Con il suo enorme sistema di anelli ghiacciati, Saturno è sin dai tempi antichi uno dei pianeti più studiati del Sistema solare. Ciò nonostante, nasconde ancora molti misteri, vuoi per la distanza, che ne rende difficile l’osservazione diretta, vuoi per la composizione dell’atmosfera, principalmente costituita da idrogeno ed elio, molto diversa dalla nostra.
Uno dei misteri ancora irrisolti riguarda la famosa tempesta a forma di esagono che il gigante possiede al Polo Nord: un vortice a sei facce che si estende per oltre 30mila chilometri, con venti che soffiano al suo interno fino 482 chilometri orari.
Un vero e proprio uragano extraterrestre, che sin dalla sua scoperta, avvenuta negli anni ’80 grazie ai della sonda Voyager, ha affascinato gli scienziati planetari di tutto il mondo.
Tra questi ci sono il professore Jeremy Bloxham e il ricercatore Rakesh K.Yadav, entrambi del dipartimento di scienze planetarie e della Terra della Harvard University di Cambridge. Due cacciatori di tempeste interplanetarie firmatari di un recente articolo pubblicato su Pnas, nel quale descrivono un nuovo meccanismo di formazione che riguarda proprio il ciclone a sei lati più famoso del Sistema solare.
«Vediamo regolarmente tempeste sulla Terra, e sono sempre a spirale, a volte circolari, ma mai con forme esagonali o poligonali», sottolinea Yadav. «Questo è davvero sorprendente e completamente inaspettato. La domanda è: come si è formato un sistema così grande e come può essere rimasto invariato fin’ora?»
I modelli di circolazione atmosferica in 3D sviluppati dai ricercatori potrebbero aver trovato una risposta. I risultati delle simulazioni suggeriscono che alla base della formazione della maestosa tempesta saturniana vi sia la convezione termica profonda: un fenomeno che, similmente a quanto accede sulla Terra, si verifica quando masse d’aria più calde, spinte dalla circolazione atmosferica, si muovono dall’interno verso zone più fredde del pianeta. Questi movimento creano su Saturno piccoli cicloni polari verticali e un sistema di grandi correnti a getto orizzontali che soffiano da est, vicino al Polo Nord.
L’interazione nelle parti alte dell’atmosfera di questi cicloni con le correnti a getto orizzontali, confina quest’ultime tempeste al Polo Nord, creando la super tempesta dalla bizzarra forma poligonale che tutti conosciamo.
«Immagina di avere un elastico – il sistema di correnti a getto – e di mettere un gruppo di elastici più piccoli – i cicloni – intorno a esso, che schiacciano l’intero oggetto dall’esterno: l’anello centrale sarà compresso di qualche centimetro e formerà qualche strana forma con un certo numero di lati: la fisica di ciò che sta accadendo è fondamentalmente questa» spiega il ricercatore. «Abbiamo queste tempeste più piccole che stanno costringendo le tempeste più grandi nella regione polare, in questo modo finiscono per creare questa forma poligonale».
Il modello creato dai ricercatori, che simula ciò che avviene negli strati esterni del pianeta, coprendo circa il 10 percento del suo raggio, suggerisce inoltre che la tempesta sia profonda migliaia di chilometri al di sotto del limite superiore dell’atmosfera del pianeta. Proprio questa profondità, e il fatto che le tempeste progenitrici si formino anch’esse internamente al pianeta, è, secondo gli scienziati, la spiegazione della furia e della persistenza per tutto questo tempo del grande esagono di Saturno.
«Il pattern esagonale della tempesta di Saturno è un esempio lampante di una turbolenta auto-organizzazione», aggiungono i ricercatori. «Il nostro modello ha prodotto simultaneamente e in modo auto-coerente getti zonali alternati, cicloni polari e la struttura poligonale simile a un esagono osservata su Saturno».
Ciò che il modello degli scienziati non ha prodotto, tuttavia, è l’esatta forma a sei lati del vortice. Quella che i ricercatori hanno ottenuto è infatti un ennagono, un poligono a nove lati. Ma poco importa, dicono i ricercatori, la forma ottenuta e il meccanismo di formazione suggerito dal modello spiegano bene sia come la maestosa tempesta si è formata, sia il perché è rimasta relativamente invariata per quasi 40 anni.
I due studiosi sperano che il loro studio possa aiutare a dipingere un ritratto più completo dell’attività generale del gigante ghiacciato. «Da un punto di vista scientifico, l’atmosfera è davvero importante nel determinare quanto velocemente un pianeta si raffreddi. Tutti questi vortici che vediamo sulla sua superficie sono fondamentalmente manifestazioni di un pianeta che si sta raffreddando, e un pianeta che si raffredda ci dice molto su cosa sta succedendo al suo interno» conclude Yadav. «Queste motivazioni scientifiche sono alla base per capire come Saturno è diventato il pianeta che è, e qual è la sua evoluzione nel tempo».
Per saperne di più:
- Leggi su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America l’articolo “Deep rotating convection generates the polar hexagon on Saturn” di e