Vi siete mai chiesti cosa ci sia dietro allo sviluppo di una campagna mediatica per la comunicazione istituzionale di un risultato scientifico di rilievo? Organizzare conferenze stampa, gestire il rapporto con i media, mettere a punto strategie comunicative tramite social, preparare comunicati stampa: sono solo alcune delle attività delle quali si occupa l’ufficio stampa. Pianificare e coordinare queste attività per un risultato ottenuto da ricercatori di uno o pochi enti di ricerca è un lavoro impegnativo. Farlo quando a essere coinvolte sono collaborazioni internazionali, che vedono la partecipazione di migliaia di scienziati appartenenti ad altrettanti istituti di ricerca sparsi in tutto il mondo, può diventare molto complesso.
Pensate, ad esempio, alla Ligo Scientific Collaboration, l’organismo costituito da oltre mille scienziati provenienti da più di cento istituzioni, che insieme ai ricercatori dell’osservatorio di onde gravitazionali Virgo nel 2016 ha ottenuto il primo rilevamento diretto di onde gravitazionali. O al consorzio Event Horizon Telescope (Eht), con tredici istituti coinvolti, più di 50 organizzazioni affiliate e 11 siti osservativi sparsi in quattro continenti, che nel 2019 ha annunciato la prima immagine dell’orizzonte degli eventi del buco nero M87 star. Con così tanti partner coinvolti, pianificare una campagna mediatica diventa una vera e propria sfida in termini di tempistica, organizzazione e coordinamento.
Per confrontarsi su come affrontare sfide simili, a novembre del 2019 si sono riuniti a Baltimora (Usa) i responsabili di uffici stampa, giornalisti, scienziati ed esperti di comunicazione astronomica di diversi istituti di ricerca e università – tra cui la National Science Foundation (Nsf), l’Association of Universities for Research in Astronomy (Aura), la Nasa, il National Radio Astronomy Observatory (Nrao), l’American Astronomical Society (Aas), il Caltech e numerosi osservatori europei.
Durante il summit, i partecipanti hanno condiviso le loro esperienze nate dalla partecipazione alle campagne di comunicazione globali delle più recenti e importanti scoperte scientifiche, tra le quali quelle di Ligo ed Eht, appunto, delineando le migliori pratiche da attuare per un’efficiente ed efficace comunicazione istituzionale dei risultati scientifici.
Dall’incontro è nato il documento, presentato durante il 237esimo meeting dell’American Astronomical Society, “Best Media Practices for Multi-institutional Science Collaborations”. Si tratta di un vademecum contenente le linee guida che tutte le collaborazioni scientifiche, più o meno grandi che siano, possono utilizzare per impostare una campagna mediatica ad hoc e coordinare al meglio l’annuncio di una scoperta scientifica.
Le parole d’ordine sono organizzazione, tempistica, cooperazione, pianificazione e coordinamento di tutte le attività. L’obiettivo è quello di pianificare una campagna mediatica efficace affinché agli esperti dell’informazione e il grande pubblico ricevano informazioni semplici e chiare sui risultati ottenuti.
L’organizzazione prima di tutto
Lo sviluppo di una campagna mediatica per la comunicazione dei risultati di ricerca di una grande collaborazione internazionale richiede una chiara gerarchia organizzativa, un piano di comunicazione concordato e ruoli e responsabilità ben definiti, si legge nel testo. In particolare, spiegano gli autori, è necessario che tra i responsabili degli uffici stampa dei vari istituti coinvolti sia nominata una figura di riferimento, che si coordini con tutti gli addetti stampa e con gli scienziati coinvolti nella collaborazione, fungendo da punto di contatto primario per le questioni legate alla comunicazione. Un altro punto importante, continuano gli autori, è creare una piattaforma comune, sicura e accessibile a livello globale, che faciliti il flusso e lo scambio di informazioni e fornisca accesso in tempo reale a testi, file e materiali importanti per tutti i capi ufficio stampa, ovunque essi operino.
Il tempo è tiranno
Il coordinamento e lo sviluppo di una campagna mediatica di comunicazione può richiedere mesi, addirittura anni. La pianificazione della grande conferenza stampa di annuncio della prima osservazione diretta di onde gravitazionali (tenutasi nel 2016 presso il National Press Club di Washington DC) è iniziata quasi sei mesi prima dell’evento. Quella dell’annuncio da parte di Eht della prima foto dell’orizzonte degli eventi del buco nero M87 star è iniziata oltre due anni prima dell’annuncio. Affinché non ci si trovi a fare una corsa contro il tempo, “è fondamentale iniziare a pianificare tutte le attività prima possibile” sottolineano gli autori. Per fare ciò, è importante che i capi ufficio stampa dei vari istituti sensibilizzino in anticipo gli scienziati con cui lavorano sul tempo necessario per organizzare tutto, incoraggiandoli e sollecitandoli a informarli a tempo debito su qualsiasi aggiornamento che riguardi la scoperta. Ok, ma quando, esattamente? Le linee guida parlano chiaro: quando un ricercatore invia il proprio articolo per la revisione tra pari (peer review in inglese) – il procedimento con cui gli specialisti valutano la conformità al metodo scientifico dello studio e la credibilità dei risultati – la bozza dovrebbe già essere nelle mani del capo ufficio stampa dell’istituto, che lo metterà a disposizione del coordinatore per la redazione di una press release e la produzione del materiale stampa allegato. L’annuncio effettivo della notizia ai media dovrebbe coincidere con la data di accettazione del documento per la pubblicazione. La data di pubblicazione, solitamente due settimane dopo, aiuta a stabilire i tempi per l’annuncio al grande pubblico e a far rispettare le regole che garantiscono che il contenuto non sia diffuso al pubblico prima del dovuto.
Embargo sì o embargo no, questo è il dilemma
Il termine embargo indica che i giornali non dovrebbero far trapelare una notizia ricevuta dalla collaborazione scientifica prima di una certa data. Si tratta di una sorta di “contratto” che consente ai professionisti dell’informazione di avere in mano in anticipo i dettagli della scoperta, senza che vi sia una concorrenza sleale e in modo che ciascuno possa preparare il suo articolo per la diffusione della notizia al grande pubblico.
Tuttavia, c’è il rischio del mancato rispetto dell’embargo, che influenzerà negativamente l’intera campagna mediatica. Per evitare ciò, è necessario che tra tutti i partner della collaborazione vi sia una strategia comune in materia di politica di embargo e di gestione delle richieste dei media. Secondo gli autori, l’approccio migliore è quello “tutti o nessuno”: o tutti ricevono in anticipo i dettagli della scoperta, dove con tutti spesso ci si riferisce ai soli giornalisti di fiducia, o nessuno, se il rischio di una rottura dell’embargo è considerato troppo alto.
Conferenze stampa: la chiarezza fa la differenza
Uno degli aspetti importanti da tenere presente nell’organizzazione di una conferenza è il numero di oratori: non più di cinque, si legge nelle linee guida. Idealmente tre o quattro, e un moderatore. Avere troppi speaker aumenta il rischio di perdere o duplicare punti salienti del risultato, creando solo confusione. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata per garantire la diversità nel panel di speakers, rispettando l’equilibrio di genere e includendo minoranze sottorappresentate. L’obiettivo della conferenza stampa è coinvolgere il pubblico con una narrazione avvincente e una descrizione chiara e il più semplice possibile dei risultati. La notizia dovrebbe essere presentata all’inizio della conferenza stampa o dal moderatore o dal primo speaker, utilizzando la tecnica della piramide invertita: prima le informazioni principali che rispondono alle classiche 5W giornalistiche – Che cosa (What), Chi (Who), Dove ( Where ), Quando (When) e Perché (Why) – poi tutte le informazioni aggiuntive e di approfondimento. La stessa cosa dovrebbe valere per un comunicato stampa.
Eventi in live streaming, il futuro è lì
Con il diffondersi della banda larga e con il sempre maggiore utilizzo delle piattaforme video in live streaming, fare in modo che gli eventi stampa siano fruibili da remoto è un aspetto essenziale, grazie al quale è possibile raggiungere anche il vasto pubblico che non può essere fisicamente presente nel luogo in cui la conferenza stampa si svolge.
Interviste: meglio prevenire che curare
Con centinaia di membri del team sparsi in tutto il mondo coinvolti in una collaborazione, è necessario che vi siano piani specifici per la gestione delle richieste di interviste da parte dei media. In mancanza di pianificazione, il numero di richieste che arrivano dopo un annuncio potrebbe essere schiacciante, osservano gli autori. Il piano dovrebbe inoltre garantire un’equa rappresentanza dei membri del progetto.
Comunicati stampa: la spina dorsale della comunicazione istituzionale
Per una campagna mediatica di comunicazione di un risultato scientifico, il comunicato stampa è la struttura portante. La qualità dei prodotti grafici e multimediali di comunicazione, un’accattivante campagna social, eventi in live streaming sono sì importanti, ma “il contenuto del comunicato stampa rimane il re”. Il suo obiettivo è simile a quello della conferenza stampa: fornire ai giornalisti le informazioni di cui hanno bisogno per scrivere le proprie storie. Per farlo è necessario che i contenuti siano semplici e chiari, redatti utilizzando la già citata tecnica della piramide invertita. Un comunicato non dovrebbe spiegare tutti i fatti, né servire come opportunità per i membri del team di ottenere visibilità. Può contenere virgolettati, purché siano brevi e con linguaggio semplice e colloquiale. Come nel caso degli speaker delle conferenze stampa, è fondamentale – scrivono gli autori del documento – includere virgolettati di donne e minoranze, in modo che sia rispettata la diversità. Il numero di persone citate dovrebbe essere limitato – cinque al massimo – e la lunghezza totale del comunicato stampa non superiore a mille parole.
Prodotti grafici e video: anche l’occhio vuole la sua parte
Grafica, animazioni e video professionali sono fondamentali e possono migliorare notevolmente la quantità e la qualità della copertura mediatica di un risultato scientifico. Immagini e illustrazioni accattivanti aiutano ad attrarre il pubblico. Inoltre, possono aiutare a spiegare aspetti dei risultati meglio di quanto si possa ottenere con il solo testo, migliorando così la comprensione della scienza da parte del pubblico. Tutti i materiali visivi, suggeriscono gli autori, dovrebbero essere prodotti sotto la licenza di distribuzione di tipo aperto, ad esempio Creative Commons attribution, ed essere disponibili con la più alta risoluzione e la più bassa compressione possibile.
In “media” stat virtus
L’ultimo argomento trattato nel manuale riguarda i social media, che con il loro sempre maggior utilizzo possono avere un grande impatto per sensibilizzare il pubblico e creare engagement. Per la buona gestione di una campagna social, concludono gli autori, tutti i post da condividere sulle pagine istituzionali dovrebbero essere prodotti in anticipo utilizzando hashtag comuni, tradotti secondo le necessità e pubblicati in maniera coordinata sotto la supervisione di un coordinatore social media manager. Questo anche per evitare fughe di notizie che possono verificarsi in qualsiasi momento prima dell’eventuale embargo.
È come affrontare la finale della coppa del mondo
Insomma, il lavoro che c’è dietro all’organizzazione di una campagna di comunicazione multi-istituzionale è un “lavoraccio”, ma come si dice in questi casi, qualcuno lo deve pur fare. «L’attività di comunicare una grande scoperta scientifica», commenta Marco Galliani, la persona che in qualità di capo ufficio stampa svolge questo ruolo per l’Inaf, «come nel caso della prima osservazione di una sorgente celeste che ha emesso contemporaneamente onde gravitazionali ed elettromagnetiche, o la prima foto di un buco nero, nei quali anche noi dell’Inaf siamo stati protagonisti, è un po’ come per un allenatore preparare e giocare con la sua squadra una finale di coppa del mondo. Non bisogna lasciare niente al caso: prima occorre preparare bene la “tattica”, capire quali sono i punti di forza della scoperta, lavorare gomito a gomito con le scienziate e gli scienziati che l’hanno realizzata, farla in un certo senso “propria” per poter padroneggiare l’argomento e trovare i modi migliori per comunicarlo. Poi produrre i materiali, interagendo con tutti gli altri referenti, a volte con sessioni estenuanti e momenti di forte tensione, perché non è facile mettere d’accordo visioni e obiettivi spesso assai eterogenei».
«Preparata con cura la “teoria” e organizzato tutto nel migliore dei modi», prosegue Galliani, «sia con i colleghi dell’ufficio che con coloro che saranno i “portavoce” scientifici, arriva finalmente il momento di giocarla questa partita, con il mondo esterno: scade l’embargo concordato, è il fischio d’inizio per i media di tutto il mondo. Partono le conferenze stampa, si inviano i comunicati, le agenzie cominciano a battere le notizie. Ed è tutta una valanga di richieste: interviste a ricercatrici e ricercatori, partecipazioni in tv, foto “esclusive”, approfondimenti. Tutto in modo frenetico, una valanga che ti investe nell’arco di una manciata di ore, al massimo qualche giorno. E come in ogni partita dove la posta è alta, c’è sempre qualche colpo di scena, qualcosa di imprevisto che devi saper gestire e magari guidare a tuo favore per non lasciarti travolgere o gettare alle ortiche il lavoro di mesi. C’è anche qualcuno che gioca un po’ al limite del regolamento, diciamo che meriterebbe anche un’ammonizione o altro, ma alla fine il fair play vince sempre. E poi, ci sarà presto un’altra finale da giocare».
Per saperne di più:
- Scarica il pdf del manuale “Best Media Practices for Multi-institutional Science Collaborations”