Un gruppo internazionale di ricercatori ha studiato la “prima luce” dell’universo – il fondo cosmico a microonde (Cmb) o radiazione fossile del Big Bang – per tentare di risolvere il cosiddetto problema della materia barionica mancante e saperne di più sulla formazione delle galassie. Il loro lavoro potrebbe rivelarsi utile anche per far luce sull’energia oscura e testare la teoria della relatività generale di Einstein, fornendo nuovi dettagli sulla velocità con cui le galassie si stanno muovendo.
La materia oscura e l’energia oscura rappresentano circa il 95 per cento della massa e dell’energia totale dell’universo, e anche la maggior parte del restante 5 per cento – che è considerata materia ordinaria – è in gran parte invisibile, come il gas alla periferia delle galassie, all’interno degli aloni galattici. La maggior parte di questa materia ordinaria è costituita da neutroni e protoni – particelle chiamate barioni – di cui sono composti i nuclei di atomi come idrogeno ed elio. Solo circa il 10 per cento della materia barionica è sotto forma di stelle, e la restante parte si trova principalmente nello spazio tra le galassie, in filamenti di materia calda e diffusa nota come mezzo intergalattico tiepido-caldo, o Whim (warm-hot intergalactic medium). Poiché i barioni sono così diffusi nello spazio, è difficile per gli scienziati ottenere un’immagine ben definita della loro posizione e della loro densità attorno alle galassie. Per questo motivo, la maggior parte dei barioni dell’universo risulta “mancante”.
Ora, un team internazionale di ricercatori è riuscito a mappare la posizione di una parte di questi barioni fornendo quelle che attualmente sono le migliori misurazioni della loro posizione e densità attorno a gruppi di galassie. Con il loro studio, hanno scoperto che i barioni risiedo negli aloni delle galassie e che si estendono molto più lontano di quanto i modelli più accreditati avessero previsto. Mentre la maggior parte delle stelle di una singola galassia sono tipicamente contenute in una regione che dista circa 100mila anni luce dal centro della galassia stessa, queste misurazioni mostrano che per un dato gruppo di galassie, i barioni più distanti possono estendersi fino a circa 6 milioni di anni luce dal loro centro. Paradossalmente, questa materia mancante è ancora più difficile da mappare rispetto alla materia oscura, che possiamo osservare indirettamente attraverso i suoi effetti gravitazionali sulla materia normale.
Per arrivare a questi risultati, i ricercatori hanno sfruttato un processo noto come effetto Sunyaev-Zel’dovich che descrive come i fotoni del fondo cosmico a microonde acquisiscono energia tramite un processo di diffusione Compton inverso quando, attraversando un gas ionizzato come quello che circonda gli ammassi di galassie, interagiscono con gli elettroni del gas stesso. L’effetto Compton inverso si verifica appunto quando l’energia del fotone è molto più piccola di quella dell’elettrone, come in questo caso.
Gli scienziati hanno usato nuovi algoritmi informatici da loro sviluppati per cercare l’impronta della materia mancante partendo dalle distorsioni gravitazionali nel Cmb, effetto conosciuto come weak lensing, un processo di deflessione della radiazione del fondo cosmico a microonde quando interagisce con la materia che attraversa. Il fenomeno della lente gravitazionale si verifica quando oggetti massicci – come galassie e ammassi di galassie – si trovano quasi allineati lungo una particolare linea di vista, in modo che la curvatura dello spaziotempo indotta dalla massa devia la luce proveniente dall’oggetto più distante. Il weak lensing è una delle principali tecniche che gli scienziati utilizzano per comprendere l’origine e l’evoluzione dell’universo, compreso lo studio della materia oscura e dell’energia oscura.
«È come la filigrana su una banconota», spiega Schaan. «Se metti la banconota davanti a una sorgente di illuminazione, la filigrana appare come un’ombra. Per noi la retroilluminazione è il fondo cosmico a microonde, che illumina il gas da dietro, permettendoci di vedere la sua ombra mentre i fotoni del Cmb viaggiano attraverso quel gas».
I ricercatori si sono basati su un set di dati del Baryon Oscillation Spectroscopic Survey (Boss) nel New Mexico e sui dati Cmb dell’Atacama Cosmology Telescope (Act) in Cile e del telescopio spaziale Planck dell’Agenzia spaziale europea. In particolare, il Berkeley Lab ha svolto un ruolo di primo piano nella mappatura di Boss e ha sviluppato le architetture computazionali necessarie per l’elaborazione dei dati di Planck al National Energy Research Scientific Computing Center (Nersc). L’analisi, a partire dal software ThumbStack da loro sviluppato – è stata condotta utilizzando il supercomputer Cori presso il Nersc.
Nelle nuove immagini, gli aloni delle galassie appaiono come enormi aree sferiche sfocate, che si estendono ben oltre le regioni illuminate dalle stelle. ThumbStack si è rivelato molto efficace nel mappare gli aloni anche per gruppi di galassie che hanno aloni di bassa massa e per quelli che si stanno allontanando da noi molto rapidamente (le cosiddette galassie ad alto redshift).
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review D l’articolo “Atacama Cosmology Telescope: Combined kinematic and thermal Sunyaev-Zel’dovich measurements from BOSS CMASS and LOWZ halos” di Emmanuel Schaan, Simone Ferraro, Stefania Amodeo, Nick Battaglia, Simone Aiola, Jason E. Austermann, James A. Beall, Rachel Bean, Daniel T. Becker, Richard J. Bond, Erminia Calabrese, Victoria Calafut, Steve K. Choi, Edward V. Denison, Mark J. Devlin, Shannon M. Duff, Adriaan J. Duivenvoorden, Jo Dunkley, Rolando Dünner, Patricio A. Gallardo, Yilun Guan, Dongwon Han, J. Colin Hill, Gene C. Hilton, Matt Hilton, Renée Hložek, Johannes Hubmayr, Kevin M. Huffenberger, John P. Hughes, Brian J. Koopman, Amanda MacInnis, Jeff McMahon, Mathew S. Madhavacheril, Kavilan Moodley, Tony Mroczkowski, Sigurd Naess, Federico Nati, Laura B. Newburgh, Michael D. Niemack, Lyman A. Page, Bruce Partridge, Maria Salatino, Neelima Sehgal, Alessandro Schillaci, Cristóbal Sifón, Kendrick M. Smith, David N. Spergel, Suzanne Staggs, Emilie R. Storer, Hy Trac, Joel N. Ullom, Jeff Van Lanen, Leila R. Vale, Alexander van Engelen, Mariana Vargas Magaña, Eve M. Vavagiakis, Edward J. Wollack, Zhilei Xu
- Leggi su Physical Review D l’articolo “Atacama Cosmology Telescope: Modeling the gas thermodynamics in BOSS CMASS galaxies from kinematic and thermal Sunyaev-Zel’dovich measurements” di Stefania Amodeo, Nicholas Battaglia, Emmanuel Schaan, Simone Ferraro, Emily Moser, Simone Aiola, Jason E. Austermann, James A. Beall, Rachel Bean, Daniel T. Becker, Richard J. Bond, Erminia Calabrese, Victoria Calafut, Steve K. Choi, Edward V. Denison, Mark Devlin, Shannon M. Duff, Adriaan J. Duivenvoorden, Jo Dunkley, Rolando Dünner, Patricio A. Gallardo, Kirsten R. Hall, Dongwon Han, J. Colin Hill, Gene C. Hilton, Matt Hilton, Renée Hložek, Johannes Hubmayr, Kevin M. Huffenberger, John P. Hughes, Brian J. Koopman, Amanda MacInnis, Jeff McMahon, Mathew S. Madhavacheril, Kavilan Moodley, Tony Mroczkowski, Sigurd Naess, Federico Nati, Laura B. Newburgh, Michael D. Niemack, Lyman A. Page, Bruce Partridge, Alessandro Schillaci, Neelima Sehgal, Cristóbal Sifón, David N. Spergel, Suzanne Staggs, Emilie R. Storer, Joel N. Ullom, Leila R. Vale, Alexander van Engelen, Jeff Van Lanen, Eve M. Vavagiakis, Edward J. Wollack, Zhilei Xu