Oggi, giovedì 22 aprile, è la Giornata della Terra. La Terra, il nostro pianeta, l’unica compagna imprescindibile e indispensabile – oltre a noi stessi – nel nostro percorso come esseri viventi. E, forse, quella che più diamo per scontata, della quale ci prendiamo meno cura e della quale meno percepiamo la contingenza. Che la Terra sia in difficoltà, non serve una giornata come questa a ricordarcelo. È ormai fatto di cronaca, purtroppo. Quel che è meno evidente, invece, è quel che possiamo fare concretamente, singolarmente e quotidianamente per aiutarla e, perché no, anche per aiutare noi stessi.
In occasione di questa giornata, anche l’Inaf partecipa a diverse iniziative e alla maratona video OnePeopleOneLove su RaiPlay. Noi di Media Inaf abbiamo parlato con Emiliano Merlin, astrofisico all’Inaf di Roma che studia le galassie passive ad alto redshift e sviluppatore di software per l’analisi fotometrica di immagini astronomiche, ma anche molto impegnato sul fronte dell’emergenza climatica e della tutela dell’ambiente.
«I modelli climatici vengono elaborati usando tecniche molto simili a quelle con cui si fanno le simulazioni cosmologiche o di formazione di galassie: cambia la struttura simulata, ma il concetto – modellare l’evoluzione di un sistema gassoso multifase con le equazioni dell’idrodinamica – è lo stesso», osserva Merlin. «Inoltre l’astronomia, soprattutto dallo spazio, ha un ruolo attivo nel monitoraggio delle condizioni ambientali della Terra. La Nasa ha diversi satelliti che monitorano la Terra – ad esempio gli Orbiting Carbon Observatories, con cui rileva dati riguardanti i livelli di CO2 – e rilascia costantemente dati sulla situazione. Fra questi, uno dei principali è il database che raccoglie i dati sulle temperature globali del Goddard Institute della Nasa, Gistemp. Fra l’altro la Nasa – come anche l’Esa – ha sul suo sito una sezione interamente dedicata al cambiamento climatico».
Lo scorso 19 aprile, proprio il Goddard Institute della Nasa ha pubblicato un video sul problema del disboscamento in Amazzonia, monitorato costantemente dal satellite Nasa/Usgs Landsat sin dal 1972. Lo stesso giorno, sulla sezione climatica del sito dell’Esa è stato pubblicato un articolo che riassume e spiega l’importanza dell’esplorazione spaziale per il benessere della Terra e dei suoi abitanti.
Si parla, in particolare, degli esperimenti condotti nella Stazione spaziale internazionale (Iss) e, fra questi, dell’Atmosphere Space Interaction Monitor (Asim). Installato sulla Iss nel 2018, monitora costantemente la presenza e l’evoluzione di temporali e tempeste nella regione superiore dell’atmosfera. Lampi e fulmini, infatti, interagiscono e influenzano la concentrazione di gas atmosferici importanti nella determinazione del clima. L’esperimento si è rivelato fondamentale nel rilevare e descrivere alcuni fenomeni connessi all’insorgenza di un temporale e visibili solamente se si guarda il fenomeno da sopra.
I temporali si formano quando l’aria calda sale ed entra in contatto con strati di aria più fredda nell’atmosfera superiore. Questo flusso d’aria porta con sé tutte le particelle e i gas serra presenti nelle regioni inferiori dell’atmosfera terrestre. Le scariche elettriche in una nuvola temporalesca, poi, hanno un effetto chimico sui gas presenti nell’aria, e causano maggiori concentrazioni di ozono e protossido di azoto, gas serra che sono alla base del cambiamento climatico. Il protossido d’azoto è il terzo gas serra più presente nell’atmosfera dopo l’anidride carbonica e il metano, e ha il più forte potenziale di riscaldamento globale. Quel che è peggio è che gli effetti negativi di questi gas sono ancora più pronunciati alle altezze elevate alle quali ha origine un temporale. Questa ricerca sarà enormemente utile nella lotta contro il cambiamento climatico, soprattutto perché un clima più caldo può anche causare più temporali.
Non solo l’astrofisica, ma la scienza e i suoi volti in generale – precisa Merlin – dovrebbero dare l’esempio ed essere i primi divulgatori circa i temi ambientali. «Purtroppo il messaggio che la situazione è disperata e che siamo noi esseri umani i responsabili dell’emergenza climatica non è ancora stato recepito da tutti, compresi molti responsabili politici ma anche alcuni uomini e donne di scienza. Per tentare di fronteggiare l’emergenza ritengo che noi scienziati siamo tutti chiamati per primi a rivalutare in modo critico le nostre abitudini personali e ad assumerci la responsabilità di reperire e diffondere informazioni. E a stare attenti a farlo in modo rigoroso e scientifico, proprio in forza al fatto che abbiamo i mezzi e le capacità di acquisire e analizzare dati e comprendere che spesso le cose sono più complesse di come appaiono. Potremmo, ad esempio, spiegare come mai a volte da qualche parte fa freddo anche se il pianeta si sta scaldando, o che l’attività solare non c’entra nulla col surriscaldamento, o che il consenso scientifico sulla gravità dell’emergenza e sulla sua origine antropica è solido e assolutamente unanime».
«Personalmente, da sempre cerco di essere attento alle tematiche sociali e ambientali», continua Merlin. «Sono un attivista per i diritti degli animali – i grandi dimenticati che pagano il prezzo maggiore per le azioni dell’essere umano – e mi piace studiare e capire le cause di ciò che accade. Tutto ciò mi ha portato ad approfondire la tematica del cambiamento climatico, anche a seguito di collaborazioni con associazioni di attivisti che hanno chiesto il mio contributo di uomo di scienza per comprendere meglio quello che sta accadendo al nostro pianeta. Da allora ho tenuto diversi incontri e seminari sul tema, anche nelle scuole– cosa che reputo di importanza capitale – e ho aperto una pagina Facebook e una Instagram di divulgazione. Una tematica che mi sta davvero molto a cuore è quella legata all’alimentazione: è ormai provato oltre ogni ragionevole dubbio, con pubblicazioni su tutte le principali riviste scientifiche, che il consumo di alimenti di origine animale è una delle principali cause del global warming. Di questa problematica ho scritto estensivamente in un articolo pubblicato nel mio sito. Abbiamo ancora solo una decina d’anni per intervenire in modo efficace: è un’occasione che non possiamo permetterci di sprecare».
Guarda il video della Nasa sulla deforestazione: