Grande macchia solare in arrivo per il Giorno del ringraziamento, che quest’anno cade domani, giovedì 26 novembre. L’alert è arrivato mercoledì scorso – dunque con una settimana d’anticipo – dagli scienziati del National Solar Observatory (Nso) statunitense. Diciamolo subito, a scanso d’equivoci: non c’è nessun particolare allarme in vista. Di macchie solari, ora che il Sole si sta risvegliando, ne torneremo a vedere spesso e numerose, nei prossimi anni. Il motivo per cui se ne parla, in questo caso, è dovuto al metodo impiegato dal team dell’Nso per prevederne l’arrivo: l’eliosismologia. Così come l’analisi delle onde sismiche che attraversano il nostro pianeta permette di scoprire qualcosa del suo interno, un cambiamento nelle misurazioni delle onde sonore del Sole – perturbate dagli intensi campi magnetici delle regioni attive – indica che potrebbero essere presenti macchie solari ancora non visibili sul lato della nostra stella rivolto verso la Terra. E ciò che è accaduto nel caso della regione attiva Ar 2786: in pratica si sono “sentiti”, nelle onde sonore che si propagano dall’interno del Sole, cambiamenti forieri dell’imminente comparsa di nuove macchie solari – macchie che ora possiamo vedere dalla Terra nei pressi del lembo solare orientale.
«Abbiamo misurato una variazione nei segnali acustici sul lato del Sole più lontano da noi», spiega Alexei Pevtsov dell’Integrated Synoptic Program dell’Nso, il programma che si occupa delle previsioni. «È una tecnica che ci permette di capire cosa sta succedendo sul lato del Sole che non è rivolto verso la Terra alcuni giorni prima che il fenomeno diventi a noi visibile. Sapere con fino a cinque giorni di anticipo che ci sono macchie solari attive è estremamente prezioso per una società come la nostra, ad alto contenuto tecnologico».
Proprio per anticipare l’arrivo di tempeste solari – potenzialmente dannose per le telecomunicazioni, i sistemi Gps e le reti di distribuzione dell’energia elettrica – l’Nso tiene d’occhio il Sole 24 ore su 24, 7 giorni su 7, attraverso il sistema Gong (Global Oscillation Network Group): una rete di sei stazioni di monitoraggio, posizionate in tutto il mondo, che tengono interrottamente monitorato il campo magnetico e altre caratteristiche della nostra stella. Sono comunque osservazioni che si compiono non solo da terra ma anche dallo spazio, con il Solar Dynamics Observatory della Nasa.
«Le osservazioni del Sole dalla Terra sono limitate all’emisfero visibile, ovvero quello rivolto verso di noi. Emisfero che cambia continuamente: il Sole ruota intorno al proprio asse in circa 25 giorni all’equatore e 32 giorni ai poli, perciò vediamo una macchia solare comparire al bordo est, attraversare il disco solare e scomparire al bordo ovest dopo circa 14 giorni a latitudini intermedie. Possiamo però ricavare indirettamente la posizione della macchia, purché sia estesa e quindi con forte campo magnetico, anche quando la rotazione la porta nella parte del Sole non visibile dalla Terra», spiega a Media Inaf Mauro Messerotti, senior advisor dell’Inaf per lo space weather. «Potremo pertanto capire se la macchia esiste ancora e se dobbiamo aspettarci che compaia nuovamente al bordo est trascorsi altri 14 giorni. Oppure possiamo capire se si sia formata qualche grande macchia proprio nella parte che non vediamo e che la rotazione farà comparire al bordo est. Ciò si può fare grazie, appunto, all’eliosismologia, che sonda la parte a noi nascosta del Sole studiando le onde acustiche (oscillazioni) che si propagano nel plasma solare, rilevate sulla parte visibile con tecniche spettroscopiche e la cui velocità dipende dalla densità del plasma e dall’intensità dei campi magnetici lungo il percorso di propagazione. Così è stata identificata la regione attiva Ar 2786 diversi giorni prima che comparisse al bordo est. L’enorme macchia solare che la caratterizza è ora ben visibile».