Se vi piace l’astronomia a tinte forti, avrete probabilmente seguito la vicenda dell’affievolimento di Betelgeuse. Fra novembre 2019 e febbraio 2020 la stella supergigante della costellazione di Orione impallidì progressivamente fino a raggiungere circa un terzo della sua luminosità normale, al punto da suscitare attese per un’imminente “morte” – e conseguente esplosione di supernova. Esplosione che non si è però verificata, anzi: da allora Betelgeuse ha ripreso colore, e grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Hubble si è potuto appurare che la probabile causa del temporaneo oscuramento fu una nube di polvere, prodotta a seguito di un’imponente emissione di plasma dalla stella stessa.
Ebbene, il fenomeno si sta ripetendo, ma con un’altra stella: molto più grande, molto più massiccia e molto più “violenta” di Betelgeuse. Un astro dalle dimensioni monstre, enorme al punto che se la piazzassimo al centro del Sistema solare i suoi bordi arriverebbero a lambire lo spazio fra l’orbita di Giove e quella di Saturno. Un’ipergigante rossa di nome VY Canis Majoris. Residente a circa 3900 anni luce da noi nella costellazione del Cane Maggiore – prospetticamente, dunque, non lontana da quella del cacciatore Orione, che ospita Betelgeuse – VY Canis Majoris è una stella del tutto fuori dal comune. Trecentomila volte più luminosa del Sole, in passato nonostante la distanza anche VY Canis Majoris, come Betelgeuse, era visibile a occhio nudo. Da tempo però si è oscurata al punto da poter essere vista solo con i telescopi.
«È assolutamente incredibile. È una delle stelle più grandi che conosciamo – una supergigante rossa molto evoluta. Ed è stata protagonista di molteplici eruzioni giganti», spiega l’astrofisica Roberta Humphreys dell’Università del Minnesota, prima autrice dell’articolo che il mese scorso, su The Astronomical Journal, ha ripercorso attraverso le osservazioni del telescopio spaziale Hubble la storia dell’ipergigante. «E si sta comportando come se fosse una Betelgeuse sotto steroidi».
Sono proprio le eruzioni giganti di VY Canis Majoris l’argomento principale dello studio di Humphreys e colleghi. Enormi archi di plasma che si estendono a distanze pari a migliaia di volte quella che separa la Terra dal Sole, assomigliano alle protuberanze del Sole, ma su scala molto più grande. E al contrario dalle protuberanze solari si stanno staccando dalla stella, come se venissero scagliate via. Nel corso di precedenti studi, condotti sempre con Hubble, Humphreys e il suo team erano stati in grado di datare le espulsioni dalla stella di alcune di queste grandi strutture: sarebbero avvenute nell’arco di secoli, alcune negli ultimi 100-200 anni.
Oggetto del nuovo studio sono invece le formazioni più recenti, più vicine alla stella, che potrebbero avere meno di un secolo. Grovigli di gas caldo dei quali Hubble ha consentito di misurare la velocità e il movimento, così da datarne con accuratezza l’eruzione. Ebbene, molti di essi risalgono a episodi avvenuti nel 19esimo e nel 20esimo secolo, proprio l’epoca in cui la luminosità apparente di VY Canis Majoris è scesa a un sesto di quella abituale.
Parliamo di masse gigantesche: alcuni di questi “nodi”, come vengono chiamati, contengono l’equivalente di due pianeti Giove. E all’origine della loro emissione ci sono celle convettive simili a quelle solari ma enormemente più grandi – ciascuna grande quanto l’intero Sole, se non di più. Insomma, come nella Brobdingnag dei Viaggi di Gulliver, su VY Canis Majoris tutto assume proporzioni smisurate. Al punto da far ipotizzare a Humphreys e colleghi che il processo d’espulsione di queste ciclopiche masse di gas potrebbe essere il principale meccanismo di perdita di materia per le supergiganti rosse – fenomeno ancora non del tutto compreso.
Nessuna delle supergiganti rosse conosciute – anche quelle molto brillanti e altrettanto attive nell’emissione di polvere – mostra però una dinamica così complessa come quella VY Canis Majoris. «A rendere VY Canis Majoris così speciale», suggerisce Humphreys, «potrebbe essere il fatto di trovarsi in uno stato evolutivo unico, che la separa dalle altre stelle. Probabilmente sarà così attiva per un periodo molto breve, forse solo poche migliaia di anni. Non avremo occasione di vederne molte altre, da queste parti».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astronomical Journal l’articolo “The Mass-Loss History of the Red Hypergiant VY CMa”, di Roberta M. Humphreys, Kris Davidson, A. M. S. Richards, L. M. Ziurys, Terry J. Jones e Kazunori Ishibashi