In geofisica con magnetismo crostale ci si riferisce al campo magnetico presente nella crosta e nella parte superiore del mantello di un corpo celeste, dove la temperatura è tale da permettere la magnetizzazione di composti ferromagnetici. Tra i corpi a possedere una crosta magnetica c’è il nostro satellite naturale. L’origine di queste forti anomalie magnetiche – studiate sui campioni delle missioni Apollo e mappate per la prima volta negli anni ’90 dalla sonda Lunar Prospector – non è tuttavia chiaro.
Le possibili spiegazioni proposte dagli scienziati sono due: una ritiene che questa magnetizzazione superficiale sia un residuo della rapida rotazione del nucleo del nostro satellite, ovvero un residuo dell’attività della geodinamo lunare che una volta la Luna possedeva; l’altra chiama in causa il bombardamento meteorico responsabile della creazione di quelli che oggi osserviamo sulla superficie come chiazze scure, i maria. Un nuovo studio condotto da un gruppo internazionale di astronomi ha ora ottenuto risultati che confutano quest’ultima teoria, avvalorando la prima.
Il team di ricerca guidato da Rona Oran, ricercatrice al Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Atmosfera e Planetarie (Eaps) del Massachusetts Institute of Technology (Mit), sfruttando gli ultimi sviluppi scientifici in termini di codici numerici e potenza di calcolo, ha effettuato sofisticate simulazioni magnetoidrodinamiche e di impatto, grazie alle quali è riuscito a testare il ruolo giocato dai plasmi di materia ionizzata generati dagli impatti meteorici verificatisi circa 4 miliardi di anni fa sulla Luna. «La nostra ricerca è uno studio numerico approfondito che sfida questa seconda teoria, che abbiamo essenzialmente smentito» spiega Katarina Miljkovic, ricercatrice del Curtin Space Science and Technology Centre della Curtin University e co-autrice dello studio pubblicato su Science Advances. «Abbiamo calcolato la massa e l’energia termica del vapore emesso durante questi impatti, che sono stati poi utilizzati come input per ulteriori calcoli e indagini sul comportamento del campo magnetico sulla Luna a seguito di questi grandi eventi di impatto».
I risultati ottenuti dai ricercatori suggeriscono che, sebbene i plasmi prodotti dagli impatti possano aver aumentato temporaneamente il campo magnetico superficiale della Luna, la forza dei campi risultanti era almeno tre ordini di grandezza inferiore a quella che sarebbe stata necessaria per spiegare le anomalie magnetiche rilevate. «Questa scoperta ci porta a concludere che una dinamo nucleare è stata l’unica fonte plausibile della magnetizzazione della crosta lunare» sottolinea Miljkovic.
Secondo lo studio, che potrebbe ora avere importanti implicazioni per determinare cosa abbia magnetizzato altri oggetti nel Sistema solare, la magnetizzazione della Luna è dunque avvenuta all’inizio della sua storia, quando la sua geodinamo era ancora in funzione. «In aggiunta alla Luna, Mercurio, alcuni meteoriti e altri piccoli corpi planetari hanno tutti una crosta magnetica» conclude Oran. «Forse, meccanismi dinamo equivalenti, come quelli che ora crediamo siano stati in funzione sulla Luna, avrebbero potuto essere attivi anche su questi oggetti».
Per saperne di più:
- Leggi su Science Advances l’articolo “Was the moon magnetized by impact plasmas?” di Rona Oran, Benjamin P. Weiss, Yuri Shprits, Katarina Miljković e Gábor Tóth