I quasar sono nuclei di galassie che ospitano al centro buchi neri supermassicci talmente attivi da risultare luminosissimi anche a distanze abissali. Non a caso, man mano che la tecnologia avanza e l’esperienza aumenta, gli astronomi ne individuano di sempre più lontani. Un record dopo l’altro, il più recente risale a meno di due mesi fa. Ed è di oggi la notizia di un nuovo primato di distanza: la scoperta del quasar radio-loud – ovvero, forte emettitore di onde radio – più lontano conosciuto. Nel linguaggio degli astronomi, ha un redshift pari a 6.82: ovvero le sue onde radio ricevute qui sulla Terra oggi, emesse quando l’universo aveva appena 780 milioni di anni, hanno impiegato circa 13 miliardi di anni per raggiungerci. Detto altrimenti, è la “stazione radio” più remota che sia mai stata captata. A firmarne la scoperta, pubblicata su The Astrophysical Journal, è un team di astronomi guidato da Eduardo Bañados del Max-Planck-Institut für Astronomie, in Germania, e da Chiara Mazzucchelli, astronoma italiana oggi borsista dell’Eso in Cile. Team del quale fanno parte anche Roberto Decarli e Antonio Pensabene dell’Inaf di Bologna.
Il più lontano quasar fra quelli che emettono onde radio, dicevamo. Già, perché nonostante il nome – quasar sta per quasi-stellar radio source, vale a dire radiosorgente quasi stellare – i quasar radio-loud sono la minoranza: appena il dieci per cento di quelli noti, mentre tutti i restanti sono radio-quiet. Per riuscire a coprire l’enorme distanza che ci separa, l’emittente di P172 + 18 (questo il nome del quasar) deve avere una potenza inimmaginabile. E in effetti così è: si tratta di un buco nero circa 300 milioni di volte più massiccio del Sole che sta consumando gas a una velocità sbalorditiva. «Il buco nero sta divorando la materia molto rapidamente, crescendo in massa a uno dei tassi più alti mai osservati», spiega Mazzucchelli.
Ma potrebbe essere vero anche il processo contrario: se il buco nero riesce a “mangiare materia” così voracemente, sospettano gli astronomi, è proprio grazie al potente getto di onde radio, che interagendo con l’ambiente circostante favorisce la caduta del gas verso il buco nero. A questo proposito val la pena ricordare che anche l’ambiente attorno al quasar è oggetto di studio. Non solo: i ricercatori del team hanno individuato una seconda sorgente radio nelle vicinanze di P172 + 18. Ancora però non ne hanno calcolato il redshift – e dunque la distanza. «Non sappiamo ancora in che tipo di ambiente questo quasar si sia formato», dice Decarli riferendosi a P172 + 18. «Si tratta di un oggetto piuttosto isolato, oppure risiede in una eccezionale sovradensità come altri quasar studiati in queste epoche cosmiche?».
Certo è che per individuare e caratterizzare P172 + 18 sono scesi in campo i più grandi telescopi e radiotelescopi al mondo. La prima identificazione come candidato quasar risale al 2015, grazie alla survey Pan-Starrs, utilizzando un telescopio ottico alle Hawaii. I dati del Very Large Array hanno poi mostrato la presenza, nella stessa posizione, di un oggetto che emetteva onde radio. La conferma che si trattasse proprio di un lontano quasar è arrivata grazie alle osservazioni condotte con il telescopio Magellano dell’Osservatorio Las Campanas, in Cile, da Bañados e Mazzucchelli.
«Non appena abbiamo ottenuto i dati», ricorda Bañados, «ci è bastata un’occhiata per capire subito di aver scoperto il quasar radio-loud più distante conosciuto finora». È poi seguita una serie d’osservazioni con altri strumenti, incluso lo spettrografo X-shooter sul Vlt dell’Eso, che ha permesso agli scienziati del team di determinare proprietà fondamentali del quasar, quali la massa del buco nero e la velocità con cui sta mangiando materia da ciò che lo circonda.
L’importanza della scoperta di un quasar radio-loud così distante non sta ovviamente nel record in sé – anche perché tutto fa pensare che non sia destinato a resistere a lungo – quanto nelle informazioni che offre sia riguardo all’universo primordiale sia agli oggetti e agli ambienti a noi più vicini, quelli percorsi dall’emissione radio. Emissioni che, analizzate con gli spettroscopi, rivelano attraverso le righe di assorbimento la composizione chimica del gas attraversato. «Quasar come questo», conclude infatti Bañados, «servono anche come fari per studiare la materia che si trova fra loro e la Terra».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “The discovery of a highly accreting, radio-loud quasar at z=6.82”, di Eduardo Banados, Chiara Mazzucchelli, Emmanuel Momjian, Anna-Christina Eilers, Feige Wang, Jan-Torge Schindler, Thomas Connor, Irham Taufik Andika, Aaron J. Barth, Chris Carilli, Frederick B. Davies, Roberto Decarli, Xiaohui Fan, Emanuele Paolo Farina, Joseph F. Hennawi, Antonio Pensabene, Daniel Stern, Bram P. Venemans, Lukas Wenzl e Jinyi Yang
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