In una precedente news su Media Inaf – della quale consigliamo la lettura per avere un quadro completo della situazione – avevamo illustrato l’intrigante caso dell’asteroide 2020 SO, scoperto da Pan-Starrs 1 il 17 settembre 2020, che si sospettava essere il secondo stadio di un razzo Atlas-Centaur lanciato dalla Nasa nel 1966 per la missione lunare Surveyor 2. Che 2020 SO fosse un razzo lo si sospettava già fortemente, perché l’orbita dell’oggetto appariva soggetta sia alla gravità solare e terrestre sia alla pressione della radiazione solare. In pratica, le osservazioni di posizione fatte con i telescopi al suolo (fra cui il “G. D. Cassini” di Loiano dell’Inaf Oas di Bologna) avevano messo in evidenza una piccola discrepanza fra le posizioni attese sulla sfera celeste – tenendo conto della sola forza di gravità – e quelle realmente misurate. La discrepanza rientrava nelle tolleranze solo aggiungendo una forza di tipo non-gravitazionale, ossia la pressione della radiazione solare. Questo indica un rapporto superficie/massa molto elevato, compatibile con un razzo vuoto all’interno.
Approfittando del primo passaggio al perigeo, avvenuto il 1 dicembre a circa 55mila km dalla Terra, due team di astronomi hanno potuto analizzare con gli spettroscopi – in modo indipendente – la radiazione solare riflessa da 2020 SO e i risultati sono coerenti con quello che ci si aspetta da una superficie metallica esposta per anni nello spazio. Ma andiamo con ordine.
Il primo team era guidato da Vishnu Reddy, professore associato presso il Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona, che ha eseguito osservazioni spettroscopiche utilizzando l’Irtf (Infrared Telescope Facility) della Nasa, posto sul Maunakea (Hawaii). L’Irtf è un telescopio da 3,2 metri di diametro ottimizzato per le osservazioni nella regione infrarossa dello spettro. Data la poca luminosità dell’oggetto, sono state fatte osservazioni anche con Lbt, il Large Binocular Telescope. Inizialmente, i dati sullo spettro di 2020 SO sono stati confrontati con quelli dell’acciaio inossidabile 301, il materiale con cui sono stati realizzati i booster Centaur negli anni ’60, ma non c’era una corrispondenza perfetta. Reddy e il suo team hanno insistito, rendendosi conto che la discrepanza nei dati dello spettro poteva essere dovuta al fatto che l’acciaio del razzo era stato esposto alle dure condizioni dello spazio – bombardamento continuo da parte dei raggi cosmici e della radiazione Uv, X e gamma solare – per 54 anni di seguito. Per questo motivo, hanno ripreso lo spettro di un razzo Centaur D, lanciato nel 1971 e ancora in orbita geocentrica. Confrontando questo spettro con quello di 2020 SO gli astronomi ne hanno constatato la perfetta sovrapposizione, concludendo così che 2020 SO è un razzo Centaur invecchiato dall’esposizione spaziale (un po’ come succede anche alla superficie degli asteroidi).
Il secondo team, guidato da Benjamin Weiner, ha osservato 2020 SO dal Mmt Observatory, usando lo spettrografo Binospec applicato al telescopio da 6,5 metri di diametro dell’osservatorio (l’ex Multiple Mirror Telescope). Le osservazioni spettroscopiche sono state fatte il 16, 20 e 21 novembre prendendo come confronto anche lo spettro dell’asteroide di tipo S (15) Eunomia. Fra i due spettri c’è una differenza nella parte rossa, ossia 2020 SO è più rosso di Eunomia. Questo ha portato a confrontare lo spettro di 2020 SO con quello di 2010 KQ, un ex asteroide near-Earth che si sospetta fortemente essere il razzo di una missione spaziale degli anni ’70 non ancora ben identificata perché l’orbita è poco conosciuta. Lo spettro di questi due oggetti risulta identico e questo ha convinto gli astronomi dell’Mmt che 2020 SO è davvero lo stadio di un razzo. Il 3 dicembre Weiner e colleghi hanno pubblicato un Astronomer Telegram che illustra, sinteticamente, i risultati ottenuti mentre la news della Nasa sui risultati di Reddy è del 2. Come si vede, in modo indipendente due gruppi di astronomi sono giunti alle stesse conclusioni.
Gli astronomi non-professionisti però non sono rimasti a guardare, e anche loro hanno approfittato del passaggio al perigeo di 2020 SO. Ad esempio, dal Great Shefford Observatory l’astrofilo inglese Peter Birtwhistle, usando tecniche fotometriche, la notte del 1 dicembre ha ottenuto la curva di luce di 2020 SO determinando un periodo di rotazione di soli 9,4 s e un’ampiezza di ben 3 magnitudini. La grande ampiezza della curva di luce indica che si tratta di un corpo estremamente allungato, ossia è coerente con la forma cilindrica dello stadio di un razzo. Un’ulteriore prova che 2020 SO non è un asteroide near-Earth.