Per quasi un secolo, gli scienziati si sono adoperati per svelare il mistero della materia oscura – un qualcosa di sfuggente che abita nell’universo e che probabilmente costituisce gran parte della sua massa, ma che finora si è dimostrato impossibile da rilevare negli esperimenti.
Ora, un team di ricercatori ha utilizzato una tecnica innovativa chiamata spremuta quantistica (quantum squeezing) per accelerare notevolmente la ricerca in laboratorio di uno dei candidati attualmente più promettenti della materia oscura.
I risultati, pubblicati sulla rivista Nature, sono incentrati su una particella incredibilmente leggera e non ancora scoperta chiamata assione. Secondo la teoria, gli assioni sono probabilmente da miliardi a migliaia di miliardi di volte più piccoli degli elettroni e potrebbero essere stati creati durante il Big Bang in un numero enorme, abbastanza da spiegare l’esistenza della materia oscura.
Purtroppo, trovare questa particella è un po’ come cercare un ago quantistico in un enorme pagliaio. Con questo studio pare che adesso almeno potrebbe essere un pochino più facile di quanto lo sia stato finora.
I ricercatori del progetto Haystac (Haloscope At Yale Sensitive To Axion Cold Dark Matter) – guidato da Yale in partnership con Jila e l’Università della California, Berkeley – riferiscono di aver migliorato l’efficienza della caccia agli assioni superando un ostacolo fondamentale imposto dalle leggi della termodinamica. Il loro nuovo approccio permette di separare meglio i segnali incredibilmente deboli indotti dagli assioni, dal rumore casuale che esiste su scale estremamente piccole in natura, le cosiddette fluttuazioni quantistiche. La probabilità di trovare gli assioni nei prossimi anni è ancora paragonabile a quella di vincere alla lotteria, dice Konrad Lehnert, ma sono destinate ad aumentare, anche grazie a questo studio.
Quello che rende l’assione così difficile da trovare è anche ciò che lo rende un candidato ideale per la materia oscura: è leggero, non trasporta carica elettrica e quasi mai interagisce con la materia ordinaria. Tuttavia, quando gli assioni passano attraverso un campo magnetico abbastanza forte, una piccola percentuale può trasformarsi in radiazione elettromagnetica, che gli scienziati sono in grado di rilevare facilmente. Alcuni scienziati stanno cercando questi segnali elettromagnetici nello spazio, altri – come i ricercatori di Haystac – stanno cercando di farlo con i piedi ben piantati a Terra.
Il progetto, che ha pubblicato i suoi primi risultati nel 2017, utilizza una facility ultra fredda nel campus di Yale per creare forti campi magnetici, quindi cerca di rilevare il segnale degli assioni che si trasformano in radiazione. Non è una ricerca facile: gli scienziati hanno previsto che gli assioni potrebbero possedere una gamma estremamente ampia di masse teoriche, ognuna delle quali produrrebbe un segnale a una diversa frequenza della luce. Per trovare la particella, il team potrebbe dover esaminare una vasta gamma di frequenze, un po’ come se stesse sintonizzando una radio per trovare una singola stazione molto debole. Riuscire a trovare questi segnali potrebbe richiedere migliaia di anni.
Alcuni dei maggiori ostacoli che occorre affrontare sono le leggi stesse della meccanica quantistica, in particolare il principio di indeterminazione di Heisenberg, che limita l’accuratezza degli scienziati nell’osservazione delle particelle. In questo caso, il team non può misurare con precisione due diverse proprietà della luce prodotta dagli assioni, contemporaneamente.
La novità presentata nello studio è che il team Haystac è riuscito a superare questo ostacolo. Il trucco sta nell’usare uno strumento chiamato amplificatore parametrico Josephson. Gli scienziati di Jila hanno sviluppato un modo per utilizzare questi piccoli dispositivi per “spremere” la luce ottenuta da Haystac. La spremuta quantistica si avvantaggia del fatto che non è necessario rilevare con precisione entrambe le proprietà delle onde luminose in arrivo, bensì solo una di esse. Quindi, gli scienziati sono riusciti a spostare le incertezze nelle misurazioni da una di queste variabili all’altra. Per testare il metodo, i ricercatori hanno effettuato una prova per cercare la particella su un dato intervallo di masse: non l’hanno trovata ma l’esperimento ha richiesto la metà del tempo rispetto al solito, conclude Kelly Backes.
E i miglioramenti tecnologici per facilitare la ricerca di quel piccolo ago nell’enorme pagliaio potrebbero non essere finiti qui.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “A quantum enhanced search for dark matter axions” di M. Backes, D. A. Palken, S. Al Kenany, B. M. Brubaker, S. B. Cahn, A. Droster, Gene C. Hilton, Sumita Ghosh, H. Jackson, S. K. Lamoreaux, A. F. Leder, K. W. Lehnert, S. M. Lewis, M. Malnou, R. H. Maruyama, N. M. Rapidis, M. Simanovskaia, Sukhman Singh, D. H. Speller, I. Urdinaran, Leila R. Vale, E. C. van Assendelft, K. van Bibber e H. Wang