NEGLI ULTIMI OTTO MILIARDI DI ANNI, DA 700MILA A DUE MILIONI DI GRADI

Mentre l’universo si raffredda, il gas si scalda

La temperatura media dell’universo, quella delle grandi strutture nelle quali risiedono le stelle e le galassie che osserviamo, è cresciuta nel tempo – così come è cresciuta l’aggregazione gerarchica delle strutture stesse. Lo dimostra uno studio pubblicato su ApJ che ha correlato i dati del satellite Planck, della missione Iras e della survey Sdss per misurare la temperatura del gas nelle grandi strutture dell’universo attraverso un fenomeno di interazione fra questo e i fotoni della radiazione cosmica di fondo noto come “effetto Sunyaev-Zel'dovich”

     17/11/2020

Simulazione al computer dell’evoluzione della struttura su larga scala (in basso) e della temperatura (in alto) dell’universo. Il tempo scorre da sinistra verso destra e il pannello più a destra che mostra l’epoca attuale. Crediti: D. Nelson/Illustris Collaboration.

La storia dell’universo è quella di una continua espansione – negli ultimi tempi, a voler essere precisi, persino accelerata. Testimone prima di questa espansione è la radiazione cosmica di fondo, generatasi circa 380mila anni dopo il Big Bang, praticamente agli albori del cosmo. La radiazione cosmica di fondo (o cosmic microwave background, Cmb) ci racconta questa espansione attraverso la sua temperatura e la sua – quasi perfetta – omogeneità. Nel primo caso, per effetto dell’espansione, la sua temperatura iniziale di 3000 K – la temperatura di corpo nero corrispondente al picco della planckiana, in gergo astrofisico – è diminuita fino ai circa 2.7 K che misuriamo ora. Nel secondo caso, piccole disomogeneità presenti in questa primordiale radiazione si sono amplificate nel tempo dando origine alle strutture cosmiche che popolano ora l’universo – la cosiddetta struttura su larga scala.

Tornando per un secondo a quei famosi 2.7 K, è questa la temperatura dell’universo a cui di solito si fa riferimento. Ma non di soli fotoni è fatto l’universo: materia oscura a parte, ci sono anche atomi e molecole. Nell’universo primordiale e caldissimo, atomi e molecole si trovavano in equilibrio termico con la radiazione, in una sorta di “bagno termico” in cui la temperatura diminuiva nel tempo per effetto dell’espansione. È nel momento di rottura di questa trasformazione continua della materia in energia – cioè fotoni – e viceversa che l’universo diventa trasparente e la luce diventa libera di propagarsi, generando anzitutto la Cmb. La materia, dal canto suo, inizia ad aggregarsi e a dare forma – per accrescimento e fusione – alle strutture cosmiche come galassie e ammassi di galassie. Il gas che cade gravitazionalmente nelle strutture, essenzialmente idrogeno, prende vita propria.

Qual è la sua temperatura? Nei casi più estremi, cioè nelle strutture di maggior massa come gli ammassi di galassie, il gas resta confinato dalla gravità ma si ionizza, si trova cioè in uno stato di plasma caldo – in cui una gran frazione degli elettroni è libera. Sono proprio loro i protagonisti del fenomeno noto come “diffusione Compton inversa dei fotoni del Cmb”, o anche effetto Sunyaev-Zeldovich (S-Z) termico: si tratta di una vera e propria iniezione di energia nei fotoni della Cmb a causa dell’interazione con gli elettroni del plasma caldo e collassato nelle strutture più massicce come gruppi e ammassi di galassie – fotoni che risulteranno quindi spostati ad energie maggiori rispetto a quelle attese, nello spettro della radiazione osservata. Maggiore è la massa di queste strutture, maggiore è la loro temperatura e quindi maggiore il segnale S-Z, e più visibile risulterà, ai nostri occhi astronomici, il gas caldo degli elettroni e la struttura su larga scala stessa. Inoltre, poiché le strutture più massive si formano in modo gerarchico nel tempo, diventando sempre più grandi e numerose, è come se l’universo si popolasse sempre più di regioni calde. Detto altrimenti, è come se la sua temperatura media aumentasse.

Un nuovo studio di un team internazionale di ricercatori, tra cui membri dell’Istituto Kavli per la fisica e la matematica dell’universo (Kavli Ipmu), ha studiato proprio l’effetto S-Z in varie epoche cosmiche, trovando che la temperatura media del gas nelle grandi strutture dell’universo è aumentata di circa 3 volte negli ultimi 8 miliardi di anni, fino a raggiungere oggi circa due milioni di gradi.

«Questo lavoro correla il segnale dovuto al fenomeno Sunyaev-Zel’dovich con la struttura a grande scala dell’universo tracciata dalle galassie della Sloan Digital Sky Survey (Sdss), ottenendo una stima della temperatura media delle strutture cosmiche – ovvero pesata per la densità delle stesse strutture. Questa stima si può anche tradurre in termini di densità di energia termica cosmica, in funzione dell’età dell’universo», spiega a Media Inaf il risultato dei colleghi Stefano Ettori, cosmologo all’Inaf di Bologna non coinvolto nello studio. «Il lavoro mostra consistenza tra i dati del segnale S-Z integrato fino a redshift 1 (circa 8 miliardi di anni fa) e l’evoluzione attesa nel formarsi e crescere delle strutture cosmiche attraverso aggregazione gerarchica (dai gruppi agli ammassi) della materia».

Evoluzione della temperatura media dell’universo misurata nello studio. Il tempo scorre da sinistra a destra. I punti mostrano le misurazioni mentre l’area rossa ombreggiata il modello fisico. Crediti: Chiang, Makiya, Ménard e Komatsu, ApJ, 902, 56 (2020)

Anche se il concetto che sta alla base della misura dell’effetto S-Z può sembrare semplice, la raccolta dei dati da parte del team è stato un lavoro lungo e meticoloso. I ricercatori hanno correlato otto mappe di intensità del cielo misurate dal satellite Planck – la missione dell’Agenzia spaziale europea che ha misurato la radiazione cosmica di fondo a microonde – e dall’Infrared Astronomical Satellite con posizioni e distanze delle strutture osservate dalla  Sdss – che con circa due milioni di immagini dettagliate e spettri delle galassie ha consentito misure di distanza precisissime. Ai circa 15 anni di raccolta dati ne sono seguiti poi 4 nei quali il team ha sviluppato algoritmi e modelli necessari per estrarre il segnale nascosto nei dati.

«La nostra nuova misurazione fornisce una conferma diretta del lavoro di Jim Peebles – il premio Nobel per la Fisica del 2019 – che ha esposto la teoria della crescita della struttura su larga scala dell’universo», conclude il primo autore del lavoro, Yi-Kuan Chiang, ricercatore al Center for Cosmology and AstroParticle Physics (Ccapp) nella Ohio State University.

Lo studio, come dicevamo, ha determinato che circa otto miliardi di anni fa la temperatura media degli elettroni era di circa 700mila gradi, ed è salita fino al valore odierno di circa due milioni di gradi. In generale, il contenuto di energia termica cosmica è dominato dal gas caldo che risiede in ammassi di galassie nelle epoche più recenti e in gruppi e protoammassi nelle epoche cosmiche più antiche. La sua evoluzione è, secondo gli scienziati, quasi interamente guidata dalla crescita delle strutture, poiché i barioni si riscaldano a causa degli shock generati dal collasso gravitazionale degli aloni di materia oscura.