È una spirale barrata come la Via Lattea ma con un diametro doppio rispetto a questa, si trova in compagnia di altre galassie nell’ammasso della Fornace – uno dei due ammassi di galassie a meno di 100 milioni di anni luce – e sta attivamente formando stelle – cosa nient’affatto scontata dato l’ambiente in cui si trova.
Ma guardiamola un po’ più da vicino, questa galassia. Il suo nome d’archivio è Ngc 1365, ma è nota anche come ‘La Grande galassia a spirale barrata’ – tanto è rappresentativa della categoria. In codice, la categoria cui appartiene ha la sigla ‘SBb’: la prima S sta per ‘spirale’ – tipo morfologico primario – la B maiuscola indica la sottoclasse morfologica e rende conto del fatto che il bulge – lo sferoide di stelle centrale – è mediamente prominente rispetto all’estensione totale della struttura visibile – e composta da bulge e disco – e infine la b minuscola notifica il fatto che la galassia è dotata di una barra – una struttura stellare che parte dal nucleo e si estende lateralmente come una vera e propria barra, e dalla quale si dipartono i bracci di spirale. Nelle galassie a spirale non barrate, i bracci di spirale sono invece connessi direttamente al nucleo.
Ngc 1365 dista da noi circa 60 milioni di anni luce, il che significa che la luce che vediamo qui immortalata ha cominciato il suo viaggio verso i nostri telescopi appena sei milioni di anni dopo l’estinzione dei dinosauri sulla Terra, nell’epoca preistorica nota come Paleocene – quando iniziavano a comparire sulla Terra i primi primati e si svolgeva la principale fase collisionale fra la placca africana e quella europea che portò alla formazione delle Alpi.
Ma torniamo all’immagine. Si tratta di un vero mosaico di immagini riprese in diversi colori dal telescopio spaziale Hubble nell’ambito del programma osservativo Phangs-Hst. Le immagini monocromatiche sovrapposte sono, per la precisione, cinque, e corrispondono ai cinque filtri di Hubble che spaziano dalle lunghezze d’onda dell’ultravioletto (275 nm) a quelle del rosso (814 nm). La combinazione di questi cinque filtri consente di evidenziare contemporaneamente stelle appena nate e giovani – in blu – e regioni in cui si concentra la polvere – in tonalità arancio mattone – e che fungono da vero e proprio vivaio per nuove protostelle durante le prime fasi di formazione. Un maestoso arco di giovani stelle incornicia l’immagine a sinistra, interrotto qua e là da infiltrazioni di polvere cosmica – la polvere, si sa, si infila dappertutto – mentre quest’ultima domina sulle stelle nella parte centrale, illuminata di una luce più calda.
Questa galassia è una fra le più brillanti dell’ammasso in cui risiede, e pure una delle più attive nella formazione di nuove stelle. Gli ammassi di galassie sono noti per ospitare galassie prevalentemente passive e per incentivare processi fisici che portano verso il cosiddetto quenching – il momento in cui una galassia smette di generare nuove stelle – privandole, ad esempio, del serbatoio di gas che funge da materia prima nel collasso gravitazionale che porta alla loro formazione. Ngc 1365 invece, secondo vari studi di letteratura, formerebbe l’equivalente di 15 soli ogni anno in massa stellare, sia nella zona centrale sia nei bracci, un tasso circa cinque volte superiore a quello medio della Via Lattea.