Fra i sistemi di pianeti extrasolari più interessanti oggi conosciuti c’è quello che circonda la stella Trappist-1, che si trova a circa 40 anni luce dal Sole nella direzione della costellazione dell’Aquario. Si tratta di una piccola stella molto densa e interamente convettiva, che fonde tanto lentamente l’idrogeno in elio da avere un’aspettativa di vita di migliaia di miliardi di anni, molte volte superiore a quella del Sole: una stella quasi immortale. Tanta parsimonia nell’emissione d’energia implica una bassa temperatura superficiale: in effetti quella di Trappist-1 arriva a meno della metà della temperatura fotosferica del Sole, tanto da meritarsi la classificazione di stella nana ultra-fredda. A causa della bassa temperatura, Trappist-1 emette pochissima luce nel visibile e tantissima radiazione infrarossa, il contrario di quello che fa il Sole.
Questa stella è circondata da un sistema planetario, scoperto alla fine del 2015 con il metodo dei transiti. I sette pianeti noti – chiamati Trappist-1 b, c, d, e, f, g, h – si muovono su orbite praticamente circolari con periodi orbitali molto brevi (da 1,5 giorni per b a quasi 19 giorni per h). Questi pianeti sono vicinissimi alla nana rossa: i loro raggi orbitali vanno da 1,7 a 9,5 milioni di km. In pratica il sistema planetario di questa piccola stella può essere comodamente ospitato tutto all’interno dell’orbita di Mercurio, il pianeta più vicino al Sole. Come conseguenza, nel sistema planetario di questa nana rossa le distanze minime fra un pianeta e l’altro sono molto basse rispetto a quello che abbiamo nel sistema solare. La distanza minima media fra pianeti contigui è di circa 1,3 milioni di km, solo poco più di 3 volte la distanza della Terra-Luna. Si tratta di un sistema planetario completamente alieno, molto diverso dal Sistema solare. Le perturbazioni gravitazionali fra un pianeta e l’altro sono importanti e misurabili come variazione del periodo orbitale. Grazie a questo è stato possibile determinare, oltre alle dimensioni dei pianeti durante il transito, anche le masse. Conoscendo le dimensioni e la massa di un qualsiasi corpo si può ottenere il valore della densità media. Le misure fatte in passato hanno permesso di stabilire che tutti e sette i pianeti hanno all’incirca le dimensioni e la massa della Terra, quindi devono anche essere pianeti rocciosi o di tipo terrestre (che non vuol dire abitabile).
Un nuovo articolo, recentemente pubblicato sul The Planetary Science Journal, illustra i risultati delle misurazioni di densità più precise mai fatte per quanto riguarda gli esopianeti. Queste misure si basano sulle osservazioni dei transiti effettuate – nell’arco di quattro anni – con il telescopio spaziale Spitzer. A queste osservazioni sono state aggiunte le misurazioni dei tempi di transito fatte da terra, dal telescopio spaziale Hubble e dalla missione Kepler 2. I tempi di transito sono stati utilizzati per un’analisi della dinamica a N corpi del sistema da cui è stato possibile ricavare una misura più precisa della massa e – di conseguenza – della densità media.
Il modello sviluppato dai ricercatori ha permesso di riprodurre con buona precisione le variazioni del periodo orbitale dei pianeti indotte dalle perturbazioni gravitazionali, con valori che oscillano da 5 minuti per il pianeta ‘b’ a 50 minuti per la coppia ‘g-h’. I sette pianeti di Trappist-1 possiedono densità simili, i valori differiscono di non più del 3 per cento. Posto uguale a 1 la densità della Terra, per la densità dei pianeti di Trappist-1 si trovano valori che vanno da 0,9 a 0,99: sono tutti meno densi del nostro pianeta. Questo sistema planetario alieno è molto diverso dal nostro sistema solare, dove le densità medie diminuiscono all’aumentare della distanza dal Sole. In media, la differenza di densità tra i pianeti di Trappist-1 e la Terra e Venere è circa l’8 per cento: un valore piccolo, ma significativo su scala planetaria.
Un modo per spiegare perché i pianeti di Trappist-1 siano meno densi del nostro pianeta è che abbiano una composizione chimica simile alla Terra, ma con una percentuale inferiore di ferro: il 21 per cento rispetto al 32 per cento terrestre.
In alternativa potrebbero essere più ricchi di elementi leggeri. Ad esempio, tutto il ferro nei pianeti di Trappist-1 potrebbe essere legato con l’ossigeno formando ossido di ferro, ossia ruggine. L’ossigeno aggiuntivo ridurrebbe la densità dei pianeti. Se la bassa densità dei pianeti di Trappist-1 fosse causata interamente da ferro ossidato, i pianeti dovrebbero essere arrugginiti dappertutto e non potrebbero avere nuclei di ferro solidi.
Oppure la struttura interna dei pianeti potrebbe essere del tutto simile alla Terra, ma con uno strato di acqua superficiale in grado di ridurre la densità media. In questo scenario la percentuale d’acqua presente andrebbe dal 3 per cento al 6 per cento della massa del pianeta. Le densità più basse dei pianeti ‘d’, ‘f’, ‘g’ e ‘h’ consentirebbero una quantità d’acqua da due a tre volte superiore rispetto ai pianeti ‘b’, ‘c’ ed ‘e’. Per questa semplice stima è stato assunto uno strato d’acqua con una temperatura superficiale di 27 °C alla pressione di 1 bar. Una quantità di acqua più elevata per tre dei quattro pianeti esterni potrebbe essere un indizio che si sono formati oltre la linea di condensazione dell’acqua, che per Trappist-1 si trova a 0,025 Au (3,75 milioni di km) dalla stella.
I pianeti ‘e’, ‘f’, ‘g’ sono anche all’interno della zona di abitabilità della nana rossa, ossia si trovano in quel range di distanze che permette di avere acqua liquida in superficie. Questo non vuol dire che siano oasi di vita aliene. Prima di tutto perché per avere la temperatura atta a mantenere l’acqua liquida in superficie devono essere anche dotati di un’opportuna atmosfera (e non sappiamo nemmeno se esiste), e secondo perché l’energia che arriva dalla stella cade praticamente tutta nell’infrarosso e non è detto che questo sia sufficiente per dare inizio al ciclo della vita in un ipotetico oceano.
Per saperne di più:
- Leggi su The Planetary Sciences Journal l’articolo “Refining the transit timing and photometric analysis of TRAPPIST-1: Masses, radii, densities, dynamics, and ephemerides”, di Eric Agol, Caroline Dorn, Simon L. Grimm, Martin Turbet, Elsa Ducrot, Laetitia Delrez, Michael Gillon, Brice-Olivier Demory, Artem Burdanov, Khalid Barkaoui, Zouhair Benkhaldoun, Emeline Bolmont, Adam Burgasser, Sean Carey, Julien de Wit, Daniel Fabrycky, Daniel Foreman-Mackey, Jonas Haldemann, David M. Hernandez, James Ingalls, Emmanuel Jehin, Zachary Langford, Jeremy Leconte, Susan M. Lederer, Rodrigo Luger, Renu Malhotra, Victoria S. Meadows, Brett M. Morris, Francisco J. Pozuelos, Didier Queloz, Sean M. Raymond, Franck Selsis, Marko Sestovic, Amaury H.M.J. Triaud e Valerie Van Grootel