Che sia dal bordo di un abisso ipogeo o dal ciglio di un salto di roccia sulla sommità di una montagna, dal piolo più alto di una scala o dalla finestra di un palazzo, quando ci affacciamo e guardiamo verso il basso sentiamo di essere inevitabilmente attratti. Di fatto, quel qualcosa che ci attrae è la gravità. Ci attrae non solo con il corpo ma anche con la mente… nel senso che la gravità è attraente, sia a livello istintivo che razionale.
Già dopo pochi secondi dalla nascita, il riflesso di Moro rivela una verità importante della nostra interazione con la gravità: la conosciamo a livello istintivo, ben prima di avere interazioni coscienti con il resto dell’universo fisico. Poi, con il tempo, la nostra conoscenza della gravità si modifica, mentre sviluppiamo la capacità di osservare l’universo fisico e di comprenderne le leggi.
C’è una persona che queste leggi le conosce molto bene, anche quando si applicano agli oggetti più estremi dell’universo. Una persona che più volte, in questi anni, ci ha guidato nella comprensione dei fenomeni più affascinanti della natura, e che con pazienza e chiarezza ci ha raccontato cosa avviene in luoghi dove la nostra immaginazione fatica ad arrivare. È Luciano Rezzolla, astrofisico della Goethe University di Francoforte, autore di un recente saggio – L’irresistibile attrazione della gravità, edito da Rizzoli e selezionato come finalista al Premio Cosmos – di cui oggi vi proponiamo una recensione (con qualche spoiler).
Dai primi anni di scuola, per spiegare la gravità ai bambini si parte dalla famosa mela di Newton e dal fatto che – staccata dal ramo – non galleggia nello spazio ma cade al suolo. Già nei primi capitoli di questo libro scoprirete, ripercorrendo il lavoro dei padri della gravità sapientemente narrato dall’autore, che questa visione è limitata e addirittura fuorviante, che la gravità non è una forza e che la massa, da sola, non è sufficiente a descriverla. L’autore racconta, in modo avvincente, le osservazioni astronomiche che contribuirono ad aprire delle crepe nella teoria della gravitazione di Newton, conducendo il lettore a scoprire – grazie alla teoria della relatività generale di Einstein – cosa sia, davvero, la gravità.
Verrete affiancati dall’autore in un lungo viaggio nel quale, oltre alla pazienza, è richiesto lo sforzo di immaginare una realtà molto lontana da quella a cui siete abituati. Nel percorso difficilmente rimarrete indietro, sebbene la fisica descritta sia impegnativa. L’autore riesce a spiegare in modo semplice ma rigoroso gli aspetti più complicati della fisica, facendo intuire anche al lettore meno esperto come funzionano le leggi che la governano. Il testo è estremamente scorrevole, accurato, pieno di riferimenti alla vita quotidiana, di analogie, di paragoni che tengono – come la gravità – con i piedi per terra. Comprenderete il concetto di spaziotempo e di curvatura, capirete come la gravità non sia altro che una manifestazione di quest’ultima e che la ragione per cui la mela cade verso il basso, una volta staccata dall’albero, è legata al segno della curvatura dello spaziotempo in cui si trova l’albero.
Ogni tanto verrete chiamati a fare degli esperimenti mentali – Gedankenexperiment, in tedesco – che non necessitano di alcun apparato strumentale ma solo di una buona dose di immaginazione e un’ottima conoscenza della fisica. Alla prima dovrete pensare voi, alla seconda ci penserà l’autore. Questi esperimenti, condotti usando solo la mente, sulla base di considerazioni logiche e fisiche, vi permetteranno di ottenere risultati “virtuali” molto difficili, se non impossibili, da ottenere in laboratorio e vi permetteranno di indagare i limiti della gravità.
Compresa la natura della gravità – e di come sia indissolubilmente legata alla curvatura dello spaziotempo – affronterete le altre tappe del viaggio, esplorando i limiti della gravità stessa. Anche in questo caso, l’autore ripercorre le storiche tappe che hanno portato – alla fine degli anni ’50, inizio anni ’60 – alla scoperta di due meraviglie della fisica: le stelle di neutroni e i buchi neri.
L’autore racconta come, con l’avvento dell’astronomia X – in un clima di fiducia e “ottimismo cognitivo”, quando l’evoluzione stellare si pensava fosse compresa in ogni suo aspetto –, gli astronomi scoprirono che in un angolo buio del cielo, dove si trova una piccola stella decisamente ordinaria quando osservata con un normale telescopio, qualcosa risplendeva con una luminosità X enormemente più grande di quanto fosse lecito attendersi. Dati alla mano, gli astronomi capirono ben presto che quel qualcosa non poteva avere nulla a che vedere con i processi di fusione nucleare. La scoperta di questo oggetto, chiamato Scorpius X-1 – insieme a quella di un altro oggetto apparentemente simile, ma in realtà ben diverso, Cygnus X-1 – demolì gran parte delle certezze che l’astrofisica aveva impiegato circa trent’anni a costruire. È così che, ripercorrendo le tappe dell’evoluzione di stelle di grande massa, l’autore descrive come tali stelle riescano a produrre elementi pesanti fino al ferro e, giunte a quel punto, si ritrovino a collassare su sé stesse finché non interviene tutt’altro genere di pressione a fermarne la contrazione.
«Mi ha sempre colpito» scrive Rezzolla, «che l’atto finale della luminosa e frenetica vita di una stella massiccia – nonché del catastrofico processo che ne rivela la morte – segni anche la nascita di uno degli oggetti più affascinanti della fisica: una stella di neutroni». Sfere perfette di densità inimmaginabili, con frequenze di rotazione altissime e temperature e campi magnetici estremamente elevati, che il lettore potrà approfondire in termini di proprietà osservative, struttura e composizione interna, in un capitolo interamente dedicato a queste meraviglie della fisica.
Dopo le stelle di neutroni è la volta dei buchi neri, campioni di curvatura, e rimarrete stupiti dal fatto che – nonostante l’esperienza quotidiana suggerisca che più è complesso un oggetto, un organismo o un fenomeno fisico, maggiore è la quantità di informazioni necessarie per descriverlo – i buchi neri sono gli oggetti fisici macroscopici più semplici in assoluto. Oltre a descrivere la fisica di questi oggetti, un capitolo dedicato ripercorre le tappe che hanno portato alla prima immagine di un buco nero, nel cuore di M87, da parte dell’Event Horizon Telescope, spiegando in dettaglio il motivo per cui tale immagine appare come la vediamo.
Arrivati quasi al termine del lungo viaggio, consapevoli di cosa sia la curvatura dello spaziotempo e cosa comporti in termini di gravità, nell’ultimo capitolo l’autore affronta un altro interessante aspetto: la propagazione di perturbazioni nella curvatura dello spaziotempo. Stiamo parlando delle onde gravitazionali, la cui rivelazione nel 2015 ha segnato la nascita della cosiddetta astronomia multi-messaggera, che ha aperto una nuova finestra sull’universo.
Nel viaggio percorso con l’autore, troverete le risposte alle tante domande che ognuno di noi si è fatto almeno una volta nella vita, oltre a quelle che inevitabilmente sorgono leggendo il libro. «Quello che sperimentiamo nel corso della nostra vita sulla Terra non è che una goccia nell’oceano del fisicamente possibile», conclude Rezzolla, ed è importante non mettere limiti all’immaginazione: «Prima della matematica avanzata, delle complesse simulazioni e dei sofisticati esperimenti – tutti comunque indispensabili – viene l’agilità delle nostre menti e i loro viaggi di immaginazione. Sono loro che, più di ogni altra cosa, ci consentono di estendere i limiti della conoscenza».
Che la gravità attragga è ovvio a tutti e, dopo la lettura di questo libro, risulterà chiaro il perché. Volenti o nolenti, come afferma l’autore, non possiamo sottrarci alla gravità e alla sua irresistibile attrazione sulla nostra mente.