POTREBBERO ESSERE COINVOLTE IN REAZIONI CHIMICHE CON LA FOSFINA

Firme di 958 molecole con la chimica quantistica

Grazie a un nuovo approccio basato su tecniche di chimica quantistica computazionale, un team multidisciplinare di scienziati guidato dalla University of New South Wales di Sydney ha ottenuto le righe spettrali simulate di quasi mille molecole contenenti fosforo – dunque di elevato interesse astrobiologico – potenzialmente presenti nelle atmosfere esoplanetarie. Tutti i dettagli su Frontiers in Astronomy and Space Science

     14/04/2021

La ricerca di possibili tracce di vita sugli esopianeti si basa sulla rilevazione di firme biologiche nelle loro atmosfere: tracce di molecole gassose prodotte da una qualche forma di attività biologica. Tra queste molecole, quelle contenenti atomi di fosforo (P), che gli astronomi chiamano “molecole-P”, sono le più interessanti dal punto di vista astrobiologico. Il motivo è semplice: visto il ruolo vitale che svolgono qui sulla Terra – sono infatti coinvolte in numerosi processi e funzioni biologiche quali il metabolismo cellulare (Atp), la conservazione delle informazioni genetiche (Rna/Dna) e la formazione delle membrane cellulari – dovrebbero essere centrali anche per la vita, almeno come la conosciamo, altrove. Pertanto, la comprensione dell’abbondanza e il tipo di specie chimica contenente fosforo presente su altri pianeti gioca un ruolo molto importante nella ricerca di vita su altri mondi.

Crediti: University of New South Wales di Sydney

Una delle tecniche utilizzate per ricercare queste firme è la spettroscopia nell’infrarosso, una tecnica che permette di determinare gli spettri di assorbimento: un insieme di righe verticali che, come un codice a barre, illustrano i livelli di energia nei vari atomi dai quali può essere dedotta la struttura atomica. Ma sono codici che si estraggono una molecola alla volta, in un processo che spesso richiede anni.

Un nuovo studio teorico guidato dalla University of New South Wales di Sydney (Unsw), in Australia, utilizzando tecniche di chimica quantistica computazionale, ha ora ottenuto in un colpo solo le firme spettrali – simulate – di quasi mille di queste molecole contenenti fosforo. Molecole che, si legge nell’articolo pubblicato la settimana scorsa sulla rivista Frontiers in Astronomy and Space Sciences, potrebbero essere coinvolte nelle reazioni chimiche che producono, distruggono o reagiscono con la fosfina. Già, proprio lei, la molecola – ritenuta un’eccellente firma biologica – costituita da un atomo di fosforo e tre atomi di idrogeno (PH3) salita di recente alla ribalta per il suo controverso rilevamento nell’atmosfera di Venere.

Come spiega la ricercatrice della Unsw School of Chemistry, Laura McKemmish, chimica quantistica e fisica molecolare, co-autrice dello studio, quando gli scienziati cercano prove di vita su altri pianeti non hanno bisogno di andare nello spazio: possono semplicemente puntare un telescopio sul pianeta in questione. «Per identificare la vita su un pianeta, abbiamo bisogno di dati spettrali», sottolinea la ricercatrice. «Con i giusti dati spettrali, la luce di un pianeta può dirti quali sono le molecole nell’atmosfera del pianeta».

Tra queste molecole, come già accennato, le specie contenenti atomi di fosforo sono di particolare interesse, ma fino ad ora, spiegano i ricercatori, con i metodi sperimentali si è potuto cercare solo una molecola poliatomica contenente l’atomo in questione: la fosfina, appunto. «È una firma biologica molto promettente, perché viene prodotta solo in piccole concentrazioni da processi naturali», osserva McKemmish. «Tuttavia, se non possiamo risalire a come viene prodotta o consumata, non possiamo determinare se si tratti di una chimica insolita o se siano “omini verdi” che producono fosfina su un pianeta».

Per ottenere informazioni su altre possibili molecole P coinvolte in reazioni chimiche con la fosfina, vista la mancanza di dati spettrali ottenuti sperimentalmente, i ricercatori hanno utilizzato un algoritmo computazionale che, a partire dai gruppi funzionali di molecole coinvolte in reazioni con la fosfina (diverse pubblicazioni riportano specie chimiche note e proposte per la produzione di fosfina negli esopianeti), ha permesso di produrre gli spettri infrarossi di ben 958 possibili molecole-P.

Illustrazione artistica della fosfina, la molecola al centro del dibattito per il suo rilevamento o meno nell’atmosfera di Venere. Crediti: Shutterstock

«La cosa fantastica di questo studio è che ha riunito scienziati di campi di ricerca diversi – chimica, biologia, geologia – per affrontare domande fondamentali sulla ricerca della vita altrove, domande a cui un campo di ricerca da solo non poteva rispondere», sottolinea l’astrobiologo e coautore dello studio Brendan Burns.

«All’inizio abbiamo cercato di capire quali molecole contenenti fosforo – quelle che abbiamo chiamato molecole-P – siano più importanti nelle atmosfere», dice McKemmish, «ma abbiamo scoperto che si sa molto poco. Abbiamo quindi deciso di esaminare un grande numero di molecole-P che potrebbero essere trovate nella fase gassosa e che altrimenti sarebbero passate inosservate dai telescopi sensibili alla luce infrarossa».

Il metodo per produrre questi spettri simulati si basa su un nuovo approccio di chimica quantistica computazionale (Cqc), una branca della chimica che utilizza modelli matematici e i postulati della meccanica quantistica per simulare sistemi chimici e predire gli spettri di molecole non ancora individuate. La tecnica permette in pratica di predire quale sarebbe lo spettro di una molecola con determinati gruppi funzionali se fosse presente nell’atmosfera di un esopianeta.

Ma quale vantaggio può avere tutto ciò? Le informazioni spettrali forniscono informazioni utili per la caratterizzazione dell’atmosfera dei pianeti, spiegano i ricercatori.  Possono essere utilizzati per creare gruppi di molecole difficili da distinguere con i dati osservativi, per valutare la difficoltà di rilevare una molecola o una classe di molecole e identificare finestre spettrali ottimali, considerando la specifica molecola  tra i possibili contaminanti. Ancora, possono essere utilizzati per individuare selettivamente un pool di  molecole candidate che potrebbero essere responsabili di un particolare segnale.

«Sebbene questo nuovo set di dati non abbia ancora l’accuratezza per consentire nuove rilevazioni, può aiutare a prevenire errori di assegnazione di spettri a determinate molecole, evidenziando il potenziale di individuare più specie molecolari con codici a barre spettrali simili», spiega McKemmish. «Ad esempio, a bassa risoluzione, con alcuni telescopi l’acqua e l’alcol potrebbero essere indistinguibili».

«I dati possono essere utilizzati anche per classificare quanto facilmente può essere rilevata una molecola», continua la ricercatrice. «Ad esempio, se astronomi alieni guardassero la Terra, troverebbero molto più facile rilevare lo 0,04 per cento di anidride carbonica (CO2) presente nella nostra atmosfera rispetto al 20 per cento ossigeno (O2). Questo perché l’anidride carbonica assorbe molta più luce dell’ossigeno, che è poi ciò che causa l’effetto serra sulla Terra».

Indipendentemente dagli esiti del dibattito sull’esistenza della fosfina nell’atmosfera di Venere e sui potenziali segni di vita sul pianeta, questa ulteriore conoscenza di ciò che può essere rilevato usando i telescopi sarà importante per la rilevazione di potenziali segni di vita su esopianeti, dicono i ricercatori.

«L’unico modo che abbiamo di esaminare gli esopianeti per vedere se c’è vita è utilizzare i dati spettrali raccolti dai telescopi: questo è il nostro unico strumento», conclude McKemmish. «Il nostro articolo fornisce un nuovo approccio scientifico per seguire il rilevamento di potenziali firme biologiche e ha rilevanza per lo studio dell’astrochimica all’interno e all’esterno del Sistema solare. Ulteriori studi miglioreranno rapidamente l’accuratezza dei dati e amplieranno la gamma di molecole considerate, aprendo la strada al suo utilizzo in future rilevazioni e identificazioni di molecole».

Per saperne di più:

  • Leggi su Frontiers in Astronomy and Space Sciences l’articolo “Computational Infrared Spectroscopy of 958 Phosphorus-Bearing Molecules” di Juan C. Zapata Trujillo, Anna-Maree Syme, Brendan P. Burns, Ebubekir S. Clark, Maire N. Gorman, Lorrie S. D. Jacob, Panayioti Kapodistrias, David J. Kedziora, Felix A. R. Lempriere, Chris Medcraft, Jensen O’Sullivan, Evan G. Robertson, Georgia G. Soares, Luke Steller, Bronwyn L. Teece, Chenoa D. Tremblay, Clara Sousa-Silva e Laura K. McKemmish.