Sui cieli dell’Australia Occidentale è stata avvistata una medusa: si tratta di una struttura cosmica da record, osservata con il radiotelescopio Murchison Widefield Array (Mwa) all’interno dell’ammasso di galassie Abell 2877. I dati sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal a firma di un team guidato da Torrance Hodgson, dell’International Centre for Radio Astronomy Research (Icrar). Alla survey hanno partecipato anche due ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).
Il team ha osservato l’ammasso Abell 2877 per 12 ore a cinque frequenze radio comprese tra 87,5 e 215,5 megahertz. La sorpresa è arrivata abbassando la frequenza, quando una struttura spettrale simile a una medusa composta di plasma, ovvero gas ionizzato, è apparsa “davanti ai loro occhi”.
«La struttura era comparsa inizialmente nella prima survey di Mwa (chiamata Gleam)», spiega uno degli autori dello studio, Franco Vazza, ricercatore presso il Dipartimento di fisica e astronomia (Difa) dell’Università di Bologna e associato Inaf, «e sia la sua forma particolare sia il suo spettro di emissione “ripido” (ultra-steep spectrum, ovvero con molta più emissione alle basse frequenze che alle alte) aveva suggerito ai miei collaboratori di riosservare lo stesso campo più a lungo, usando la configurazione più aggiornata e potente del Mwa». Vazza ha condotto questa e altre ricerche nell’ambito del suo progetto europeo Magcow, finanziato dall’Unione europea per 5 anni.
Da quanto osservato si tratta di una medusa radio da record, perché nel range delle frequenze radio FM la medusa è luminosa e visibile, ma scompare appena si porta la frequenza a 200 MHz. Vazza spiega che la causa è «il suo spettro ripidissimo di emissione: l’emissione crolla di 100mila volte passando da una frequenza a una 10 volte superiore, quando per la maggior parte delle sorgenti note questo crollo è di un fattore 10 o 100. Questo ci indica chiaramente che gli elettroni emittenti in radio sono accelerati da un processo estremamente poco efficiente, che probabilmente stiamo osservando (per puro caso) la sorgente in una rarissima fase in cui si sta per spegnere, o si è appena accesa. In supporto a questa interessante osservazione, abbiamo prodotto delle simulazioni numeriche che cercano di spiegare come la “medusa” si possa essere formata: i nostri calcoli suggeriscono che questa struttura potrebbe essersi formata dalla temporanea fusione degli elettroni iniettati duecento milioni di anni prima da due radiogalassie presenti nell’ammasso, e successivamente attraversati da una debole onda d’urto che ha attraversato l’ammasso».
Come si è formata questa immensa struttura? Secondo Hodgson, «circa due miliardi di anni fa una manciata di buchi neri supermassicci provenienti da più galassie hanno espulso potenti getti di plasma. Questo plasma si è spento rimanendo inattivo. Di recente, sono successe due cose: il plasma ha iniziato a mescolarsi nello stesso momento in cui delle onde d’urto molto hanno attraversato il sistema. Questo ha riacceso per pochissimo tempo il plasma, illuminando la medusa e i suoi tentacoli» rendendosi “visibile” ai ricercatori.
La medusa di plasma è grande più di un terzo del diametro della Luna se osservata dalla Terra, ma può essere “vista” solo con radiotelescopi a bassa frequenza. Una location perfetta è quella del deserto australiano dove si trova Mwa, uno dei precursori del progetto internazionale Square Kilometre Array (Ska), a cui partecipa attivamente come nazione fondatrice anche l’Italia con l’Inaf. Proprio con Ska sarà possibile ottenere in futuro maggiori informazioni riguardo questa particolare struttura di gas ionizzato.
Guarda il video dell’Icrar:
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Ultra-Steep Spectrum Radio Jellyfish Uncovered in Abell 2877”, di Torrance Hodgson, Iacopo Bartalucci, Melanie Johnston-Hollitt, Benjamin McKinley, Franco Vazza, Denis Wittor