I molti milioni di corpi che popolano la fascia di Kuiper oltre l’orbita di Nettuno devono ancora rivelare molti dei loro segreti. Le prime sonde a passare da quelle parti sono state, negli anni ’80, le sonde spaziali Pioneer 1 e 2 e Voyager 1 e 2. Circa un ventennio dopo è toccato alla sonda della Nasa New Horizons , che ha inviato alla Terra le prime immagini da questa remota regione del sistema solare: nell’estate del 2015 del pianeta nano Plutone e tre anni e mezzo dopo dell’oggetto transnettuniano più lontano dal Sole che sia mai stato visitato e ripreso da una sonda spaziale: 486958 Arrokoth.
Qui su Media Inaf gli articoli che parlano di questo primitivo corpo celeste e che ripercorrono le principali tappe della sua esplorazione sono diversi. Si tratta di corpo primordiale del Sistema solare scoperto il 26 giugno 2014 dal telescopio spaziale Hubble, lungo 36 chilometri e composto da due planetesimi di 21 e 15 chilometri di diametro, denominati “Ultima” e “Thule” – rispettivamente il lobo inferiore e superiore, uniti lungo i loro assi principali a livello del “collo”, da cui la classificazione di asteroide binario a contatto. Proprio questa forma bilobata, nei giorni successivi al sorvolo di New Horizon, ha fatto scattare in tutto il mondo il toto-soprannomi: c’è chi l’ha chiamato pupazzo di neve, chi scamorza spaziale, chi nocciolina, ecc. Ma a parte la forma, quello che più stupisce di Arrokoth è la silhouette dei due lobi, sorprendentemente piatta – quello più grande molto più del piccolo: non c’è nessun altro corpo celeste conosciuto che abbia una forma simile. La domanda è: l’asteroide aveva già questo aspetto quando è stato creato? O la sua forma si è sviluppata gradualmente?
Un nuovo studio guidato da un team di scienziati dell’Accademia Cinese delle scienze (Cas) e dal Max Planck Institute for Solar System Research (Mps) ha cercato di rispondere a questa domanda mediante sofisticate simulazioni effettuate utilizzando il codice chiamato Monet, un modello per studiare l’evoluzione della forma tenendo conto dell’influenza che parametri chiave quali asse di rotazione e orbite hanno sulla perdita di massa di un corpo celeste.
I risultati ottenuti dallo studio, pubblicati di recente su Nature Astronomy, sono consistenti con la seconda delle possibilità, e cioè che Arrokoth avesse all’inizio una forma ordinaria “paffutella”, formatasi 4.6 miliardi di anni fa dalla condensazione di particelle della stessa nebulosa primordiale che ha formato gli altri del Sistema solare.
Le particelle di questa nube si sarebbero successivamente agglomerate a formare corpi sempre più grandi, due dei quali, uno sferico e uno oblato – cioè panciuto all’equatore – scontrandosi avrebbero prodotto l’asteroide. La forma appiattita sarebbe infine stata acquisita – e qui veniamo al dunque – nell’arco di milioni di anni per sublimazione dei grani condensati, un processo iniziato quando la nebulosa in quella regione di spazio si è diradata, permettendo a quel punto ai raggi solari di aumentare le fredde temperature presenti e di far sublimare Arrokoth.
La sua strana forma sarebbe quindi il naturale risultato di un processo di perdita di massa per degassamento dei composti volatili che lo costituivano, al quale però vanno aggiunti, spiegano i ricercatori, una combinazione favorevole di caratteristiche intrinseche dell’oggetto quali la particolare inclinazione assiale e la piccola eccentricità orbitale del corpo celeste, con conseguente erosione quasi simmetrica tra gli emisferi nord e sud. Caratteristiche, queste, che spiegano il perché il corpo celeste si è appiattito e non accorciato o rimpicciolito.
«Affinché un corpo cambi la sua forma in modo così estremo come Arrokoth, il suo asse di rotazione deve essere orientato in modo particolare» spiega Ladislav Rezac, scienziato del Max Planck Institute e co-autore dell’articolo. A differenza dell’asse di rotazione terrestre, quello di Arrokoth è infatti quasi parallelo al piano orbitale. Durante i suoi 298 anni di orbita attorno al Sole, una regione polare di Arrokoth (un lato della scamorza, per intenderci) è rivolta per quasi la metà del tempo verso la nostra stella, mentre l’altra è rivolta verso la parte opposta. Le regioni all’equatore e alle latitudini inferiori sono dominate invece da variazioni diurne durante tutto l’anno. «Questo» aggiunge la professoressa Yuhui Zhao dell’Accademia Cinese delle Scienze e prima autrice della pubblicazione «fa sì che i poli si riscaldino maggiormente, in questo modo i gas fuoriescono da queste regioni in modo più efficiente, con conseguente forte perdita di massa».
Una perdita di massa che molto probabilmente è iniziata presto nella storia evolutiva di Arrokoth ed è proceduta piuttosto rapidamente su una scala temporale che i risultati suggeriscono vada da circa uno a cento milioni di anni dalla sua formazione.
La domanda a questo punto è: potrebbero esistere altri corpi dalla bizzarra forma di Arrokoth? La risposta di Rezac è secca: «Quanti di questi corpi a forma di ‘pupazzo di neve appiattito’ si trovano nella fascia di Kuiper dipende principalmente dalla probabilità che un corpo abbia un’inclinazione dell’asse di rotazione simile a quella di Arrokoth e dalla quantità di ghiacci super volatili presenti vicino alla superfice».
Dunque, non è certo che esistano corpi simili ad Arrokoth; quel che è certo però è che per mantenere la sua silhouette non ha dovuto faticare in palestra.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Sublimation as an effective mechanism for flattened lobes of (486958) Arrokoth” di Zhao, L. Rezac, Y. Skorov, S. C. Hu, N. H. Samarasinha & J.-Y. Li