Chiusi in casa e desiderosi di evadere, abbattiamo le barriere di questo lungo isolamento proiettandoci verso mondi lontani. L’occasione è fornita da uno strano segnale che è stato captato dal radiotelescopio di Parkes durante l’osservazione di Proxima Centauri, la stella più vicina a noi. Si tratta di una nana rossa, più piccola e più fredda del nostro Sole, che ospita due pianeti, uno dei quali potrebbe essere di tipo terrestre.
L’osservazione è stata fatta nel contesto del progetto Breakthrough Listen, uno sforzo privato per rivitalizzare il vecchio Seti dedicato alla ricerca di vita extraterrestre. Volevano studiare una stellina turbolenta, invece, hanno colto un segnale che potrebbe essere la firma di una tecnologia aliena, oppure, più probabilmente, è una interferenza terrestre che si è infiltrata superando tutti i controlli di routine che “puliscono” i dati. I segnali potenzialmente interessanti visti in passato sono risultati prodotti da auto di passaggio oppure da forni a microonde non abbastanza schermati, ma non sono mancati genuini segnali cosmici, apparentemente inspiegabili, poi felicemente identificati con oggetti celesti senza sfumature aliene. È il caso dei Fast Radio Burst (Frb), brevissimi lampi rivelati dai radiotelescopi che, dopo avere sfidato per anni gli astrofisici, hanno finalmente fornito una prova convincente che punta a un collegamento con una particolare classe di stelle di neutroni con altissimo campo magnetico. Si chiamano magnetar e sono gli oggetti più magnetici dell’universo. Dei cadaveri di stelle che non hanno niente di alieno, anche se qualcuno aveva suggerito questa possibile spiegazione per i Frb. Invocare gli alieni per spiegare qualcosa che non si capisce è un modo semplice per ottenere attenzione mediatica dal momento che la ricerca di un segnale extraterrestre non smette mai di affascinare il pubblico.
Il primo a puntare un radiotelescopio verso Epsilon Eridani e Tau Ceti, due brillanti stelle vicine, alla ricerca di segnali radio prodotti da ipotetiche civiltà extraterrestri è stato Frank Drake nel 1960, giusto sessanta anni fa. Il risultato fu un nulla di fatto, ma la cosa non diminuì l’entusiasmo di Drake che oggi, fresco del suo novantesimo compleanno, continua a ispirare la ricerca di segnali tecnologici da altri mondi. Allora Drake non poteva sapere che le due stelle hanno un sistema planetario. Ora, che abbiamo capito come i pianeti siano una presenza normale intorno alle stelle della nostra galassia, apprezziamo la sua intuizione e il suo sogno che ha sempre colpito più l’opinione pubblica che il mondo scientifico, giustamente scettico sulle possibilità di cogliere un segnale alieno.
Durante la sua carriera, Drake portò la ricerca di vita extraterrestre in altri radiotelescopi, a cominciare da quello di Arecibo, che gli offrì nuove possibilità. Parliamo di una grandiosa struttura inaugurata nel 1963 a scopi militari. Per questo era stata dotata di un potente radar capace di inviare segnali nell’atmosfera e oltre, ideale per studiare gli asteroidi di passaggio, ma anche Mercurio. Drake pensò di spingersi più lontano e, il 16 dicembre 1974, fece inviare un messaggio verso M13, un ammasso stellare a 25mila anni luce da noi. Il messaggio consisteva di 1679 0 e 1 organizzati in una matrice di 73 righe e 23 colonne. Conteneva lo schizzo di un uomo, del radiotelescopio, della doppia elica del Dna, del sistema solare. Scritto in codice binario, avrebbe dovuto essere facilmente decifrabile, anche se nessuno dei colleghi ai quali Drake aveva inviato il messaggio era riuscito a decodificarlo. Anche Carl Sagan si era arreso, ma questo non aveva diminuito il suo interesse per l’invio del messaggio, che non aveva tanto lo scopo di disturbare ET, quanto quello di solleticare la curiosità dei terrestri per interessarli all’universo che li circonda. In effetti negli anni ’70 Arecibo era il radiotelescopio di elezione sia per i cacciatori di pulsar (che scoprirono il primo pulsar binario e ottennero il Nobel), sia per la ricerca Seti.
Tuttavia, dovranno passare circa 20 anni prima che il telescopio entri nell’immaginario collettivo grazie a Jodie Foster e al film Contact. Cercate “Contact Arecibo scene” e godetevi 17 secondi che valgono più di una lunga spiegazione. Jodie Foster cammina guardando una struttura sospesa nel mezzo di un avvallamento e, solo quando la protagonista abbassa lo sguardo, vediamo la superficie di raccolta del radiotelescopio, un disco dal diametro di 305 metri, adagiato in una vallata naturale sull’isola di Puerto Rico. La complessa piattaforma, che pesa 900 tonnellate, si trova a 137 m di altezza ed è sostenuta da possenti cavi ancorati a tre piloni.
Arecibo, che compare anche in X files e in un James Bond, è stato il radiotelescopio più grande del mondo per oltre mezzo secolo, fino a quando è stato battuto dal telescopio cinese Fast di 500 metri di diametro, sempre all’interno in una conca naturale.
Un telescopio straordinario e iconico che, dopo avere resistito a violenti uragani tropicali, a terremoti, a ripetuti tagli dei finanziamenti, si è arreso all’usura del tempo. Il 10 agosto del 2020 si era rotto uno dei possenti cavi ausiliari di sostegno della piattaforma e l’effetto frusta aveva aperto uno squarcio nella rete metallica sottostante. Era chiaramente un danno importante, ma non irreparabile. Si era deciso di intervenire subito per sostituire il cavo ed evitare di caricare troppo quelli ancora al loro posto che avrebbero dovuto reggere il peso della piattaforma fino alla riparazione. Purtroppo anche gli altri cavi dovevano essere usurati e il 9 novembre se ne è spezzato un altro: era uno di quelli originali e avrebbe dovuto essere sostituito di lì a poco in un intervento di manutenzione già programmato. A questo punto è stato chiaro a tutti che, visto lo stato generale della struttura, le operazioni di riparazione sarebbero state troppo pericolose ed è stato tristemente deciso di procedere alla chiusura del radiotelescopio ed alla sua demolizione.
Mentre erano in corso campagne di raccolte di firme per cercare di salvare in extremis il leggendario telescopio, nella mattina del primo dicembre c’è stato un terzo cedimento strutturale. La catastrofe è stata immortalata dalla telecamera di controllo del radiotelescopio e da un drone che era in volo per verificare lo stato dei cavi, in vista dello smantellamento. Il video Arecibo telescope collapse è da brivido: la cima di una delle torri cede, i massicci cavi perdono l’ancoraggio e la pesante piattaforma precipita squarciando la rete metallica sottostante. Uno schianto che è stato registrato dai sismografi e che ha posto fine a 57 anni di ricerca astronomica e tecnologica di grande classe. Insieme al radiotelescopio di Arecibo è scomparso il trasmettitore capace di mandare messaggi interstellari. Speriamo che ET non stia aspettando il seguito della trasmissione di Drake, rimarrebbe deluso.
La ricostruzione, decisa dal governo di Puerto Rico, richiederà tempo.