Avete mai fatto zorbing? È un’attività all’aperto in cui si entra dentro a una grande sfera di plastica trasparente e ben ammortizzata – lo zorb, appunto – e si inizia a farla rotolare, magari con l’aiuto di un leggero pendio. State pensando alla ruota del criceto? Be’, non avete tutti i torti: l’idea di fondo è quella. Lo zorbing ha vissuto la sua stagione di maggior successo verso la fine degli anni Novanta, soprattutto in Australia e Nuova Zelanda. Ebbene, ora potrebbe tornare in auge, ma con qualche cambiamento. Non ospiterà umani desiderosi di divertirsi o roditori assetati d’almeno un barlume di libertà, bensì sofisticata attrezzatura scientifica. Non avrà un diametro di tre metri, come un normale zorb, ma di appena 46 cm. E sarà progettato per rotolare non qui sulla Terra ma su – anzi, sotto – un altro mondo: la Luna. Già, perché alcuni scienziati hanno pensato che sarebbe l’oggetto ideale per esplorare i tubi lavici lunari – uno fra gli ambienti più promettenti per futuri tentativi di colonizzazione del nostro satellite naturale.
Il progetto si chiama Dedalus (acronimo di Descent and exploration in deep autonomy of lunar underground structures, su Twitter lo trovate come DaedalusSphere), è stato messo a punto da ricercatori dell’Inaf e delle università di Padova, Wurzburg e Brema, insieme a Vigea e al Cira, ed è ora stato selezionato dall’Agenzia spaziale europea per uno studio di fattibilità volto a capire se non possa davvero essere il mezzo più adatto per esplorare autonomamente le cave lunari. Ma come dovrebbe funzionare, se tutto andrà in porto?
«Il robot sferico verrà calato da una gru posizionata sul bordo della cava e durante la discesa farà una mappatura tridimensionale dello skyline grazie all’utilizzo della camera immersiva stereoscopica ideata dall’Istituto nazionale di astrofisica», spiega a Media Inaf Claudio Pernechele, ricercatore dell’Inaf di Padova a capo del team che ha ideato la “videocamera” di Dedalus. «Una volta raggiunto il fondo, la sfera sarà in grado di muoversi “rotolando”, grazie a un meccanismo che sposta il suo baricentro muovendo la batteria di alimentazione interna».
Planning to go into a lunar pit and caves #subsurface #planetarymapping @ESA_CAVES pic.twitter.com/zcn63c54b6
— daedalus-the-sphere (@DaedalusSphere) March 16, 2021
La camera a 360 gradi progettata da Pernechele e colleghi è formata da quattro lenti panoramiche bifocali, ovvero capaci di inquadrare un campo panoramico (360° x 100°) e simultaneamente – utilizzando lo stesso sensore d’immagine – anche un ingrandimento del campo. «Quindi in pratica due obiettivi con un unico sensore», continua Pernechele, sottolineando come tale caratteristica la renda assai appetibile per applicazioni, come appunto quelle spaziali, con rigidi vincoli di peso e d’ingombro. «Date alcune funzionalità originali della lente panoramica bifocale, la camera riuscirà anche a realizzare, simultaneamente, immagini in quattro colori differenti, necessari per l’analisi scientifica e la comprensione mineralogica dei materiali delle pareti. Tutto ciò senza alcuna necessità di movimentazione, che nelle missioni spaziali rappresenta sempre un elemento critico».
Oltre alla camera stereoscopica, la sfera ospiterà anche un lidar per la mappatura in tre dimensioni degli interni dei condotti, sensori di temperatura e un dosimetro per radiazioni, nonché bracci estensibili per aiutare a rimuovere eventuali ostacoli e saggiare le proprietà delle rocce. Le comunicazioni con la superficie saranno garantite dal cavo usato per calare la sfera, che una volta da essa scollegato verrà impiegato come ricevitore wifi.