A BORDO ANCHE DUE STRUMENTI ITALIANI

Estesa al 2025 la missione della Nasa Juno

La sonda ci farà scoprire ulteriori segreti di Giove per altri cinque anni, grazie anche ai contributi italiani di Jiram, capace di raccogliere sia immagini che spettrogrammi, e KaT, che permette la misura della gravità del pianeta tramite l’effetto Doppler di un segnale a microonde

     13/01/2021

Rappresentazione artistica di Juno in orbita attorno a Giove. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech

Lavorerà per altri quattro anni e nove mesi, oltre la sua vita prevista, la sonda della Nasa Juno, che dal 2016 si trova nell’orbita polare del più grande pianeta del Sistema solare: Giove. Un comitato di revisione indipendente, composto da esperti con esperienza in scienza, operazioni e gestione delle missioni, ha dichiarato che Juno ha prodotto una scienza eccezionale e ha raccomandato alla Nasa di continuare la missione. A bordo della sonda lanciata il 5 agosto 2011 trovano posto numerosi strumenti scientifici, tra cui due a partecipazione italiana con supporto dell’Agenzia spaziale italiana (Asi): lo strumento Jiram, realizzato in Italia dalla Leonardo e guidato dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf); e lo strumento di radioscienza KaT (Ka-band Translator), realizzato da Thales Alenia Space e guidato dall’Università La Sapienza di Roma.

Jiram (Jovian Infrared Auroral Mapper, dedicato ad Angioletta Coradini, astronoma dell’Inaf scomparsa nel 2011 ed ex principal investigator di Jiram) è una camera nel vicino infrarosso (2-5 micron) in grado di raccogliere sia immagini che spettrogrammi, mentre il KaT permette la misura della gravità di Giove tramite l’effetto Doppler di un segnale a microonde.

La sonda Juno e il suo team di missione hanno fatto scoperte sulla struttura interna, sul campo magnetico e sulla magnetosfera di Giove e hanno compreso che le sue dinamiche atmosferiche sono molto più complesse di quanto gli scienziati pensassero in precedenza. Estesa fino al settembre 2025, o alla fine della sua vita (a seconda dell’evento che si verifica per primo), la missione non solo continuerà le osservazioni chiave di Giove, ma amplierà anche le sue indagini nel ben più vasto sistema gioviano con sorvoli pianificati e osservazioni mirate e ravvicinate delle lune Ganimede, Europa e Io. Juno è la prima missione diretta su Giove a usare pannelli solari invece di generatori termoelettrici a radioisotopi. La pianificazione iniziale di Juno prevedeva una fine missione a metà del 2021, dopo circa quattro anni e mezzo di osservazioni e la 34esima orbita polare intorno a Giove.

Già dal 2020, il team di Juno, guidato dal principal investigator Scott Bolton, aveva avanzato una proposta per estendere la missione. Ora la Nasa ha accolto la richiesta e Juno potrà, ufficialmente, continuare a studiare Giove ancora per oltre quattro anni. In questa nuova vita la sonda percorrerà ulteriori 40 orbite, con cadenza bimensile, modificando la sua traiettoria in modo che le lune di Giove, Ganimede, Europa e Io siano osservabili in dettaglio, grazie a diversi passaggi ravvicinati. Juno si dedicherà, inoltre, allo studio degli anelli di plasma e di polveri, e, nella parte finale della sua vita, sarà posta in un’orbita tale che le permetterà di studiare da vicino il polo nord di Giove, dove ha già scoperto le strutture cicloniche regolari grazie alle immagini di Jiram. La missione vuole studiarle il più a lungo possibile, per capire meglio la loro stabilità ed evoluzione. Alla fine della sua vita, si prevede che la sonda Juno venga distrutta facendola precipitare sul pianeta Giove. Ciò è necessario per evitare che incidentalmente possa schiantarsi su una delle lune ghiacciate del pianeta gigante e che così possa contaminarle.

«Gli eccezionali risultati della missione Juno sono frutto dell’eccellenza delle comunità scientifica ed industriale italiana, coordinate da Asi», concordano Giuseppe Sindoni (responsabile Asi di progetto per Jiram), Catia Benedetto (responsabile Asi di progetto per KaT) e Christina Plainaki (Asi project scientist per Jiram). «L’estensione della missione permetterà di consolidare l’esperienza del nostro Paese anche sullo studio delle lune di Giove. Ancora una volta Nasa e Asi collaborano in una missione memorabile alla ricerca delle origini del Sistema solare».

Alessandro Mura, astrofisico dell’Inaf e responsabile scientifico di Jiram, nota che «anche se Jiram è stato progettato principalmente per studiare l’atmosfera e le aurore gioviane, ha le performance ideali per studiare le lune di Giove, quando la sonda Juno si trova sufficientemente vicino a una di esse. Questo nuovo profilo di missione permette di fare nuove scoperte scientifiche e aprire la strada alle future missioni, come Juice».

«La struttura interna di Giove è di cruciale importanza per conoscere i processi di formazione del pianeta e del Sistema solare», spiega Luciano Iess dell’Università La Sapienza di Roma e principal investigator dello strumento di radioscienza KaT. «Purtroppo, “vedere” all’interno di Giove, oltre lo strato di nubi, è possibile solo misurando forze che attraversano qualsiasi ostacolo, quali appunto la gravità. Questa è la funzione del KaT, lo strumento chiave per determinare la gravità del nucleo e dei vari strati che costituiscono il pianeta, grazie alla misura estremamente accurata delle accelerazioni che Juno subisce passando a distanza ravvicinata da Giove. Il prolungamento della missione era atteso con ansia, perché renderà possibili nuove e importanti misure, tra cui quelle delle maree sollevate su Giove dalle quattro lune galileiane».