L’ESPLOSIONE 34 ANNI FA, NELLA NOTTE TRA IL 23 E IL 24 FEBBRAIO 1987

La stella di neutroni nascosta nel cuore di Sn 1987A

Si tratta di un oggetto rimasto nel mistero per oltre 30 anni, al centro della “regina delle supernove”. Grazie a uno studio guidato da ricercatori dell’Università di Palermo e dell’Inaf, è stata individuata e caratterizzata la sorgente energetica, risultata compatibile con una pulsar wind nebula

     23/02/2021

È la supernova più studiata di sempre, la più famosa dei tempi moderni: prima di collassare – evento osservato la notte tra il 23 e il 24 febbraio 1987 – la supernova 1987A era la più brillante e vicina alla Terra, nella Grande Nube di Magellano a circa 170mila anni luce. L’esplosione della stella è stata talmente energetica da essere visibile per qualche tempo persino a occhio nudo. In 34 anni, Sn 1987A è stata indagata in ogni dettaglio, anche se i suoi segreti non sono stati ancora svelati del tutto dagli astronomi. In particolare, non era chiaro se l’esplosione avesse portato alla formazione di un buco nero o di una stella di neutroni, prevista dai modelli di supernova. Grazie a dati raccolti dai telescopi spaziali Chandra X-ray Observatory e NuStar (entrambi della Nasa) e al lavoro di un gruppo di ricercatori guidati da Emanuele Greco, dottorando dell’Università di Palermo e associato all’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), è stata trovata la prova della presenza di una stella di neutroni al centro del resto di supernova. L’articolo con tutti i risultati delle osservazioni verrà pubblicato domani su The Astrophysical Journal.

Emissione X del resto di supernova 1987A osservata nel 2014 da NuStar (immagine in toni di blu nel pannello a sinistra) e Chandra (immagine in toni di rosso nel pannello centrale). Il pannello centrale mostra anche la distribuzione spaziale tridimensionale (3D) del materiale stellare freddo assorbente (in toni di grigio) e dell’emissione X dovuta all’interazione dell’onda d’urto della supernova con il mezzo ambiente (in toni di rosso, sovrapposta all’immagine Chandra) sintetizzati da un modello 3D magnetoidrodinamico che descrive l’evoluzione di Sn 1987A (Orlando et al. 2020, A&A 636, id.A22). Nello stesso pannello sono indicati il centro dell’esplosione e la posizione della stella di neutroni prevista dal modello a seguito dell’esplosione della supernova. Il pannello a destra mostra una rappresentazione artistica (https://skfb.ly/6XsFI) della stella di neutroni magnetizzata e rotante (una pulsar) che alimenta la “pulsar wind nebula”. Il modello interattivo 3D può essere visitato al link https://skfb.ly/6XZIU. Crediti: Salvatore Orlando/Inaf

Luminose e intermittenti come dei fari cosmici, le stelle di neutroni non sono altro che resti compatti derivati da potenti esplosioni di supernova composti da materiali estremamente densi e la cui struttura è sostenuta dalla pressione di neutroni liberi. Si tratta di oggetti dotati di un’altissima densità e di un campo gravitazionale superficiale cento miliardi di volte più intenso di quello della Terra. Le stelle di neutroni vengono chiamate anche “stelle degeneri” e si formano quando il nucleo di una stella massiccia collassa. Grazie ai loro forti campi magnetici e alla loro rapida rotazione, questi oggetti emettono in tutte le bande della radiazione elettromagnetica e possono produrre una pulsar wind nebula, ossia una nebulosa altamente energetica alimentata dalla pulsar al suo interno. Sarebbe questo, quindi, l’oggetto misterioso trovato dai ricercatori al centro del resto di supernova Sn 1987A.

«Questo progetto è nato con lo scopo di identificare l’oggetto compatto che si nasconde all’interno della supernova (Sn) 1987A», dice Greco, primo autore dell’articolo, in riferimento al nuovo studio. «Numerosi indizi sembrano indicare che un oggetto incredibilmente denso, una stella di neutroni o pulsar, stia emettendo all’interno di questo resto di supernova. Tuttavia, il freddo e denso materiale espulso dalla stella durante l’esplosione impedisce alla radiazione di emergere e a noi di studiare le proprietà fisiche di un oggetto compatto così giovane».

Come sono arrivati al risultato? «Ciò che abbiamo fatto è stato analizzare i dati di Sn 1987A raccolti dai telescopi X Chandra e NuStar», spiega il giovane ricercatore, «poiché in questa banda l’assorbimento del materiale freddo è molto ridotto. Abbiamo identificato un segnale proveniente da Sn 1987A compatibile con quello di una pulsar wind nebula. Questo rappresenta il primo forte indizio dell’effettiva esistenza della pulsar di 1987A e sarà di cruciale importanza monitorare come la radiazione emessa cambi col passare degli anni».

Il team ha trovato prove di particelle ad alta energia che si muovono a spirale attorno a linee di campo magnetico, utilizzando il telescopio NuStar che è in grado di rilevare raggi X ad alta energia emessi da queste particelle. Qual è quindi l’origine di questa emissione di raggi X? Le possibili spiegazioni sono due: una pulsar wind nebula oppure dalle particelle che vengono accelerate dall’onda d’urto generata dall’esplosione della supernova. Quest’ultimo scenario non richiede la presenza di una pulsar e si verifica al bordo estremo del resto di supernova.

Lo studio pubblicato da Greco e colleghi conferma la presenza di una pulsar wind nebula con due motivazioni di base. In primo luogo, la luminosità dei raggi X è rimasta pressoché invariata tra il 2012 e il 2014, mentre l’emissione radio è aumentata (ciò va contro le aspettative nello scenario delle particelle energetiche accelerate nell’onda d’urto della supernova). Secondariamente, gli autori stimano  che ci vorrebbero quasi 400 anni per accelerare gli elettroni fino alle più alte energie viste nei dati NuStar, cioè un lasso di tempo oltre dieci volte più lungo rispetto all’effettiva età del resto di supernova in questione.

La pulsar al centro di Sn 1987A è circondata da gas e polvere freddi e densi. Gli autori hanno utilizzato simulazioni numeriche all’avanguardia che descrivono l’evoluzione di Si 1987A per stimare come l’assorbimento da parte di questo materiale oscuri l’emissione X della pulsar wind nebula. In questo modo, i ricercatori hanno ricostruito l’emissione intrinseca della pulsar wind nebula scevra dall’assorbimento del gas circostante.

«Gli scienziati si sono domandati se fosse trascorso un tempo sufficiente a far sì che una pulsar si formasse, o addirittura se, in seguito all’esplosione di supernova, si fosse generato un buco nero», dice Marco Miceli dell’Università di Palermo, anch’egli associato all’Inaf di Palermo. «Questo è stato un mistero per decenni e siamo orgogliosi di fornire nuove informazioni grazie a questo risultato».

I dati di Chandra e NuStar avvalorano un risultato del 2019 ottenuto con l’Atacama Large Millimeter Array (Alma) che ha fornito una possibile indicazione di emissione radio da una pulsar wind nebula, la cui identificazione potrebbe ora essere confermata con i nuovi dati nei raggi X. Se questa fosse davvero una stella di neutroni, o pulsar, al centro di SN 1987A, sarebbe la più giovane mai trovata.

«Essere in grado di guardare una pulsar essenzialmente sin dalla sua nascita sarebbe qualcosa senza precedenti», dice Salvatore Orlando, uno dei co-autori dell’articolo per l’Inaf di Palermo. «Potrebbe essere un’opportunità unica per studiare lo sviluppo di una baby pulsar».

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