a Venere: il primo avverrà il 15 ottobre prossimo e il successivo intorno al 10 agosto 2021. Da ottobre del 2021 (quindi a circa un anno, da ora) cominceranno invece i flyby a Mercurio (sei in totale). Si comincerà allora a fare la scienza per cui gli strumenti di BepiColombo sono stati pensati e costruiti, limitatamente al fatto che la missione sarà ancora “impacchettata”, visto che i satelliti sono due e, durante tutto il viaggio, resteranno attaccati fra di loro e con il modulo di trasferimento e il sunshield nella configurazione di lancio. Solo successivamente, quando arriveranno a destinazione, verranno aperti e messi ciascuno nelle loro orbite finali».
Quindi, ora che sono in viaggio, non si possono usare?
«Per quel che dicevo prima, il payload che può operare durante il viaggio è limitato. E originariamente l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) non aveva previsto nessuna operazione durante il viaggio, se non i controlli periodici della strumentazione (che sono di routine); successivamente però Esa ha aperto sia ai flyby a Venere, che a quelli a Mercurio, che alla possibilità di effetturare studi di mezzo interplanetario, vento solare ed eliosfera in generale, durante le fasi pure di cruise lontane dai pianeti».
E su Venere cosa pensate di fare, già il mese prossimo?
«Venere è stato il primo oggetto per cui abbiamo pensato che fosse importante accendere gli strumenti anche durante la cruise. Nell’ambito del team di BepiColombo, si parla di fare misure a Venere ormai da qualche anno. Il planning delle operazioni degli strumenti che opereranno durante il flyby del 15 ottobre è stato definito dettagliatamente negli scorsi mesi. Alcuni strumenti avranno bisogno di un puntamento specifico, che richiede cambi di assetto del satellite; altri invece possono operare senza problemi durante tutto il flyby (come ad esempio il magnetometro). Ci sono due punti importanti sui quali possiamo fare delle misure: uno è quello dell’atmosfera di Venere e l’altro è quello dell’ambiente circumplanetario, che include la parte più esterna dell’atmosfera: l’esosfera, la ionosfera – che è la parte dell’atmosfera che viene ionizzata – e tutti i processi di interazione del vento solare con l’atmosfera planetaria. Ricordo che Venere non ha un suo campo magnetico intrinseco ma un campo magnetico indotto dall’interazione del vento solare con l’atmosfera che genera la ionosfera, e sebbene abbia forma simile a quella del campo magnetico terrestre, ha dimensioni e dinamiche un po’ diverse, che sarà molto interessante osservare».
A che distanza arriverà la sonda da Venere?
«Durante il flyby a Venere del 15 ottobre, BepiColombo arriverà a una distanza minima di poco più di 10mila chilometri. Avvicinerà il pianeta dal lato giorno, per poi passare su un fianco, sul terminatore ‘tramonto’ e attraversare il bow shock ed entrare nella magnetosfera. L’estensione della magnetosfera di Venere al momento del passaggio dipende da quale sarà lo stato del vento solare in quel momento in termini di velocità e densità. Per gli strumenti che misurano le particelle ionizzate che popolano la magnetosfera, le misure potranno quindi protrarsi anche oltre 3 giorni il Cs (Closest Approach, il momento di massimo avvicinamento), per assicurarsi di misurare anche il momento di uscita dalla magnetosfera».
Avete pianificato nuove osservazioni dopo l’annuncio della scoperta della fosfina?
«In realtà no, non abbiamo introdotto nuove osservazioni in funzione della recente scoperta, perché non più possibile e in parte anche non necessario. Ma ne abbiamo parlato moltissimo, ovviamente. E ci siamo accorti che forse… sì, possiamo davvero osservarla!».
Con che strumenti la osserverete?
«Durante la cruise operareranno due spettrometri: Mertis (acronimo di Mercury Radiometer and Thermal Imaging Spectrometer) e Phebus (Probing of Hermean Exosphere by Ultraviolet Spectroscopy) che opereranno dall’infrarosso all’ultravioletto. I team di entrambi questi strumenti hanno un solido background scientifico riguardo Venere poiché hanno lavorato per molti anni anche su Venus Express. E non so se sia stato un caso oppure no, ma entrambi gli strumenti risultano particolarmente adatti a studiare anche l’atmosfera di Venere, anche se – come il resto degli strumenti a bordo di BepiColombo – sono nati per osservare un ambiente molto diverso, come quello di Mercurio. Mertis opererà con due canali diversi (rispettivamente negli intervalli 7-14 e 7-40 micron), e intorno ai 10 micron ricadono alcune righe della fosfina. Il punto è capire se l’abbondanza di fosfina è tale da poter essere rilevata dalla sensibilità degli strumenti».
Non sono ancora sicuri di riuscire a rilevarle?
«I calcoli teorici ci dicono che siamo davvero al limite della possibilità di misura, e dunque la prova definitiva verrà solo dalla misurazione reale di Mertis del prossimo 15 ottobre. Misure che erano già previste, ma che ovviamente ora verranno analizzate con molta più attenzione alla ricerca delle righe della fosfina. Una nuova detection sarà sicuramente utile non solo a confermarne ulteriormente l’esistenza, ma anche a capirne meglio intensità e, si spera, anche la distribuzione spaziale nell’atmosfera di Venere».
Durante i flyby ci saranno altri ricercatori, con altri strumenti, che osserveranno l’atmosfera di Venere?
«Per questo flyby ci sarà un coordinamento molto forte con la missione Akatsuki della Jaxa, ora in orbita a Venere (e si spera anche per il prossimo, se sarà ancora operativa l’anno prossimo), con Hisaki (il telescopio giapponese in orbita terrestre) e con molti ricercatori dediti allo studio dell’atmosfera di Venere che stanno osservando il pianeta con diversi telescopi, in Cile, alle Canarie, etc. Tutti questi strumenti osserveranno l’atmosfera di Venere in concomitanza con i flyby, e anzi già hanno iniziato a farlo a partire da Agosto scorso. Essi sono principalmente dedicati allo studio dei venti e dell’albedo globale di Venere (la misura dell’albedo, e in particolare di come varia, può aiutare a dare informazione sull’unknown UV-absorber, un componente ancora sconosciuto dell’atmosfera di Venere che appunto provoca un forte assorbimento nell’Uv). Il coordinamento con Mertis e Phebus sta fornendo uno studio quanto più completo della dinamica dell’atmosfera di Venere».
Siamo tutti molto curiosi: che tempi possiamo aspettarci per il completamento dell’analisi dei dati?
«I tempi sono difficili da dire perché dipendono da molti fattori. Quello che posso dire è che i team sono pronti ad analizzare i dati in tempi assai rapidi (ad esempio per il flyby alla Terra dello scorso 10 aprile, i dati sono stati scaricati in tempo reale e analizzati praticamente subito). Ma una analisi attenta richiede ovviamente tempi un po’ più lunghi per fare tutte le verifiche necessarie. Poi naturalmente la nostra voglia di avere e analizzare subito le misure fatte deve fare i conti con i limiti al data downlink dovuti dalle distanze sonda-Terra che aumentano e riducono la capacità di poter mandare subito a Terra i dati appena presi. Nei periodi in cui il data downlink si riduce molto, c’è una priorità su quello che viene scaricato. Ovviamente, data la notizia della fosfina su Venere, credo che i dati di Mertis avranno un’alta priorità. E mi aspetto che i colleghi saranno molto veloci ad analizzarli. Da lì ad avere una pubblicazione vera però i tempi si allungano sicuramente, ma credo che sapremo presto se la fosfina è stata vista anche da BepiColombo. Di sicuro è una coincidenza troppo importante per non tentare!».