Più di 90 anni fa, le osservazioni di Edwin Hubble mostrarono per la prima volta l’espansione dell’universo e tuttora rimangono una pietra miliare dell’astrofisica moderna. Ma quando si entra nei dettagli del calcolo della velocità con cui l’universo si sta espandendo in diversi momenti della sua storia, gli scienziati hanno difficoltà a far corrispondere i modelli teorici con le osservazioni e i due principali metodi di misurazione di questo valore danno risultati incompatibili.
Per risolvere il problema, un team guidato da Maria Giovanna Dainotti – Assistant Professor presso l’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone e la Graduate University for Advanced Studies, Sokendai e scienziata affiliata allo Space Science Institute negli Stati Uniti – ha analizzato un catalogo di 1048 supernove esplose in momenti diversi nella storia dell’universo, scoprendo che i modelli teorici possono essere adattati meglio alle osservazioni se si assume che la costante di Hubble vari nel tempo.
Maria Giovanna Dainotti, prima autrice dello studio pubblicato oggi su Astrophysical Journal, ha raccontato a Media Inaf i punti salienti della ricerca: «Per investigare la cosiddetta Hubble tension abbiamo utilizzato un campione di 1048 supernove di tipo Ia e l’abbiamo diviso in 3, 4, 20 e 40 sotto-campioni con ordine crescente con la loro distanza da noi. Per ogni sotto-campione è stato calcolato il corrispondente valore della costante di Hubble: abbiamo osservato un andamento decrescente di H0 in tutti i sotto-campioni, già a partire dalle osservazioni delle supernove di tipo Ia locali. La scoperta molto interessante è che il trend decrescente riesce a riprodurre i valori della costante di Hubble più lontani compatibili con quello osservato grazie alla radiazione cosmica di fondo, fornendo così una possibile spiegazione al problema della discrepanza. Quindi, il dilemma della costante di Hubble di essere o non essere “costante” sembra pendere più per una scelta di non costanza. Questi risultati, se saranno verificati da altre osservazioni di supernove Ia più lontane che potranno essere osservate dal Subaru Telescope, operato dal National Astronomical Observatory of Japan (Naoj), potranno finalmente dare una risposta definitiva a questo dilemma».
«Si aprono a questo punto due importanti scenari: l’andamento che vediamo è dovuto a effetti da selezioni nel campione usato – il Pantheon – e in questo caso sembrerebbe necessaria una revisione degli studi finora condotti, oppure una nuova fisica, dettata da scenari di gravità modificata, che si affaccia ai nostri orizzonti».
«In entrambi i casi», conclude Dainotti, «saremmo riusciti a tenere conto della tensione di Hubble e saremmo riusciti a darne una possibile spiegazione».
Per saperne di più:
- Leggi su arXiv il pre-print dell’articolo “On the Hubble constant tension in the SNe Ia Pantheon sample” di Maria Giovanna Dainotti, Biagio De Simone, Tiziano Schiavone, Giovanni Montani, Enrico Rinaldi, Gaetano Lambiase