La cometa Catalina, scoperta nel 2013, si è illuminata nei cieli terrestri all’inizio del 2016 raggiungendo e superando la soglia per la visibilità a occhio nudo. Era una cometa dinamicamente nuova, ossia che impiegava talmente tanto tempo a orbitare attorno al Sole che quello del 2016 era solo il primo ingresso nella regione planetaria interna fin dai tempi della sua formazione. Ed è stata anche l’ultima, in quanto al perielio ha raggiunto una velocità ben maggiore di quella necessaria a fuggire dalla gravità del Sole, ponendosi su un’orbita iperbolica che la porterà a perdersi nello spazio interstellare.
Tra i molti osservatori che hanno immortalato la cometa, raccogliendone dati e osservazioni, c’è stato anche l’osservatorio Sofia (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy), un telescopio volante nato da una collaborazione tra la Nasa e la Dlr tedesca specializzato nel carpire le frequenze infrarosse da una posizione privilegiata a bordo di un aeroplano.
Un gruppo di ricercatori statunitensi guidato da Charles Woodward della University of Minnesota ha utilizzato i dati di Sofia per determinare la composizione del materiale espulso dalla cometa. Il gas e la polvere della sua coda hanno rivelato una composizione ricca in carbonio e questo ha portato a ipotizzare che le comete come Catalina potrebbero essere state una sorgente essenziale di carbonio per i pianeti del Sistema solare interno, come la Terra o Marte.
«Ancora non sappiamo se la Terra, durante la sua formazione, ha potuto incorporare abbastanza carbonio per conto suo», ha detto Woodward. «Le comete ricche in carbonio potrebbero quindi essere state un’importante sorgente di questo elemento essenziale per la vita come la conosciamo». A causa delle elevate temperature nel Sistema solare interno durante il processo di formazione planetaria, gli elementi come il carbonio sono probabilmente andati perduti per la maggior parte, e l’arrivo di comete dal Sistema Solare esterno potrebbe quindi aver dato il suo contributo nel rifornire i pianeti interni di questo prezioso elemento.
Il Sistema solare esterno, nella regione della nube di Oort, è un luogo relativamente tranquillo: perlopiù spazio vuoto e freddo punteggiato di comete, in cui l’attività solare è debole, gli scontri sono rari, e i corpi planetari restano sostanzialmente inalterati nel tempo. Studiare i corpi che vengono da laggiù – le comete come Catalina, per l’appunto – offre quindi uno spiraglio fondamentale per lo studio delle origini del Sistema solare.
Ulteriori misure di comete dinamicamente nuove, che vengono dalle regioni più recondite del Sistema solare, potranno dare un contributo nel supportare o meno l’ipotesi del trasporto di carbonio. Non resta che aspettare il loro arrivo.
- Per saperne di più: leggi l’articolo su The Planetary Science Journal “The Coma Dust of Comet C/2013 Us10 (Catalina): A Window into Carbon in the Solar System” di E. Woodward, D.H. Wooden, D.E. Harker, M.S.P. Kelley, R.W. Russell e D.L. Kim