“TELESCOPI COSMICI” PER STUDIARE GALASSIE COMPATTE

Pepite blu nella croce di Einstein

Confermata grazie a spettri ottenuti al Very Large Telescope con Muse la natura di “croce di Einstein” gravitazionale per due sorgenti, scoperte con il telescopio Vst, di un tipo molto raro: lenti gravitazionali perfettamente allineate con due sorgenti che non sono quasar ma galassie post-“blue nugget”

     11/12/2020

Dati raccolti grazie ai telescopi Vst e Vlt per le due croci di Einstein scoperte – Kids J2329-3409 e Kids J1224+0050. A sinistra sono mostrate le immagini ottenute combinando le tre bande fotometriche g, r e i della survey Kids  effettuata con il Vst. Invece a destra vengono mostrati i dati di spettroscopia a campo integrale ottenuti con lo spettrografo Muse. Le galassie lenti sono ellittiche rosse, mentre le quattro immagini multiple sono copie di galassie compatte blu situate a circa 8 e 10 miliardi di anni luce di distanza. Crediti: Napolitano / Spiniello / Tortora / Vst / Vlt

Utilizzando i dati dei telescopi dell’Eso Very Large Telescope (Vlt) e Vlt Survey Telescope (Vst), un gruppo di ricercatori dell’Inaf e di diverse istituzioni internazionali, membri della Kilo Degree Survey (Kids) effettuata con il Vst, hanno scoperto una rarissima classe di lenti gravitazionali – lenti che hanno permesso di osservare galassie compatte con formazione stellare attiva, ma che sono in procinto di interromperla. In particolare, si tratta delle prime croci di Einstein mai osservate aventi come oggetto sorgente non quasar ma galassie post-“blue nuggets” (pepite blu).

Le lenti gravitazionali sono spettacolari fenomeni astrofisici che si verificano quando la luce di una galassia lontana (detta sorgente) attraversa il campo gravitazionale di una galassia più vicina (detta lente). Il risultato di questa interazione è che l’osservatore vede un’immagine distorta, moltiplicata e a volte molto amplificata della galassia più lontana. In tal senso, le lenti gravitazionali rappresentano dei veri e propri “telescopi cosmici” perché, amplificando la luce della sorgente, permettono di studiare le proprietà di galassie molto lontane che altrimenti non avremmo visto o avremmo visto male. «Negli ultimi anni», dice lo scienziato alla guida dello studio, Nicola R. Napolitano dell’Università Sun Yat-sen di Zhuhai, in Cina, «abbiamo intrapreso una ricerca sistematica di lenti gravitazionali grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. E proprio in uno dei nostri ultimi articoli, abbiamo scoperto alcune lenti molto particolari e interessanti». In questo studio precedente al quale fa riferimento Napolitano, guidato da Rui Li, altro autore dello studio in esame, la ricerca di lenti era stata condotta su un’area di circa mille gradi quadrati della survey Kids, scoprendo decine di nuove possibili lenti gravitazionali. «Abbiamo scoperto», ricorda Napolitano, «due possibili “croci di Einstein” (Kids J2329-3409 e Kids J1224+0050), e cioè lenti gravitazionali formatesi quando la luce di una sorgente puntiforme passa molto in prossimità del centro della lente, creando immagini multiple poste in maniera simmetrica attorno alla lente, a formare una vera e propria croce. Questi eventi sono estremamente rari, data la bassa probabilità di una tale sovrapposizione: fino a oggi ne conoscevamo una mezza dozzina, a fronte di alcune centinaia di lenti gravitazionali di vario genere».

Il gruppo di ricercatori ha quindi raccolto nuovi dati per confermarne la natura di lenti gravitazionali. «Siamo riusciti a ottenere dati spettroscopici con lo spettrografo Muse, montato sul telescopio Vlt, con lo scopo di verificare la natura dei sistemi che abbiamo scoperto», spuega Chiara Spiniello, dell’Università di Oxford. «Muse è uno strumento a spettroscopia a campo integrale, che consente di misurare in un sol colpo lo spettro della galassia lente e delle quattro immagini della sorgente. Abbiamo potuto dimostrare senza ombra di dubbio che le 4 immagini sono immagini multiple della stessa sorgente, perché ne abbiamo misurato spettri identici: le nostre sono quindi delle vere e proprie lenti gravitazionali. I nostri spettri ci dicono anche che le due sorgenti sono galassie situate rispettivamente a circa 8 e 10 miliardi di anni luce da noi, quando l’universo aveva circa un terzo della sua età attuale».

La relatività generale prevede che i raggi di luce provenienti da galassie lontane vengano deviati dal campo gravitazionale di una galassia massiccia in primo piano. Se la sorgente lontana è molto compatta e perfettamente allineata con la lente, l’immagine che giunge all’osservatore sarà un’iconica croce di Einstein, formata da quattro immagini. Per confermare che le quattro immagini appartengano realmente a un’unica galassia posta al di là della lente, è necessario misurare la distanza della sorgente, ottenendone gli spettri (in basso) attraverso potenti telescopi. Crediti: Napolitano / Spiniello / Tortora / Vst / Vlt

«Quando le dimensioni intrinseche delle sorgenti sono grandi, come nel caso di galassie di normali dimensioni», aggiunge Crescenzo Tortora, dell’Inaf di Napoli, «non si formano immagini multiple puntiformi, ma archi e anelli. Al contrario, si generano due o quattro immagini multiple se tali sorgenti sono molto compatte. Ne sono un esempio le croci di Einstein. Normalmente le sorgenti di questo tipo di lenti con immagini multiple sono quasar, un tipo di nuclei galattici attivi molto lontani, luminosissimi e compatti. Ci aspettavamo di trovare qualcosa di simile anche per le nostre lenti, ma con enorme sorpresa abbiamo scoperto che invece le nostre sorgenti erano galassie. Gli spettri di Muse e la fotometria del Vst ci hanno indicato che le nostre sorgenti sono delle galassie compatte (con dimensioni inferiori a tremila anni luce, molto più piccole della Via Lattea), blu e con formazione stellare attiva, che si stanno accingendo ad interrompere la loro formazione stellare per diventare passive e rosse».

«Abbiamo scoperto altre possibili croci di Einstein e candidate lenti molto promettenti, che studieremo con osservazioni future, per capire meglio i processi fisici che portano alla formazione delle galassie passive e compatte, progenitrici di galassie nell’universo vicino, dette galassie relic, anch’esse rare come le croci di Einstein, e altrettanto preziose» conclude Napolitano. «I prossimi anni saranno ancora più generosi: grazie all’enorme mole di dati che raccoglieremo con telescopi futuri come Euclid, Lsst e Chst, potremo scoprire centinaia di migliaia di nuove lenti gravitazionali e centinaia, se non migliaia, di nuove croci di Einstein».

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