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L’acceleratore più potente della galassia

Le regioni di intensa formazione stellare nella Via Lattea sono acceleratori cosmici ancor più potenti delle supernove, portando le particelle fino a energie dell'ordine dei petaelettronvolt – milioni di miliardi di elettronvolt. Lo propone uno studio del Cygnus Cocoon, gigantesca bolla che avvolge un prolifico “vivaio” stellare, basato su quasi quattro anni di osservazioni con l'esperimento Hawc in Messico

     18/03/2021

Ci sono voluti 1343 giorni di osservazioni, ma alla fine la risposta a uno dei più dibattuti problemi dell’astrofisica moderna sembra essere arrivata. L’annoso quesito riguarda l’origine di alcuni dei più energetici tra i raggi cosmici, particelle ad altissima energia che raggiungono la Terra dalle profondità dell’universo, scoperte per la prima volta nel 1912. Adesso, grazie ai dati raccolti dall’High-Altitude Water Cherenkov gamma-ray observatory (Hawc), esperimento che comprende 300 serbatoi di acqua purissima situati a 4100 metri s.l.m. sul fianco di un vulcano spento in Messico, un team internazionale di ricerca ha identificato il più potente acceleratore di particelle naturale mai osservato nella Via Lattea.

Immagine del Cygnus Cocoon basata su dati nell’infrarosso del satellite Spitzer, che osserva l’emissione da parte della polvere interstellare, combinata con una mappa di significatività dell’emissione gamma (in scala di colori dal verde-giallo al rosso) basata sui dati Hawc. Crediti: Tev: Binita Hona (Hawc Collaboration); infrarosso: Hora et al., Spitzer’s Growing Legacy, Asp Conference Series 2010, P. Ogle Ed.

Le osservazioni hanno rivelato l’emissione di raggi gamma – i fotoni più energetici nello spettro elettromagnetico – con energie tra 1 e 100 teraelettronvolt (TeV; 1 TeV è pari a mille miliardi di eV) proveniente dal Cygnus Cocoon, il Bozzolo del Cigno, un’enorme regione nel disco galattico dove ha luogo un’intensa attività di formazione stellare.

«La scoperta fatta grazie all’osservatorio Hawc è un elemento importante di un puzzle scientifico che va avanti da oltre cento anni, il cui scopo è decifrare la natura dei raggi cosmici, soprattutto quando si parla delle particelle con le energie più elevate che si trovano nella nostra galassia», commenta Sabrina Casanova dell’Istituto di fisica nucleare dell’Accademia polacca delle scienze a Cracovia, una delle ricercatrici che ha guidato lo studio pubblicato la scorsa settimana su Nature Astronomy.

Per decenni l’ipotesi più accreditata vedeva nei resti delle supernove – le esplosioni che si verificano alla fine della vita di una stella massiccia – i principali siti di accelerazione per queste particelle. Si tratta effettivamente di potenti acceleratori cosmici, ma non abbastanza da imprimere sufficiente energia alle particelle per raggiungere i petaelettronvolt (PeV, pari a un milione di miliardi di eV; 1 PeV è pari a 1000 TeV). Cosa che invece sarebbero in grado di fare gli ammassi stellari.

«Abbiamo scoperto raggi gamma ad alta energia provenienti da Cygnus Ob2, una regione di formazione di stelle massicce situata all’interno della superbolla Cygnus Cocoon, il che significa che è probabilmente la fonte di questi raggi cosmici galattici ad alta energia», spiega il co-autore Patrick Harding del Los Alamos National Laboratory, negli Stati Uniti. Distante 4600 anni luce dalla Terra, verso la costellazione del Cigno, il Cygnus Cocoon è una regione dal diametro di circa 180 anni luce dove nascono stelle molto brillanti e massicce, dalla vita breve – su scale cosmiche, ovviamente – e scoppiettante, caratterizzate da forti venti stellari. Ospita inoltre due giovani ammassi di stelle, Cygnus Ob2 e Ngc 6910. È la turbolenta natura di questi ammassi, permeati da campi magnetici, che fa di loro dei potentissimi acceleratori cosmici.

Come sappiamo dagli acceleratori di particelle artificiali sulla Terra, i campi magnetici sono un elemento cruciale per mantenere le particelle confinate entro una regione limitata e continuare ad accelerarle ad energie sempre più elevate. In un resto di supernova, i protoni o gli elettroni non hanno abbastanza tempo per accelerare fino a raggiungere un’energia cinetica di diverse centinaia di TeV prima di abbandonare la regione. Invece, all’interno di un giovane ammasso di stelle massicce, la turbolenza dei potenti venti stellari che interagiscono tra loro aiuterebbe a confinare le particelle per milioni di anni, e così alcune di esse avrebbero la possibilità di raggiungere energie dell’ordine dei PeV.

«I resti di supernova hanno shock molto veloci dove i raggi cosmici possono essere accelerati, ma non hanno regioni di confinamento a lungo termine», prosegue Casanova. «È qui che vengono in aiuto gli ammassi stellari. Sono un’associazione di stelle che può creare disturbi che confinano i raggi cosmici e permettono agli shock di accelerarli».

Come funziona l’osservatorio Hawc (cliccare per ingrandire). Crediti: Sílvia Bravo Gallart / Wisconsin IceCube Particle Astrophysics Center (Wipac)

Alle altissime energie studiate da Hawc, che traccia la radiazione gamma emessa dai raggi cosmici nei siti di accelerazione galattica attraverso le particelle secondarie che la radiazione gamma stessa produce quando interagisce con l’atmosfera terrestre, il Cygnus Cocoon è la sorgente più brillante del cielo visibile dall’emisfero settentrionale. Quasi 4 anni di osservazioni di questo “vivaio” di stelle hanno rivelato raggi gamma con energie anche diverse dozzine di volte maggiori rispetto a quelle registrate in precedenza dai rivelatori Fermi-Lat e Argo.

Restano ancora dubbi sulla natura delle particelle che hanno emesso questa radiazione gamma. Se all’origine ci fossero elettroni, le loro energie dovrebbero essere parecchie volte superiori all’energia dei fotoni gamma rivelati; se invece si trattasse di protoni, le loro energie dovrebbero essere all’incirca pari a 1 PeV, cento volte maggiore rispetto all’energia delle collisioni di protoni all’interno dell’acceleratore Lhc del Cern. «La nostra analisi non fornisce una conclusione chiara riguardo all’origine dei fotoni con energie che raggiungono i 100 TeV», sottolinea Casanova. «Tuttavia, punta a un chiaro favorito: protoni con energie estreme, accelerati in collisioni di venti stellari e quindi che emettono fotoni gamma quando entrano in collisione con materiale interstellare». Si attende conferma da osservazioni future, ma secondo questa interpretazione l’ammasso stellare Cygnus Ob2, all’interno del Cygnus Cocoon, sarebbe il più potente tra gli acceleratori identificati finora nella Via Lattea.

Oltre a Hawc, il team di ricerca ha in programma di lavorare con il Southern Wide-field Gamma-ray Observatory (Swgo), un osservatorio attualmente in fase di progettazione in Sud America, simile a Hawc ma con l’obiettivo di scrutare il cielo dell’emisfero meridionale. In questo modo, spiega la co-autrice Petra Huentemeyer della Michigan Technological University, «avremo una buona visuale del centro galattico che non abbiamo dall’emisfero settentrionale. Swgo potrebbe darci molti più candidati in termini di ammassi stellari». E chissà, forse scoprire anche nuovi acceleratori.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Hawc observations of the acceleration of very-high-energy cosmic rays in the Cygnus Cocoon” di A. U. Abeysekara, A. Albert, R. Alfaro, C. Alvarez, J. R. Angeles Camacho, J. C. Arteaga-Velázquez, K. P. Arunbabu, D. Avila Rojas, H. A. Ayala Solares, V. Baghmanyan, E. Belmont-Moreno, S. Y. BenZvi, R. Blandford, C. Brisbois, K. S. Caballero-Mora, T. Capistrán, A. Carramiñana, S. Casanova, U. Cotti, S. Coutiño de León, E. De la Fuente, R. Diaz Hernandez, B. L. Dingus, M. A. DuVernois, M. Durocher, J. C. Díaz-Vélez, R. W. Ellsworth, K. Engel, C. Espinoza, K. L. Fan, K. Fang, H. Fleischhack, N. Fraija, A. Galván-Gámez, D. Garcia, J. A. García-González, F. Garfias, G. Giacinti, M. M. González, J. A. Goodman, J. P. Harding, S. Hernandez, J. Hinton, B. Hona, D. Huang, F. Hueyotl-Zahuantitla, P. Hüntemeyer, A. Iriarte, A. Jardin-Blicq, V. Joshi, D. Kieda, A. Lara, W. H. Lee, H. León Vargas, J. T. Linnemann, A. L. Longinotti, G. Luis-Raya, J. Lundeen, K. Malone, O. Martinez, I. Martinez-Castellanos, J. Martínez-Castro, J. A. Matthews, P. Miranda-Romagnoli, J. A. Morales-Soto, E. Moreno, M. Mostafá, A. Nayerhoda, L. Nellen, M. Newbold, M. U. Nisa, R. Noriega-Papaqui, L. Olivera-Nieto, N. Omodei, A. Peisker, Y. Pérez Araujo, E. G. Pérez-Pérez, Z. Ren, C. D. Rho, D. Rosa-González, E. Ruiz-Velasco, H. Salazar, F. Salesa Greus, A. Sandoval, M. Schneider, H. Schoorlemmer, F. Serna, A. J. Smith, R. W. Springer, P. Surajbali, K. Tollefson, I. Torres, R. Torres-Escobedo, F. Ureña-Mena, T. Weisgarber, F. Werner, E. Willox, A. Zepeda, H. Zhou, C. De León e J. D. Álvarez