Un gruppo internazionale di astronome e astronomi, numerosi dei quali dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), ha pubblicato una serie di articoli riguardanti un’importante survey realizzata con il potente telescopio europeo Low Frequency Array (Lofar), la più estesa rete al mondo, attualmente operativa, per osservazioni radioastronomiche a bassa frequenza. Si tratta delle immagini più accurate dell’universo mai scattate a basse frequenze radio: osservando ripetutamente le stesse regioni di cielo e combinando i dati per creare un’unica immagine a esposizione molto lunga, il team ha rilevato il debole bagliore radio delle stelle che esplodono in supernove, in decine di migliaia di galassie ai confini dell’universo. I primi 14 articoli che descrivono questi risultati sono stati pubblicati in un numero speciale della rivista scientifica Astronomy & Astrophysics.
Combinando l’elevata sensibilità di Lofar e l’ampia area di cielo coperta dalla survey – circa 300 volte le dimensioni apparenti della Luna piena – i ricercatori sono riusciti a rivelare decine di migliaia di galassie simili alla Via Lattea, ma situate nelle regioni più remote dell’universo. La luce di queste galassie viaggia per miliardi di anni prima di raggiungere la Terra: ciò fa sì che le galassie appaiono come erano ‘da giovani’, quando le loro stelle erano in via di formazione.
Isabella Prandoni, ricercatrice dell’Inaf a Bologna, spiega: «Le stelle si formano in regioni ricche di polveri, le quali bloccano buona parte della luce prodotta dalle stelle stesse a lunghezze d’onda ottiche. Utilizzando osservazioni in banda radio è possibile penetrare questi strati di polvere e ottenere una misura molto più precisa e completa dell’attività di formazione stellare in corso in galassie anche molto distanti da noi».
Le immagini di Lofar hanno permesso di stabilire una nuova relazione tra l’emissione radio delle galassie e il tasso al quale queste galassie stanno formando stelle; ciò ha a sua volta consentito una stima assai più accurata del numero di nuove stelle che si vanno formando nelle prime fasi di vita delle galassie. Con la survey “Lofar Two-meter Sky Survey: Deep Fields” i ricercatori hanno raccolto un’enorme quantità di dati che hanno permesso di effettuare ulteriori studi scientifici, che vanno dalla natura degli spettacolari getti di emissione radio prodotti da enormi buchi neri, a quella derivante dalle collisioni di enormi ammassi di galassie.
Lofar non produce direttamente mappe del cielo: i segnali provenienti da più di 70mila antenne devono essere opportunamente combinati ed elaborati per poter produrre le immagini finali. A questo scopo sono stati acquisiti ed elaborati più di 4 petabyte di dati grezzi, equivalenti a circa un milione di Dvd.
Altrettanto importante per lo sfruttamento scientifico della survey è stato il confronto delle immagini radio con i dati ottenuti ad altre lunghezze d’onda. «Le regioni del cielo osservate con Lofar sono state scelte tra le più studiate nell’emisfero boreale», sottolinea Matteo Bonato, giovane ricercatore dell’Inaf di Bologna, «ciò ha permesso agli astronomi di combinare dati ottici, nel vicino infrarosso, nel lontano infrarosso e sub-millimetrici per le galassie rivelate da Lofar, un passaggio fondamentale per interpretare i risultati della survey».
«E questo è solo l’inizio», aggiunge Marco Bondi, anch’egli in forza all’Inaf di Bologna. «La comunità italiana sta analizzando le osservazioni di un’altra regione di cielo molto interessante, il cosiddetto Euclid Deep Field North. Questi dati faranno parte della prossima data release».
Lofar è un potente strumento di ultima generazione gestito da Astron e costituito da migliaia di antenne raggruppate in 51 stazioni radio sparse per mezza Europa, frutto di una grande collaborazione tra 9 nazioni: Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lettonia, Svezia, Paesi Bassi, Polonia e Regno Unito. Ricordiamo che l’Inaf guida il consorzio italiano e dal 2018 al 2022 ha pianificato di investire in Lofar circa 2,5 milioni di euro partecipando con il suo personale anche allo sviluppo della nuova generazione di dispositivi elettronici che equipaggeranno il radiotelescopio e del software che regola il funzionamento del telescopio. Lofar è concepito per catturare le onde radio alle frequenze più basse captabili da Terra, tra 10 e 240 MHz (mega-Hertz).
Gianfranco Brunetti, dell’Inaf di Bologna e coordinatore del consorzio italiano Lofar, conclude: «A basse frequenze radio Lofar offre alcune potenzialità osservative che rimarranno uniche anche nell’era dello Square Kilometre Array Observatory (Skao). Ad esempio queste osservazioni e le osservazioni ultra-sensibili già programmate da Lofar ci forniranno informazioni molto importanti sull’origine delle particelle relativistiche e sulla natura della materia oscura negli ammassi di galassie».
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