Il Sole proviene da una nube di gas e polveri di seconda mano, “riciclata” dopo l’esplosione di una supernova, e da circa 5-10 milioni di anni sta attraversando una regione chiamata Bolla locale (local bubble), quel che rimane di un’altra esplosione di supernova. Per questo la Terra è ricca di elementi chimici, tra cui metalli come il ferro e anche più pesanti, che hanno consentito la ricchezza di forme, colori e organismi viventi che vediamo. Non finisce qui, perché altri elementi sono probabilmente stati depositati nel corso della storia da altre catastrofi stellari simili avvenute nelle vicinanze. Ma qual è il contributo di tutte queste contaminazioni? Uno studio pubblicato oggi su Science riguardo l’analisi delle abbondanze chimiche di alcuni isotopi radioattivi pesanti presenti nella crosta oceanica, sembrerebbe suggerire un quadro piuttosto complesso.
Siamo chimicamente figli delle stelle, questo è ormai assodato. Le stelle sono grandi fornaci naturali che producono gli elementi chimici più pesanti dell’idrogeno. Siamo figli delle stelle, ma non di tutte allo stesso modo. Quelle simili al Sole però – o un po’ più piccole, ma anche un po’ più grandi – nel corso della loro vita non sono in grado di arrivare a produrre metalli pesanti. Non perché non vivano abbastanza a lungo, ma perché la produzione di questi elementi non avviene per mezzo della fusione nucleare o, in gergo astronomico, nucleosintesi stellare. Il ferro stesso si trova al limite: viene prodotto per fusione ma, a differenza degli elementi più leggeri – come elio, azoto, carbonio, ossigeno – non ricambia il favore fornendo energia utile alla stella per contrastare la forza gravitazionale e non cadere sotto il proprio stesso peso.
Per formare gli elementi più pesanti, allora, occorrono dei veri e propri eventi catastrofici, come l’esplosione di una supernova o la fusione di due stelle di neutroni. Metà degli elementi più pesanti del ferro presenti nel cosmo sono prodotti tramite una cattura di neutroni rapida (processi r). Le supernove, nello specifico, creano molti degli elementi fondamentali per la vita umana, come il ferro, il potassio e lo iodio. Elementi ancora più pesanti, come oro, uranio e plutonio, vengono invece attribuiti a eventi più rari, come la fusione di due stelle di neutroni. Assieme agli elementi pesanti, comunque, si generano anche isotopi radioattivi, che decadono nel tempo poiché instabili.
Esplosioni stellari, supernove, stelle di neutroni: tutti eventi catastrofici lontani nel tempo e nello spazio, tutti eventi che non hanno fatto sentire la loro violenza estrema fin qui. Non direttamente, almeno. Hanno invece gettato nello spazio i loro prodotti che hanno raggiunto la Terra a più riprese, creando depositi che sono rimasti quasi immutati – soggetti solo al naturale decadimento – nei luoghi più remoti.
Gli autori di questo studio sono andati a cercarli nella crosta oceanica. Ne cercavano due in particolare: il ferro-60 – prodotto principalmente nelle stelle massicce e nelle supernove, e con tempo di dimezzamento di 2.6 milioni di anni – e il plutonio-244 – prodotto esclusivamente da processi r e con tempo di dimezzamento molto maggiore, 80.6 milioni di anni. Due isotopi che testimoniano direttamente violenti eventi cosmici avvenuti nelle vicinanze della Terra milioni di anni fa, e il cui rapporto può dirci qualcosa di più sulle catastrofi astronomiche che hanno regalato i metalli al Sistema solare.
Di quali eventi si parla, esattamente, e quando sono avvenuti?
«La storia è complicata» spiega il primo autore Anton Wallner, professore alla Australian National University. «Forse questo plutonio-244 è stato prodotto nelle esplosioni di supernova o potrebbe essere rimasto da un evento molto più antico. Ma potrebbe essere stato prodotto in modo ancora più spettacolare, come nella detonazione di una stella di neutroni»
Qualsiasi isotopo di plutonio-244 e ferro-60 presente quando la Terra si è formata dal gas interstellare e dalla polvere, più di quattro miliardi di anni fa, è ormai completamente decaduto da molto tempo. Le tracce trovate ora, quindi, devono aver avuto origine da eventi più recenti. In particolare, la datazione del campione consente di risalire ad almeno due esplosioni di supernova avvenute vicino alla Terra, negli ultimi 10 milioni di anni. In entrambe, il rapporto fra l’isotopo del ferro e quello del plutonio è simile. L’abbondanza di plutonio, però, è inferiore rispetto a quella attesa se fossero le supernove le uniche responsabili dei processi r. Occorre pensare a qualcosa di nuovo.
«I nostri dati potrebbero essere la prima prova che le supernove producono davvero plutonio-244» continua Wallner. «O forse era già nel mezzo interstellare prima che la supernova esplodesse, ed è stato spinto attraverso il Sistema solare insieme al materiale espulso dalla supernova».
I dati raccolti in questo studio, dunque, da un lato sono compatibili con lo scenario secondo cui il passaggio del Sistema solare attraverso la Bolla locale arricchisce lo spazio interstellare e il nostro pianeta, più frequentemente del tempo di dimezzamento radioattivo degli elementi depositati stessi. Dall’altro lato, le contaminazioni da fonti astrofisiche più rare – come le fusioni di stelle di neutroni – sono meno frequenti, ma indispensabili per spiegare i rapporti isotopici trovati. Rimane aperta l’ipotesi di un vicino evento raro avvenuto prima della formazione del Sistema solare. Insomma, da dove venga quella catenina d’oro di famiglia, quel bracciale che avete regalato o quell’anello dal quale non vi separate mai, gli scienziati ancora non sanno dirlo con esattezza. Nel frattempo, potrete apprezzarli ancora di più, pensando che in fondo, sono il dono dell’unione di due stelle o di un esplosione cosmica del passato.
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “60Fe and 244Pu deposited on Earth constrain the r-process yields of recent nearby supernovae” di Wallner, M. B. Froehlich, M. A. C. Hotchkis, N. Kinoshita, M. Paul, M. Martschini, S. Pavetich, S. G. Tims, N. Kivel, D. Schumann, M. Honda, H. Matsuzaki, T. Yamagata