Ci sono voluti quasi dieci anni, ma alla fine la natura dello strano “animale” visto, a circa cinquemila anni luce da noi, dagli occhi sensibili alla radiazione gamma del satellite Fermi della Nasa Fermi è stata svelata. È un raro esemplare di pulsar redback al millisecondo. Cosa significa? Andiamo per ordine. Una pulsar al millisecondo è una stella di neutroni che ruota molto rapidamente su sé stessa emettendo fasci di onde elettromagnetiche, come farebbe un faro. Nel caso particolare di Psr J2039−5617 (questo il nome della nostra pulsar) il periodo di rotazione è di 2.65 ms, dunque in un secondo compie ben 377 giri su sé stessa. Ma è l’altro aggettivo il più interessante: redback. La parola deriva da una particolare specie di ragni velenosi australiani – con una fascia rossa sul dorso, da cui redback, appunto – in cui la femmina è solita divorare il compagno dopo l’accoppiamento. Le pulsar redback – come del resto anche le loro cugine pulsar vedove nere – sono dunque pulsar con un compagno. Pulsar binarie.
A distinguere queste “pulsar ragno” dalle normali pulsar binare è la brutta fine che fanno fare al proprio partner: così come le femmine dei ragni dai quali prendono il nome sono solite divorarlo al termine dell’ accoppiamento, le pulsar redback lentamente privano la propria stella compagna di materia, sia risucchiandola per attrazione gravitazionale sia investendola con un fascio ad alta energia. Stella compagna che, nel caso delle redback, è una stella non degenere – dove l’aggettivo degenere , in gergo astrofisico, si riferisce alla materia che compone un oggetto compatto ed estremamente denso, come potrebbe essere una stella di neutroni o una nana bianca. Non solo: il riscaldamento della superficie della stella compagna dovuta all’irraggiamento della pulsar e la sua deformazione dovuta all’attrazione gravitazionale della pulsar stessa fanno sì che la stella compagna mostri all’osservatore, durante l’orbita, aree di diversa dimensione e temperatura, con l’effetto visivo di una modulazione del flusso osservato con un periodo uguale al periodo orbitale, che è di appena 5.5 ore.
La conferma della natura di pulsar redback al millisecondo per l’oggetto 4Fgl J2039.5-5617 (questa la sigla della misteriosa sorgente gamma prima che si scoprisse che si trattava d’una pulsar; d’ora in avanti, 4Fgl) e la caratterizzazione del sistema binario sono arrivate lo scorso novembre con due articoli – ora pubblicati sul numero di marzo di Mnras – basati il primo su dati in gamma del Large Area Telescope di Fermi e l’altro – guidato da ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica – su osservazioni condotte con il radiotelescopio australiano di Parkes. La disponibilità di dati da un estremo all’altro dello spettro elettromagnetico – dalle onde radio ai raggi gamma, appunto – è stata fondamentale per la comprensione del sistema.
«La possibilità di osservare impulsi in entrambe le bande permette di studiare la geometria dei meccanismi di emissione delle pulsar, poiché le emissioni a energie differenti avvengono in zone differenti della magnetosfera di una stella di neutroni», spiega a Media Inaf Alessandro Corongiu, primo autore dell’articolo sui dati in banda radio e ricercatore all’Inaf di Cagliari. «Poiché questi meccanismi sono ancora in gran parte incompresi, l’osservazione di impulsi a diverse energie permette uno studio più completo. In banda radio, inoltre, è possibile ottenere informazioni complementari – come la distanza della pulsar – attraverso la misura della dispersione temporale degli impulsi radio a frequenze diverse».
Un notevole contributo allo studio di 4Fgl è stato dato dall’uso di Einstein@Home, un programma di citizen science che utilizza il tempo inattivo dei computer personali delle persone aderenti all’iniziativa per cercare deboli segnali astrofisici provenienti, ad esempio, da stelle di neutroni osservate da vari telescopi, fra cui appunto Fermi. Grazie all’impiego di una parte delle risorse di Einstein@Home è stato possibile completare in due mesi un lavoro che, su un computer single-core, avrebbe richiesto 500 anni. La ricerca di pulsazioni periodiche in sistemi redback è infatti estremamente complessa e richiede un enorme sforzo computazionale, poiché la periodicità degli impulsi è modulata dal moto orbitale della pulsar intorno alla sua compagna, che non sempre è noto, oppure se lo è – come nel caso di 4Fgl – non è sufficientemente preciso.
«La ricerca è ulteriormente difficile in banda radio, dove il gas eroso dalla stella compagna permea lo spazio tra le due stelle soffocando – in certe fasi dell’orbita – gli impulsi radio dalla pulsar», aggiunge Roberto Mignani, ricercatore all’Inaf di Milano e secondo autore dello studio. «Ciò comporta che essi sono rivelabili solo quando la linea di vista è sgombra, cosa difficile da prevedere a priori, e che richiede di seguire il sistema con osservazioni lungo tutta la durata del periodo orbitale e, possibilmente, per più cicli».
La scoperta di pulsazioni in banda radio ha permesso la definitiva identificazione di 4Fgl come sistema redback – per la quale è stata fondamentale la presenza di eclissi nel segnale radio emesso quando la pulsar è prossima alla congiunzione superiore, e che sono indicative della presenza di gas tra le due stelle. In realtà però, sottolineano gli scienziati, le eclissi del segnale radio emesso da 4Fgl sono alquanto anomale se inquadrate nel panorama dei sistemi redback noti. Di solito, in questi sistemi il gas intrabinario ionizzato ritarda il segnale quando la pulsar è prossima alla congiunzione superiore – quando la pulsar si trova cioè dietro la stella compagna –, prima di renderlo inosservabile. Nel caso di 4Fgl, invece, non si osserva alcun ritardo del segnale: esso sparisce – piuttosto rapidamente – in questa fase orbitale. Sono in corso ulteriori studi sul segnale radio per determinare la struttura evidentemente peculiare del gas intrabinario e dei meccanismi responsabili delle sue caratteristiche. Infine, il timing della pulsar e lo studio dell’allineamento tra impulso gamma e radio hanno permesso di porre dei vincoli sulle masse delle compagne e sull’inclinazione dell’orbita rispetto alla linea di vista.
E che ne sarà della stella compagna quando la pulsar avrà finito di privarla di materia – sottraendogliela con l’attrazione gravitazionale – e di eroderla – con il suo irraggiamento? «Al termine di questa fase ciò che resterà sarà sicuramente una pulsar. Ma cosa ne sarà della compagna è tutto da vedere», conclude Corongiu. «Potrebbe sopravvivere con una massa simile a quella attuale o con una massa molto minore, simile a quella di un pianeta gioviano ad esempio, o addirittura subire un’evaporazione completa e lasciare la pulsar isolata. Un’evaporazione completa della compagna spiegherebbe l’esistenza di pulsar a millisecondo isolate, la cui esistenza è stata un enigma astrofisico per decenni, proprio perché le prime pulsar a millisecondo sono state trovate in sistemi binari. Questo destino “crudele” a cui potrebbe andare incontro la compagna è una delle ragioni per il nome di questi sistemi – redback, appunto».
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “Einstein@Home Discovery of the Gamma-ray Millisecond Pulsar PSR J2039-5617 Confirms Its Predicted Redback Nature” di C. J. Clark, L. Nieder, G. Voisin, B. Allen, C. Aulbert, O. Behnke, R. P. Breton, C. Choquet, A. Corongiu, V. S. Dhillon, H. B. Eggenstein, H. Fehrmann, L. Guillemot, A. K. Harding, M. R. Kennedy, B. Machenschalk, T. R. Marsh, D. Mata Sánchez, R. P. Mignani, J. Stringer, Z. Wadiasingh e J. Wu
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “Radio pulsations from the γ-ray millisecond pulsar PSR J2039-5617”, di A. Corongiu, R.P. Mignani, A.S. Seyffert, C. J. Clark, C. Venter, L. Nieder, A. Possenti, M. Burgay, A. Belfiore, A. De Luca, A. Ridolfi e Z. Wadiasingh